
La lezione di Putin: libertà di opinione e parola sono un bene raro, limitato alle democrazie occidentali...di cui si puà fare a meno
La lezione di Putin attualizza che quando il mondo era diviso dalle ideologie, i paesi guida (USA e URSS) intervenivano direttamente negli affari economici e politici dei paesi satelliti.
Prima del crollo del “muro” lo scontro ideologico era una cosa seria e a viso aperto: impegnava uomini e risorse, scuole e insegnanti. Gli intellettuali comunisti enunciavano teorie che venivano divulgate da una base ramificata nelle fabbriche, nella scuola e nella magistratura.
Non c’era militante che ignorasse i principi dell’economia “matura” e della caduta “fatalistica” del capitalismo. Nei moderni dibattiti televisivi, i leader politici non possono permettersi di annoiare il pubblico citando qualche defunto economista. Ma devono trovare lo slogan giusto per le grandi platee.
Gli italiani discutono sullo Stato assistenziale quale toccasana per la pace sociale
E si lamentano perché il contributo a chi non lavora è roba da taccagni. Se consulti questa massa informe e fai presente che la situazione non può durare per via dei vincoli del bilancio europeo, ti senti rispondere che sarebbe l’ora di uscire dall’Europa.
Che mettano pure una patrimoniale o aliquote esose ai ricchi per coprire il deficit pubblico, tanto non esiste ricchezza che non sia basata sul furto. Le vecchia ideologia marxista che si credeva ormai alle spalle riemerge nelle “nuove” formazioni politiche e nei movimenti.
Ci si deve chiedere: dopo la fine dell’impero sovietico, che interessi può avere in Italia la Russia di Putin? Com’è possibile che Putin possa condizionare le nostre campagne elettorali attraverso la disinformazione sui social? Siamo un popolo-pecora senza basi culturali per discernere il vero dal falso? E’ forse ancora in atto un confronto tra sistemi?
L’accusa che viene mossa al regime russo è che non ci si troverebbe dinnanzi ai soliti hacker, bensì ad un’attività sistematica di tipo governativo. Così come la radio popolare di Hitler consentiva di indottrinare le masse, uffici ministeriali russi sarebbero impegnati a gestire la disinformazione interna e quella ai danni di paesi fragili come l’Italia. L’obbiettivo è quello di minare l’unità dell’Europa che è vista dai russi come potenziale nemico. Questa teoria è speculare a quella di Putin secondo cui sarebbero i media europei a “calunniare” la democrazia russa.
Su tali basi, Putin giustifica gli arresti di massa
Finiscono in carcere cittadini che osano criticare la guerra in Ucraina. Non dissimile è la posizione dei giornali italiani che pubblicano le foto di opinionisti ritenuti filo “putiniani”.
Sarebbero filo putiniani i 5 stelle che vogliono il dibattito parlamentare sulla fornitura di armi all’Ucraina. Salvini che ha annunciato di voler manifestare a Mosca per chiedere la pace. I partiti di governo che rivendicano il diritto a contestare le politiche governative, i movimenti pacifisti.
Che il presidente del Consiglio perda credibilità internazionale consentendo ai governanti russi di considerare “degenerata” la nostra democrazia, è questione secondaria. Formazioni partitiche alla Calenda sono destinate all’irrilevanza.
Questo gioco al massacro determina le condizioni per la fine della globalizzazione economica, fondata sull’idea che le imprese europee o americane hanno interesse a dislocarsi in Cina, in Russia o nei paesi in via di sviluppo che offrono migliori condizioni per la produzione di beni e servizi.
All’interno dello stesso mercato europeo migliaia di aziende italiane, francesi o tedesche si sono trasferite nei paesi ex comunisti. Alla base di questo sistema sta la sicurezza delle forniture, del cosiddetto ”assemblaggio globale”, nonché il rispetto dei principi del libero mercato. Devono essere gli imprenditori a decidere, mai le élites al potere. La guerra in Ucraina ha determinato l’insicurezza dei mercati e ha creato le condizioni di catastrofi umanitarie. Se questo stato di cose dovesse proseguire, ogni paese avrebbe interesse a rendersi autosufficiente tornando al protezionismo.
La globalizzazione determina anche le condizioni di confronto tra sistemi politici e sociali: i turisti russi che visitano l’Italia, i medici o i ricercatori russi e cinesi che si specializzano negli Usa, i figli degli oligarchi che vanno a studiare nei “college” americani, i cittadini di Mosca che acquistano prodotti europei, hanno modo di confrontare i rispettivi sistemi politici e sociali.
Il russo Medvedev ha detto di “odiare” gli occidentali
E’ una dichiarazione che si pone sullo stesso piano delle “demenziali” scelte italiane di non ospitare artisti e letterati russi.
Tanto per chiarire, non sono gli occidentali a nutrire sentimenti di odio, bensì gli ex paesi sovietici che hanno vivo il ricordo dell’Armata Rossa. Un detto popolare polacco, di moda ancor oggi, suona così: “ammazzare un nazista era un dovere, ammazzare un russo è sempre un piacere”. I cittadini ucraini sono disposti a subire l’eccidio degli “inermi” e a perdere la vita per non cadere nell’orbita russa.
Putin dice apertamente che gli italiani alla lunga non accetteranno di aiutare l’Ucraina a spese del proprio benessere e che l’idea di sacrificarsi per tutelare la libertà dei popoli è lontana dal loro Dna. I sondaggi di opinione danno ragione a Putin, che può permettersi di invadere impunemente una nazione che dovrebbe essere immolata alle ragioni del più forte.
Dal punto di vista pratico il liberalismo (entrato in tutte le Costituzioni moderne, Russia compresa) si è rivelato nella concessione delle libertà politiche e civili quali la libertà di parola, di stampa, di riunione e di protezione contro gli arresti arbitrari. Se queste libertà sembrano ovvie, è chiaro che si è dimenticato in quanti paesi ancor oggi non esistono. Putin ci ha ricordato che le libertà occidentali sono del tutto artificiali e che sono poche le Nazioni al mondo disposte a impegnarsi per trasmetterle alle future generazioni.
