ROMA – Nel palazzo de “La Margherita” al centro di Roma che ospita, a pagamento, gli uffici nazionali del Pd c’è un terzo piano che forse è un secondo, quale piano sia davvero fatica a comprendere chi vi arriva di fronte. Di fronte ma non dentro, perché per accedere dentro occorre conoscere la combinazione che apre la porta. Il piano, secondo o terzo che sia, disorienta perché è una sorta di intercapedine architettonica, succede negli antichi palazzo romani. E dietro quella porta che si apre a combinazione c’è una “intercapedine” politica ed amministrativa: il partito sparito eppur vivo. Quando Luigi Lusi, senatore Pd e tesoriere de “La Margherita”, digitava la combinazione e accoglieva un ospite spesso presentava i locali: “Ecco, questa è la Margherita”. Migliori arredi di quelli in uso al Pd, uffici più confortevoli, qualcuno raccontava: “anche migliore il caffè”.
Di sicuro Luigi Lusi era in quelle stanze e anche fuori autorità riverita e rispettata. L’aura intorno a lui non era quella di un oscuro funzionario, era quella di un uomo che conta. Contava infatti i soldi che la “Margherita” continuava a prendere dallo Stato in proprio, anche dopo il 2007, anche dopo che Margherita e Ds si sciolsero per confluire nel Pd. Tre anni dopo la morte politica ma non finanziaria de la “Margherita” quei soldi erano: 25,9 milioni di depositi, 30 milioni di patrimonio totale, 14, 88 milioni di proventi. Tutto a verbale: gli incassi di 6 milioni e 82mila euro di rimborsi elettorali per le campagne del 2006, i 5,7 milioni incassati come Ulivo 2006 e Unione, anche i tre milioni e spicci che il Pd finalmente aveva pagato di affitto.
Dunque la “Margherita” soldi ne aveva ed ha continuato ad averne. Da questi Lusi, che dei soldi riferiva al partito nel 2010, si era preso per spese personali, girando a se stesso circa 90 bonifici bancari, circa 13 milioni. E oggi tutti quelli che della “Margherita” hanno fatto parte e avuto ruolo politico e dirigente, Francesco Rutelli per primo, si dichiarano sorpresi, sconvolti, ignari e feriti. E’ stata nelle interviste e nei racconti elaborata anche la teoria di Lusi Jekyll e Lusi Hide. Insomma Lusi che “frega” la Margherita da cui si alza il grido appunto: “Ci ha fregati”.
“Fregati” li ha senza dubbio, ma come e perché ci è riuscito? E’ scritto nelle carte, nei numeri, quelli ufficiali e per nulla segreti. La Margherita di Lusi non solo incassava, spendeva pure: 9, 6 milioni per “spese servizi, attività di informazione e propaganda”. Di questi 1,63 milioni per “consulenze e collaborazioni”, 533mila euro per il sito Internet, 868mila per utenze, 944mila per viaggi e trasferte, 637.636 per “spese varie”. E ancora: 1,74 milioni di spese per il “personale” e 517mila di oneri di gestione. Tutto a verbale, tutto approvato dagli ex vertici della ex Margherita. E per chi spendeva la Margherita di Lusi? Per il Pd nato dalla fusione con i Ds? Non proprio, le “casse” dei due partiti furono volutamente tenute distinte. E allora per chi? Risponde Beppe Fioroni che dalla Margherita veniva: “Il finanziamento di iniziative politiche, ma anche di campagne elettorali di ex dirigenti della Margherita confluiti nel Pd o restati nel perimetro del centro sinistra, compresa l’Api di Rutelli,è previsto dallo Statuto, è perfettamente legale”.
Sulla legalità non ci piove ma quel “finanziamento” spiega anche perché nessuno degli ex della Margherita, anche chi annusò puzza di bruciato, chiamò i pompieri o impugnò un secchio d’acqua: la Margherita di Lusi spendeva per tutti gli ex soci, gli ex membri della famiglia. Tanto bastava, anzi avanzava, a non disturbare il pagatore.