Abbiamo sempre saputo che agli italiani piacciono solo la pasta e il pallone (anche altre cose ma sono “below the line”, sotto la cintura). Dell’aspetto sportivo abbiamo avuto la conferma dalle Olimpiadi invernali di Vancouver, dove abbiamo registrato una umiliazione dopo l’altra e l’oro di Giuliano Razzoli un poco ci riscatta ma è soprattutto segno dello stellone che protegge le autorità sportive nazionali.
Immaginate se fosse andata così nel calcio. Il dibattito impazzirebbe in tutte le sedi appropriate, dai bar al parlamento. Le richieste di dimissioni, di rivoluzioni, di pubbliche esecuzioni avrebbero invaso i giornali, che invece hanno finora relegato le cronache da Vancouver nelle pagine interne. La Gazzetta dello Sport, la bibbia del giornalismo sportivo italiano, nell’edizione di sabato, poche ore prima della medaglia d’oro di Razzoli, in prima pagina non aveva nemmeno un tassellino. Scaramanzia come nel caso di Gianni Petrucci, presidente del Coni, che è andato a Messa?
Ma se volete la prova delle prove, leggete di seguito, la notizia che il primo ministro Silvio Berlusconi avrebbe chiamato Petrucci, dopo la vittoria di Razzoli, dicendo: “E’ stata una gara eccezionale, l’ho seguita in diretta e mi sono emozionato. E’ una grande vittoria che ci ha reso tutti felici. Faccia i complimenti al ragazzo, so che adesso ha la premiazione, lo chiamerò domani per rallegrarmi con lui”.
Notiamo che: 1. Della telefonata di Berlusconi ha parlato Petrucci, mentre da Palazzo Chigi, dove c’è uno dell’ufficio stampa sempre di guardia, non è arrivata una riga. 2. Berlusconi è capace di destabilizzare il Milan con dichiarazioni feroci dopo una vittoria e non ha avuto nemmeno una frase di perplessità sui pessimi risultati degli italiani. 3. Se avesse voluto chiamare Razzoli lo avrebbe potuto fare benissimo, come infatti ci ha reso tempestivamente lo stesso Petrucci a proposito della telefonata del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
A quanto pare Napolitano ha chiamato Petrucci, seguendo lo schema di Berlusconi. Evidentemente non aveva fretta e quando Petrucci, correttamente, gli ha detto “le passo Razzoli” non ha fatto come Berlusconi: “Ora ho da fare, chiamo domani”, ma gli ha parlato. Razzoli è un ragazzo all’antica: “Presidente sono io che ringrazio lei, è un onore sentirla” ha detto e quando il capo dello stato gli ha chiesto l’età, Razzoli ha risposto: “25, ma la prego mia dia del tu… è un onore sentirla, è stata una giornata molto bella”.
Finito il tripudio di consolazione, ci sarà ora qualcuno in Italia che si domanda: ma di tutti questi personaggioni di cui non si capisce bene la funzione né la funzionalità, ma che erano tutti a Vancouver, probabilmente, direttamente o indirettamente, a spese nostre, ce ne sarà uno che paga per questi tragici risultati?
Quella italiana, più che una squadra, sembrava un pollaio. Per convincervene, leggete l’intervista ad Arianna Fontana. Sono parole che, nel calcio, avrebbero provocato un turbine di parole e che qui invece sono cadute come un piombo in un crepaccio. Tutto quel che Petrucci ha saputo dire e fare è stato evitare gli azzurri nelle ore precedenti la prova di Razzoli, andare a Messa e poi ammettere, bontà sua: “Il voto che dò è cinque mezzo” e aggiungere: “Sono stati Giochi in chiaroscuro, deludenti e non esaltanti. Olimpiadi da sofferenza, resa meno amara dalla chicca dorata arrivata nel finale, alla fine da cinque e mezzo”.
Per essere onesti, bisogna anche riconoscere che qualcosa sembra forse si stia per muovere, anche se il pubblico è privato dello spettacolo e la trasparenza non sembra una priorità top, ma forse anche quetso dipende dal totale disinteresse del grande pubblico e dei giornali. Con Petrucci concorda il segretario generale del Coni Raffaele Pagnozzi e tutt’e due hanno detto che sì, qualcosa in futuro cambierà, anche se le parole che hanno fatto trapelare danno i brividi.
Dicono che i giochi olimpici dovranno essere sempre obiettivo prioritario per atleti e federazioni e la commissione per la preparazione olimpica del Coni attuerà una verifica annuale sui risultati che si raggiungono. Questo vuol dire semplicemente che vogliono commissariare la federazione sci e che accusano i suoi dirigenti e loro stessi del Coni, che dovrebbero essere lì per questo, visto che le Olimpiadi le hanno anche nel nome. Conferma il commissariamento la notizia che le scelte dei direttori tecnici dovranno essere condivise con il Coni.
Come se nulla fosse, arrivano invece le parole giulive di Mario Pescante, ex Coni e ora nientemeno che vicepresidente del Cio e rappresentante del comitato olimpico presso l’Onu. Forse per questo non ha il contato con la realtà dello sfascio. Si limita a esultare “con gioia immensa”: “E’ una vittoria che riscatta un’Olimpiade che per noi, bisogna dirlo, si stava chiudendo in modo malinconico. Ci ha permesso un grande respiro di sollievo non solo agli sport invernali in generale, ma a tutto il movimento sportivo italiano. La nostra vittoria ha un doppio significato. A Torino nello sci alpino non avevamo raggiunto niente, qui rischiavamo di fare altrettanto. Invece in questo modo è un sollievo per tutti”.
Vuol dire che sapevano che i problemi c’erano già quattro anni fa, ma hanno fatto finta di niente. Saggiamente, il presidente della Federazione sport invernali, Giovanni Morzenti, dopo il bagliore della premiazione di Razzoli (che gli è toccato per caso e non per nazionalità) se ne è stato ben nascosto. Uomo intelligente e accorto, ha avuto il pudore di non unirsi al coro.