Un operaio straniero vale meno di un italiano. Dopo la sentenza preoccupante del Tribunale di Torino. Giulietti: “Spero di avere capito male”

Se proprio dovete assumere qualcuno per il vostro cantiere o per i lavori a casa , ricordatevi che sempre e comunque sarà meglio controllare il paese di provenienza e il prodotto interno lordo di quella nazione, in caso di incidente, anche mortale, infatti l’indennizzo che dovrete pagare potrebbe subire una bella riduzione, anche del 90% di meno rispetto a quello che sarebbe scattato se un simile incidente fosse capitato ad un italiano o comunque ad un lavoratore delle zone ricche del pianeta.

Non si tratta di un nostro macabro e cinico scherzo, ma di una sentenza, alla quale ancora non vogliamo credere, pronunciata dal tribunale di Torino.

Il giudice chiamato a pronunciarsi sul decesso di un operaio albanese, caduto da una impalcatura, ha decurtato l’indennizzo previsto in questi casi con la motivazione che il calcolo andrebbe fatto sul paese di origine e non su quello dove l’incidente si è consumato, forse, aggiungiamo noi, per impedire che qualcuno venga qui con il deliberato intento di ammazzarsi o di mutilarsi, così da intascare o far intascare ai parenti un bel gruzzolo di denaro che, magari, potranno gustarsi tutti assieme nell’aldilà.  Abbiamo l’abitudine di rispettare ogni sentenza, ma questa ci è sembrata particolarmente grave e foriera di possibili ulteriori sviluppi negativi.

Il giudice, per la verità, ha motivato la sua decisione richiamando una sentenza del 2000 della Cassazione, ma altri giuristi hanno fatto notare che la stessa corte ha richiamato il principio di uguaglianza tra i lavoratori, escludendo la possibilità che possano esistere regole diverse, in vita e in morte, anzi soprattutto post mortem.

Sia come sia il principio appare inquietante.

Si può ratificare una simile situazione di ineguaglianza?  Chi muore lontano da casa vale meno di chi muore nella sua patria d’origine?

Da oggi, per tornare al punto di partenza, non sarà più conveniente usare, sempre e comunque, personale dequalificato, proveniente dalle zone più disperate, magari disposti a tutto pur di lavorare, sapendo che, in caso di incidente, potrebbe esserci anche la possibilità di risparmiare sugli indennizzi?

Ci auguriamo di aver letto male o di non aver capito bene la vicenda riportata dal quotidiano La Repubblica, in un articolo di Alberto Custodero, ma purtroppo quella inchiesta era corredata anche dal testo della sentenza, che chiunque potrà leggere e commentare.

Ci rendiamo conto che il paese intero, ed i media televisivi in particolare, siano impegnati a trasmettere “Avetrana minuto per minuto”,ma questa storia meriterebbe almeno un titolo, un’inchiesta, un plastico in studio, un pizzico di indignazione etica e civile.

Probabilmente non accadrà, perché Avetrana, come Garlasco, come Erba, possono essere utilizzati anche in funzione dell’industria della paura, dell’ansia, dell’insicurezza.

Le morti sul lavoro richiamano, invece, l’insicurezza sociale, la precarietà, la miseria, tutti i temi che, almeno per ora, non sono di moda, almeno in tv.

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Marco Benedetto