Italia e referendum, dopo la vittoria del no in mano a una strana quanto pericolosa alleanza fra Sinistra Dem e Movimento 5 stelle: Renzi out, reddito, scie chimiche e sirene in, ecco il folle sogno di mezza estate di Bersani, nella analisi di Giuseppe Turani, pubblicata anche su Uomini & Business.
In queste settimane vecchi leoni e giovani arrembanti della sinistra dem sono impegnati nella battaglia dello loro vita e sono abbastanza comici. Si stanno impegnando con tutte le loro forze (residuali, nel caso dei vecchi leoni) per darsi la zappa sui piedi. Nella vita reale chi fa così viene affidato di solito alle cure di qualche bravo terapista, ma la politica gode di extra-territorialità da tutto e quindi loro vanno avanti, indisturbati.
Che cosa voglia la minoranza dem (Bersani e tutta la sua corte, con D’Alema che fa il padre nobile, la testa fina) è abbastanza chiaro: rivogliono il potere che Renzi ha soffiato loro. Per riuscirci hanno due strade. La prima consiste nel trattare con Renzi sulla legge elettorale in cambio di un sì alla legge di riforma costituzionale. Una mossa che è un puro e semplice ricatto: o la riforma è buona, e allora la si vota, oppure no, e allora non la si vota (anche se l’hanno già votata sei volte fra Camera e Senato). La legge elettorale è un’altra cosa, e viene dopo. Ma questa, il ricatto, è la strada che la minoranza dem ha imboccato.
Insieme a un’altra. Nella quasi certezza che la trattativa non andrà a buon fine e che, anche in caso di successo, non comporterà per loro poltrone di ministro o posti strategici nel partito, vanno avanti con l’idea di votare davvero No al referendum in modo da far perdere Renzi, mandarlo a casa e andare a nuove elezioni.
Nuove elezioni, a quel punto anche per il Senato (con una legge che oggi non c’è, ma che sarà di tipo proporzionale). Bene. E’ probabile che già in questa fase, le elezioni, la minoranza dem venga ridota a pochi deputati, a una mera testimonianza, visto che il partito (e le liste) sono comunque in mano a Renzi, e che certo lui avrà voglia di regolare i conti.
Ma pazienza. Facciamo l’ipotesi che vinca il No. Si va a elezioni. Alla Camera probabilmente vincono i grillini (se non sono già esplosi). E al Senato? Non vince nessuno, con il sistema proporzionale. Ma avendo bocciato la riforma, per varare un Governo servono sia la fiducia della Camera che quella del Senato: nessun governo è quindi possibile.
A meno che non ci sia una novità clamorosa: i grillini potrebbero essere d’accordo, pur di arraffare qualche potere, a trattare questa volta. E la loro “purezza”? Niente paura. La politica italiana consente varie opzioni. Possono dare una fiducia tecnica (per impedire lo stallo del Paese) e infilare nel governo due o tre “amici” indipendenti, da sostituire più avanti con Dibba e Di Maio. Oppure potrebbero entrare in un governo Bersani a vele spiegate (pensa il vecchio segretario, ovvio loro interlocutore) ponendo qualche ipoteca pesante e qualificante sul programma (reddito di cittadinanza, riduzione stipendio deputati, no ai termovalorizzatori, ecc.).
Perché i grillini potrebbero fare questo? Perché convinti che da soli al potere non arriveranno mai (soprattutto senza abolizione del senato) e perché il potere piace. Grillo non può aspirarvi per i suoi trascorsi giudiziari, ma tutti gli altri aspirano fortemente. E quindi sarebbero anche pronti a scaricare il loro guru e a correre verso un Governo qualsiasi.
Questo pensa, da vecchio cinico della politica, lo sfortunato Pierluigi Bersani. Questa è la sua ultima grande occasione, l’ultimo treno. Ne verrebbe fuori il governo peggiore di tutti i tempi, tenuto al guinzaglio dalla Casaleggio s.r.l. o comunque da quella gabbia di matti del direttorio a cinque stelle (scie chimiche e sirene).
E’ un disegno di dementi? Sì. Però, se ci pensate bene, è l’unica prospettiva per la sinistra dem sulla linea del No. A parte l’ingovernabilità perenne del Paese e quindi l’arrivo della troika, che forse già soggiorna a Vipiteno con le borse piene di succulenti dossier sulla realtà italiana.