I Giuda della crescita

ROMA – La “crescita”, che prima o poi verrà in terra a redimere e salvare l’economia e dal cielo tornerà a discendere per miracol di benessere confermare e mostrare. Ma nell’ultima cena, nella contemporanea scena in cui sono presenti, seduti e raffigurati tutti gli attori e gli “apostoli” della vicenda italiana, non cè un solo Giuda. Ce ne sono parecchi: la maggioranza di quelli intorno al tavolo. La crescita, l’unica vera e possibile, giusta e sacrosanta, doverosa è obbligata non è la moltiplicazione dei soldi pubblici e privati. La crescita è spostare i soldi che ci sono da una sedia all’altra: dare soldi a chi produce e lavora e toglierli a chi li consuma e li accumula producendo solo debito. La crescita è meno tasse su stipendi e aziende e più tasse su patrimoni e rendite. La crescita è finanziare il cambiamento dei connotati della società e dell’economia e affamare chi resiste, resiste e resiste a lasciare tutto com’è.

Vasto e lungo è l’elenco dei “Giuda”, di una sua prima ed efficace stesura siamo debitori ad Ernesto Galli Della Loggia che lo ha steso sul “Corriere della Sera”. “Ceti professionali vasti e ferreamente organizzati intorno ai rispettivi ordini, gli statali sindacalizzati, gli alti burocrati collegati alla politica, i commercianti evasori, i pensionati nel fiore degli anni, i finti invalidi, gli addetti ad un ordine giudiziario intoccabile, i tassisti a numero chiuso, i farmacisti contingentati, i concessionari pubblici a tariffe di favore, il milione di precari organizzati, gli impiegati e gli amministratori parassitari delle spa degli enti locali, gli imprenditori in nero, i cooperatori fiscalmente privilegiati, i patiti delle feste nazionali, i nostalgici della contrattazione collettiva sempre e comunque, le schiere degli elusori fiscali, gli aspiranti ad ope legis e condoni, quelli che non vogliono nel loro territorio ci sia una discarica o una linea Tav, una centrale nucleare o termica…”.

Ci permettiamo di aggiungere: i giornalisti che gonfiano e legittimano ogni pianto corporativo spacciandolo per indignazione di popolo, i comitati, i consorzi e i singoli che, come prima attività “imprenditoriale”, sviluppano la caccia al contributo pubblico, i genitori che si alleano con i figli contro la scuola e gli insegnanti, gli insegnanti che spacciano per “cultura” l’organizzazione del proprio lavoro, i sindaci, da Alemanno a Pisapia, che si abbracciano e si sostengono nell’esigere uno Stato bancomat quando paga e assente quando si incassa, gli autori, televisivi e non solo, di una pedagogia sociale deficiente e illusoria, le cento e mille “leghe” di territorio, i parroci che marciano in processione con il santo e contro il treno o l’autostrada e tutti quelli convinti, da sondaggio il 93 per cento della popolazione,  di “avere già dato” mentre hanno invece appena finito di prendere.

La pessima politica che abbiamo, letteralmente indicibile nella versione di governo, e inaffidabile nella versione di opposizione è esattamente quello che questa enorme maggioranza ha voluto. Il tragico, anche se talvolta sembra comico, è che se ne lamenti di questa sua obbediente creatura fatta a sua immagine e simiglianza.

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Mino Fuccillo