La redazione di Blitzquotidiano ha scelto di inserire tra le sue opinioni questo commento inviato dal signor Denis Zuffellato: una lettera aperta al sindaco di Ceriano (Monza Brianza), cortese e ben argomentata, per esprimere il suo dissenso sulla proposta di restrizioni all’insediamento di rivendite alimentari gestite da stranieri.
Illustrissimo Sindaco,
Le scrivo nuovamente, a distanza di qualche mese, dopo la mia precedente lettera inerente la piazza alla quale Lei, mi ha dato cortese risposta. Vorrei esprimere la mia contrarietà alla delibera di Giunta con la quale, di fatto, si pongono limiti più restrittivi all’insediamento di rivendite di kebab e di attività riconducibili a Cittadini stranieri rispetto a quelli abitualmente richiesti per qualsiasi altra “italica” attività commerciale. Premetto che quanto Le scrivo non è un attacco alla sua persona e al suo ruolo istituzionale, bensì una mia personale presa di posizione che sento di dover esprimere.
Entrando nel merito di quest’ultima Vostra decisione, concordo pienamente sui presupposti di legalità e compatibilità urbanistica che ogni attività commerciale pubblica, senza alcuna distinzione, deve possedere allorquando chiede le autorizzazioni necessarie agli enti preposti (Comune, ASL, etc…). Non condivido, invece, la declinazione (decisamente discutibile) che questa delibera assume quando si fa unico ed esplicito riferimento alle attività gestite da Cittadini extracomunitari stabilendo, inoltre, un iter amministrativo differenziato.
Vorrei sapere quale sarebbe la differenza tra una pizzeria d’asporto ed una rivendita di kebab in grado di giustificare, anche da un punto di vista normativo e legale, un diverso trattamento amministrativo. Per quale ragione, cioè, per aprire un’attività gestita da italiani sarebbe sufficiente una istanza semplice ed, invece, per aprire un’attività analoga gestita da stranieri sarebbe necessario un procedimento negoziale con il Comune?
L’utilizzo della discrezionalità – in questo specifico caso – lambisce la discriminazione oltre ad andare contro agli imprescindibili diritti costituzionali di uguaglianza e di accesso all’impresa.
Io ho lo studio in centro a Milano, non proprio alla Barona; di fronte ci sono rivendite di Kebab, ristoranti giapponesi, ristoranti arabi e pakistani: non mi sembra di aver mai visto, in dieci anni, problemi di decoro ed ordine pubblico. Queste attività sono abitualmente frequentate da stranieri e da italiani (tra i quali il sottoscritto) e rappresentano un piccolo, ma significativo, esempio di integrazione positiva.
Spero di non ottenere da parte Sua una risposta da “paladino della giustizia” sventolando lo stendardo della sicurezza dei cittadini; Le ricordo che i problemi di ordine pubblico non possono essere riconducibili a tipologie di negozi e/o di persone, bensì al controllo – che deve essere costante ed intransigente – da parte delle Forze dell’Ordine.
La realtà cerianese, in questo senso, è piuttosto fortunata: abbiamo un comando di Polizia nel vicino comune di Solaro e la nostra Polizia Municipale: sono loro gli organi deputati a questo impegnativo compito. Questi presidi sul territorio devono essere aiutati e finanziati con politiche economiche adeguate ( a tutti i livelli istituzionali), affinché possano svolgere appieno il loro lavoro di controllo e di prevenzione.
A questi, poi, potreste anche aggiungere i solerti uomini del Gruppo di Supporto Territoriale appena istituito.
Ribadisco che la legalità deve essere alla base della convivenza civile. Tutti noi condividiamo il principio secondo il quale l’illegalità va punita e vietata. Appare ovvio che ogni cittadino che richiede di esercitare un’attività pubblico-commerciale debba essere in regola con la Legge.
E’ del tutto evidente che chiunque sia irregolare, chiunque sia stato condannato, non possa ottenere licenze o esercitare attività pubbliche sul territorio legate al tipo di irregolarità o di reato commesse.
Non voglio fare populismo al contrario, ma credo di poter affermare senza essere smentito che l’illegalità non sia una prerogativa dello “straniero”. I fatti e la storia ci dicono il contrario.
Signor Sindaco, vorrei suggerirle di non far prevalere la furbizia, l’opportunismo e la scaltrezza all’intelligenza e al buon senso. Sono convinto (almeno lo spero) che Lei sappia benissimo che questa delibera è minata da disvalori deprecabili dai quali sarebbe opportuno prendere le dovute distanze. Credo anche che questo sia per Lei e per il suo gruppo un atto politico necessario ad alimentare un consenso – facendo leva sulle paure della gente – tanto immediato quanto, mi dolgo per Voi, effimero.
Questo modo di fare politica appartiene al passato e, oggi più che mai, è necessario un cambiamento. Andare avanti guidati solo da opportunismi contingenti e non da politiche lungimiranti, non può portare a nulla di buono per la collettività: i recenti fatti di cronaca lo testimoniano inesorabilmente.
La Società e, soprattutto chi si trova a rappresentarla, dovrebbe imparare dagli sbagli del passato e guardare al futuro con la consapevolezza che solo la tolleranza, il dialogo, la cooperazione e l’integrazione con lo “straniero”, potranno costituire la vera rivoluzione culturale in grado di mettere un argine allo scenario sempre più desolante che contraddistingue i giorni nostri, in cui purtroppo imperversano arroganza, protervia, prevaricazione e discriminazione . D’altra parte sarebbe sufficiente leggere alcuni studi antropologici per capire che l’ineluttabile processo evolutivo dell’uomo, va verso la multietnicità e la multireligiosità.
Una buona e lungimirante politica deve creare gli strumenti necessari a rendere questo processo di integrazione il più semplice possibile.
Noi giovani abbiamo il dovere morale, ancor prima che etico, di far tesoro dalle esperienze che i nostri anziani hanno già vissuto in prima persona: la discriminazione, l’intolleranza ed i preconcetti che li hanno colpiti in un passato non lontano dovrebbero farci riflettere molto!
Non contribuisca anche Lei coi gli atti, con i gesti e con le parole a fomentare un clima contraddistinto da odio, dall’arroganza e dal falso mito della superiorità perché questo La porterà inevitabilmente ad alimentare uno scontro sociale difficilmente controllabile e che in molti vorrebbero veder scongiurato.
Non concorra a creare un paese piccolo borghese, provinciale e poco aperto, appartenente ad un territorio – quello della Brianza – già tristemente descritto con cinico disprezzo da Carlo Emilio Gadda.
Mi permetta infine di consigliarLe alcune letture:
-Dionigi Tettamanzi, Non c’è futuro senza solidarietà. San Paolo Edizioni, 2009;
-Eric J. Leed, La mente del viaggiatore. Dall’Odissea al turismo globale. Il Mulino, 1992;
-Arnold van Gennep, I riti di Passaggio, Bollati Boringhieri, 2002; [Les rites de passage, Parigi, 1909];
-Carlo Emilio Gadda, Villa in Brianza, Adelphi, 2007
-Carlo Emilio Gadda, La cognizione del dolore, Letteratura, 1938-41,
Auspicandomi un confronto cordiale e civile
Le porgo un cordiale saluto
Denis Zuffellato
Inviato il 18/01/2010 alle 16:09:15