ROMA – Al “tocco” di giovedì 28 giugno, cioè all’ora una del pomeriggio, insomma alle tredici della vigilia, ancora nessuna notizia. Nulla si muove dalla Camere, dei deputati e dei senatori. Nulla almeno in direzione della mano al portafoglio. Mano dei parlamentari, portafoglio dei partiti: la mossa doveva essere (deve ancora essere?) 80 milioni di euro ai terremotati. Non per sottoscrizione o generosità, ma per pudore. I partiti stanno per incassare la rata di luglio della enorme e ingiustificata paghetta, anzi paga con ogni superlativo possibile che lo Stato, cioè il contribuente assegna loro. Sono troppi soldi oltre che soldi di nessuno, mal controllati, mal spesi, fonte a loro volta di malaffare: Lusi, Belsito… Per pudore i partiti hanno promesso che una parte della maxi rata di luglio l’avrebbero girata ai terremotati. Hanno tempo per farlo fino a domani sera, ma al tocco della vigilia nulla si muove.
Ad ogni ora che passa aumenta e si fa fondato il sospetto che le Camere, dei deputati e dei senatori, manderanno in vacanza la loro promessa di girare i soldi ai terremotati. Solo un conclamato e irrefrenabile istinto suicida può spiegare questa deriva. Eppure sta andando proprio così. I corridoi parlamentari e le cronache parlamentari rigurgitano del chiacchiericcio molesto e in fondo anche volgare sul quando le Camere chiuderanno, 4 o 11 agosto, per consentire a onorevoli e senatori di andare in vacanza. Si sente e si legge: “Sono due anni che non facciamo ferie…Io ho prenotato dal 10…Io sto a due ore da Roma…”. Dibattito appassionante su una condizione sociale intrigante, quella del parlamentare d’estate. Non una parola invece sul tempo che sta per scadere per girare ora e subito quei soldi ai terremotati. Se mandano in vacanza la loro promessa, se anche questo arrivano a fare, è bene che i parlamentari vadano in vacanza in una sorta di colonia protetta, riservata ed esclusiva. Insomma non si facciano riconoscere in spiaggia, piazzetta o collina e se ne stiano chiusi a casa.
