ROMA – Sta chiudendo il suo Tg del 4 settembre, ha dato notizia della Guardia di Finanza nelle redazioni di tv e radio locali in Emilia, ha retoricamente chiesto se questo a tariffa sia giornalismo, se ce la si possa sempre prendere solo con i politici, se sindacato ed Ordine dei giornalisti ne sanno qualcosa o hanno qualcosa da dire a proposito delle interviste a pagamento, più o meno 500 euro a incontro, sta chiudendo ma Enrico Mentana ci vuol tornare sopra e gli scappa una sfida: “Ricevo in tempo reale le dichiarazioni di sindacato ed Ordine dei giornalisti, mi fanno presente che loro hanno preso posizione. Posizione…ma quale inchiesta hanno fatto, quali provvedimenti hanno preso, stanno accertando? Aspetto domani sera per darne conto volentieri”. Lo sa bene Mentana che non avrà nulla che gli “ingombrerà” il Tg del giorno successivo: le rappresentanze dei giornalisti sulle interviste a tassametro ci vanno con i piedi di piombo.
Forse ad essere così rispettosi, garantisti, prudenti sindacato dei giornalisti e Ordine fanno bene, in fondo l’inchiesta giudiziaria è appena partita. O forse fanno male, anzi malissimo perché già ci sono state testimonianze, ammissioni, esibizioni di contratti, fatture addirittura. Tutti, proprio tutti i partiti locali, dalla Lega a 5Stelle senza saltare nessuno, sapevano che pagando, poco in verità, insomma con una spesa “pezzente” si potevano fare pubblicità sul territorio. Pubblicità pagata con i soldi pubblici e mascherata niente meno che da informazione. Quel che è sicuro è che, indipendentemente dai tempi e modalità di accertamento e reazione della categoria, si è di fronte alla strage e allo sfregio ad ogni pudore e valore, di fronte a un caso (solo in Emilia?) di corruzione profonda della professionalità prima ancora che dell’etica. E di fronte a qualcosa che è ancor peggio delle interviste a pagamento: il relegare la vicenda da parte di tutta l’informazione in un luogo che è a metà tra la cronaca stramba e il folklore di costume: in basso, a pagina dalla decima in poi…
Questo relegare, questo catalogare, questo collocare laggiù non è una cosciente reazione corporativa a protezione di parte del branco che ha “dirazzato” e neanche un’esplicita indicazione venuta da chissà quale “alto”. Purtroppo questo rubricare le interviste a pagamento tra il “succede, non dovrebbe ma che ci vuoi fare” e il “suvvia, non facciamola tanto lunga” è la prova che il sistema immunitario non funziona più. Indebolito prima, ma erano tempi felici, solo dalla pessima abitudine di concordare preventivamente le domande. Sistema immunitario poi aggredito dalla logica vigente in tutti i grandi network, quella del mi serve l’ospite, a venire lui mi risolve un problema, se gli faccio domande difficili lui non viene più…Logica che ha portato il giornalista a considerare il politico in studio un suo collega di show e viceversa. Sistema immunitario infine annichilito dalla incapacità sopravvenuta di far domande davvero che vadano oltre il “lei che ne pensa”, le domande vere sono uscite dal mansionario del giornalismo soprattutto televisivo.
Quindi se è buona norma concordare, non darsi reciprocamente problema, fare scena e mai sostanza, se queste sono le regole accettate e praticate, allora esile diventa il confine tra farsela pagare direttamente l’intervista e buona notte, magari, se qualcuno chiede o ha da ridire, buttandola sui posti di lavoro e le testate da salvare. Addio, schiodato, divelto il sistema immunitario, l’herpes di qualche giornalista condiscendente o affarista, ci sono sempre stati, diventa il fuoco di Sant’Antonio di radio e tv che vendono pezzi di se stesse in un mercato esplicito. Ma la vera immunodeficienza è in quel non reagire, non del sindacato o dell’Ordine, ma delle testate giornalistiche. Non la considerano una gran notizia ed è questa la notizia della loro conclamata immunodeficienza.