Visto il confine piuttosto labile tra le diverse tipologie organizzative, per fornire una rappresentazione della galassia degli enti e delle società regionali, con un livello di documentazione significativo, viene effettuata una rassegna integrata per settori, negli ambiti non trattati specificamente nella ricerca. La rappresentazione è necessariamente impressionistica, anche se emergono alcune situazioni estremamente singolari. Ad esempio nel settore della formazione la dispersione e la sovrapposizione tra ADISU, ASAP e Istituto Jemolo è veramente notevole. In particolare la finalità di quest’ultimo, declinata nell’art.1 della legge istitutiva, appare molto discutibile: “la Regione, per favorire il soddisfacimento della domanda di giustizia della società civile laziale, concorre alla preparazione ed all’aggiornamento dei cittadini residenti nel Lazio interessati alle carriere giudiziarie e forensi”. Difficile individuare una specificità laziale nella domanda di giustizia (rispetto a quella di altri territori) e soprattutto porre in relazione questo anelito con l’incentivazione, al popolo laziale, a farsi avvocato o magistrato.
L’analisi approfondita delle principali società regionali è stata effettuata analizzando le risultanze dei bilanci degli ultimi anni e, ove possibile, delle relative note integrative. Si parte da Sviluppo Lazio, la holding mancata. La governance della società (Presidenza, CDA, Direzione) ha visto, tra la settima e la nona legislatura tre avvicendamenti, coincidenti, con sfasamenti, con l’alternanza delle Giunte regionali. Il modulo organizzativo originario è stato molto fluido, centrato sulla direzione, e finalizzato alla ingegnerizzazione del processo di cartolarizzazione dei crediti sanitari, sotto la guida dell’assessorato al bilancio. Nella gestione successiva gli iniziali propositi riformatori della nuova amministrazione, finalizzati alla creazione di una vera e propria holding, si sono rapidamente arenati sulla contesa tra assessorati (bilancio e innovazione) per la guida strategica della società. Lo stallo ha portato ad una soluzione interna di basso profilo e ad uno sfarinamento della missione aziendale, dispersa tra molte attività non strategiche, in sovrapposizione con altre società regionali.
fallimenti aziendali nei settori strategici (centro studi e ciclo di programmazione 2007 -2013 dei fondi comunitari) hanno consegnato alla legislatura in corso una società senza progettualità, depauperata di molte professionalità e collaborazioni. SL sta vivendo un momento di eclisse con la Regione, non semplice da superare. Il personale di SL conta tra le proprie file 148 dipendenti, tra cui 6 dirigenti (compreso il direttore generale), 44 quadri direttivi e 98 impiegati. Rispetto al 2007, si è avuto un incremento piuttosto consistente degli impiegati (+18 unità) ma anche dei quadri (+7 unità). In generale, si può dire che l’ingrossamento delle file di SL è una tendenza in atto dalla sua costituzione nel 1999, quando la società era composta da poche decine di dipendenti. Il costo complessivo dei dipendenti è di circa 9 milioni di euro all’anno. E se le spese del personale costituiscono un elemento rilevante all’interno dei costi totali che SL fronteggia ogni anno (30,6 milioni di euro nel 2007, 31,8 milioni nel 2008 e 29 milioni nel 2009), la parte più consistente delle spese è tuttavia appannaggio di quelle che, nel bilancio, vengono definite “altre spese amministrative”, vale a dire, consulenze, spese generali e pubblicità e organizzazione convegni. In sostanza, per finanziare l’attività di SL ci sono voluti in media, tra il 2007 e il 2009, circa 30 milioni di euro l’anno, di cui 15-16 milioni tra CDA, collegio sindacale, personale dipendente e consulenze varie.
