La conoscenza del territorio, della società e della economia regionale, da sempre importante, assume particolare rilievo dopo la riforma costituzionale del 2001. Il federalismo non può essere affrontato senza una profonda ricognizione economica e sociale dei vari territori, premessa per la conoscenza dei fabbisogni finanziari corrispondenti alle funzioni attribuite alle regioni dalla riforma federale. E’ necessario un lavoro di indagine, capace di cogliere i ritardi e le deficienze strutturali e come questi si riflettono sulle funzioni di produzione dei beni pubblici. Queste motivazioni si sono aggiunte ad altre più risalenti che hanno indotto molte Regioni italiane a dare vita ad autonome strutture di studio e ricerca. Nel Lazio i limiti soggettivi, soprattutto della politica, hanno impedito il conseguimento di questo obiettivo, vanificando importanti esperienze sviluppate nella VIII legislatura, nonostante il bisogno di una struttura di studio e ricerca, per una regione, come quella laziale, duale e anticiclica, sia notevole.
Le aziende ICT sono presenti in 16 regioni italiane , producono un valore di 850 milioni di euro e occupano circa 5.000 dipendenti. Nel Lazio c’è Lait, afflitta da seri problemi di governance esterna e (soprattutto) interna, che vanno risolti senza ulteriori ritardi. Dal perimetro societario così ritagliato restano fuori due oggetti che non hanno confronti in altre realtà regionali, finalizzati ad attività ibride di sostegno finanziario ed occupazionale: si tratta di BIL e di Lazio Service. Né la prima, unitamente al suo doppione Unionfidi, né la seconda, sembrano utili, come ampiamente documentato, allo sviluppo regionale.
La storia del processo di formazione delle società regionali vede nel Lazio una forte espansione tra la fine della VI (Badaloni) e, soprattutto, nella VII legislatura (Storace) e un processo inverso nella VIII (Marrazzo) e nella IX (Polverini) in corso. Il tema della riorganizzazione delle società regionali e delle partecipazioni venne affrontato, all’inizio della VIII legislatura con un approccio riformatore molto avanzato. Una apposita commissione venne istituita nell’ottobre 2005 ed effettuò, in circa cinque mesi, una approfondita ricognizione della situazione e una proposta organica di riforma. La ricognizione rivelò una profonda stratificazione della situazione delle partecipazioni regionali e molte criticità. Le proposte della commissione sono rimaste largamente inattuate, analogamente all’ottimo proposito, sancito con legge, di trasformare gli enti pubblici in agenzie. Il cammino è ripreso, con contraddizioni, nella legislatura in corso.
L’articolazione delle strutture esterne alla amministrazione regionale, per la gestione delle funzioni più svariate, è molto ampio. Una vera e propria galassia, dai contorni sfumati, che rende difficile ricostruire una rappresentazione sintetica ed esauriente capace di mostrarne le caratteristiche fondamentali. Le motivazioni che hanno determinato la scelta di un involucro piuttosto che un altro (società, ente strumentale, agenzia o branca della amministrazione) per lo svolgimento di una specifica funzione, si perdono spesso in una stratificata legislazione risalente o sono rinvenibili nelle scelte estemporanee del decisore politico.
