Un processo inverso si registra per i costi relativi al personale che passano dai 9,3 milioni del 2006 (il primo anno in cui il valore della produzione supera i 60 milioni) ai 12,5 del 2010. In termini percentuali il peso del personale passa dal 14,6 al 22,7 per cento. Simmetricamente si evolve il costo per servizi, che cresce dal 2005 al 2008 (fino a 50 milioni), per poi scendere nel biennio seguente (fino ai 36 milioni del 2010), a seguito della contrazione di alcune commesse.E’ urgente quindi l’avvio di un processo di riorganizzazione profondo, che consenta di ritrovare identità ed operatività, dissipate dalla cattiva politica.
Lazio Service è un altro esempio lampante delle disfunzioni prodotte dall’improvvisazione politica. All’avvio della VII legislatura il legislatore stabilisce che “la Regione, al fine di esternalizzare lo svolgimento di attività di servizio effettuate al suo interno anche impegnando lavoratori socialmente utili, promuove”, attraverso SL, “la costituzione di una società di servizi”, di cui la Regione si avvale per le attività esternalizzate, “nonché per lo svolgimento di servizi aggiuntivi non precedentemente affidati in appalto o in concessione”.
Nel corso della legislatura la società cresce assumendo, con forme di lavoro temporaneo e precario, centinaia di giovani, impiegati, senza alcuna pianificazione, negli uffici della Regione, a sopperire, nel migliore dei casi, alle improduttività e alle inefficienze del personale regionale. In alcuni anni, con progressive stratificazioni, il disastro si compie. Una categoria di lavoratori sottopagati e precari si ritrova negli uffici regionali, a fianco dei dipendenti di ruolo. Il concorso pubblico, obbligo costituzionale per accedere ai pubblici impieghi, viene eluso. I criteri selettivi sono pressoché nulli o meglio, clientelari, spartiti tra maggioranza ed opposizione. E soprattutto si crea una insanabile discriminazione tra quei giovani che, in qualche modo, riescono a trovare il modo per entrare nel gruppo, e la massa degli esclusi, radicando la convinzione dell’impossibilità di avanzare nel mondo del lavoro e nella società in base alla preparazione e all’impegno. Guasti insanabili che, nella VIII legislatura, esplodono immancabilmente e portano alla inevitabile stabilizzazione. Ma l’identità di Lazio Service, con i suoi 1.370 dipendenti, resta sfuocata e appannata. E’ un frutto della cattiva politica, nazionale (i lavoratori socialmente utili) e regionale (la contrattualizzazione a termine di centinaia di persone, senza alcun motivo funzionale). La commistione funzionale e logistica con la Regione, che aveva determinato i rilievi della Corte dei Conti, resta ancora oggi irrisolta ed è fonte di sprechi ed inefficienze. Siamo in presenza di una agenzia di lavoro interinale in house, sconosciuta in ogni altra regione italiana. L’intuizione dell’accordo sindacale del 2006 resta valida: nel rispetto delle procedure previste dalla legge, con i tempi necessari, vanno indetti concorsi pubblici per portare nella amministrazione i dipendenti; successivamente LS potrà essere liquidata.
Questo in sintesi il quadro complessivo delle società in house laziali tracciato nel presente studio. Molte ombre, alcune luci, che hanno all’origine una legislazione nata con un difetto congenito: la tutela del mercato tramutata in tutela dal mercato, che ha favorito un uso spropositato e distorto delle società in house.
