ROMA – Ilva, dovrebbero mettere una gigantesca avvertenza sui muri dell’acciaieria, una scritta alta decine di metri e visibile da un chilometro e inquadratura obbligata per ogni telecamera e dizione stampigliata in calce ad ogni frase riguardante l’Ilva. Eccola l’avvertenza che dovrebbe essere obbligatoria e obbligata: Demagogia uccide. Sì, proprio come il fumo. Magari non uccide subito, di certo di demagogia si entra in dipendenza, la vita pubblica italiana è in conclamata tossicodipendenza da dosi crescenti di demagogia. Il cosiddetto sistema Italia non può fare a meno di assumere forti dosi quotidiane di demagogia. Spacciatori di demagogia di ogni qualità e taglio popolano la vita quotidiana e quella istituzionale. Ma alla lunga, proprio come il fumo, la demagogia spesso uccide.
E non ci sono innocenti in questa storia di agonia indotta per una fabbrica. Anzi, non per una fabbrica. Agonia indotta per la maggiore acciaieria d’Europa, agonia indotta per qualcosa che vale industrialmente un punto di Pil italiano. Non ci sono innocenti, non tra i partiti, non in Parlamento, non nei governi di Roma, tanto meno in quelli della Regione Puglia. E non ci sono innocenti neanche nella gran parte della cosiddetta gente cui la demagogia non è stata inculcata a forza, è stata spesso a volentieri la cosiddetta gente a reclamare di essere nutrita ad abbuffate di demagogia.
Demagogia: avere un impianto industriale che dà lavoro e stipendi e che risana l’ambiente, un investitore, un privato, una multinazionale che ci mette 4/5 miliardi e che accetta anche di essere responsabile in solido dei danni materiali e ambientali fatti quando Ilva non era sua. E che ci sta ad essere nel mirino della Procura che impone di fatto cosa, dove e quando si produce. E che ci sta a vedersi cambiare il contratto firmato con il governo italiano perché capisce che a Taranto un partito politico deve recuperare voti facendo la faccia feroce alla multinazionale.
Demagogia: legiferare di emendamenti e decreti come fossero tweet e like, provvedimenti di legge fatti con la logica e il materiale della propaganda spicciola e minima.
Demagogia: allevare, nutrire una opinione pubblica nell’illusione che, cacciata via la cattiva multinazionale, il cielo sarà blu e l’aria salubre e benefica perché niente più fumi o altro, l’acciaieria produrrà solo stipendi.
Un po’ di storia, minima storia per gli smemorati (più o meno quasi tutti): Ilva è dei Riva, Ilva è dei privati. Ilva inquina, anzi di più, Ilva di fatto attenta alla salute di chi ha la sventura di vivere vicino agli impianti. Ma governi di destra a Roma, Regione Puglia dio sinistra, Comuni limitrofi, partiti politici, sindacati e anche giornali e tv trovano nulla da die per molti anni. Ilva dà da mangiare, quindi tutti zitti. Tutti lasciano fare.
Poi i Riva fanno bancarotta, mala gestione finanziaria e industriale. Ilva passa allo Stato, anzi a dirla tutta lo Stato non può fare a meno di raccogliere i cocci Ilva. Anche sotto i Commissari straordinari dello Stato ovviamente Ilva continua ad inquinare. Lo sanno bene i Commissari che chiedono e ottengono l’ovvia garanzia secondo cui non sono loro i responsabili penali dei danni ambientali pregressi. Garanzia non astratta e per mettere le mani avanti, a Taranto infatti si sta consolidando una linea di azione della Magistratura che individua nell’Ilva una entità criminogena, che produce reati.
Tramite i suoi Commissari lo Stato cerca qualcuno che rilevi Ilva. Asta internazionale e questo qualcuno lo Stato lo trova in Arcelor Mittal. Patto e contratto. Prima di affitto (oggi Arcelor ha in affitto l’ex Ilva) e poi di acquisto. Circa quattro miliardi di investimenti da parte di Arcelor Mittal, di cui una buona parte per il risanamento ambientale. Come ovvio Arcelor Mittal chiede ed ottiene per se stessa e i suoi manager lo stesso che è stato riconosciuto per i Commissari dello Stato: la non responsabilità penale per i danni ambientali pregressi e per quelli che ancora si dovessero produrre per il tempo che occorre al realizzarsi del risanamento ambientale. Non l’impunità , la licenza a commettere ogni reato ma l’ovvia garanzia per chi compra e risana: i debiti del padrone di prima non sono i miei.
Governo Renzi approva e concede. M5S è ferocemente contrario e ci fa sopra una campagna elettorale anti Ilva che lo porterà ad essere stra votato a Taranto alle elezioni politiche. Elezioni che portano al governo Salvini-Di Maio. Governo che su iniziativa e spinta M5S toglie la garanzia ad Arcelor Mittal e se ne fa vanto. Salvini borbotta ma accetta e abbozza, è la logida dei “lotti”: la Puglia e Taranto sono “lotti” M5S nel contratto di governo. Arcelor avverte: guardate che se davvero togliete quella garanzia noi ce ne andiamo. I sindacati avvertono: guardate che così li spingete a chiudere baracca e burattini. Era un anno fa, un anno fa, nonostante ora tutti facciano finta di essere stati colti di sorpresa. Un anno fa…
Poi questa estate governo Salvini-Di Maio cade e arriva governo Pd-M5S. Governo che nel primo testo del suo decreto sulle imprese ripristina lo scudo penale per Arcelor, anche se ne riduce la durata temporale. Ma un gruppone di senatori M5S, guidati da Barbara Lezzi prima firmataria, propone emendamento cancella scudo. Emendamento approvato, scudo cancellato. Pd fa il pesce in barile e abbozza. Abbozza anche Renzi, abbozzano tutti: con M5S bisogna farci il governo e quindi zitti e muti su Ilva proprio come Salvini a suo tempo.
Arcelor Mittal aspetta che qualcuno faccia qualcosa. Qualcosa qualcuno la fa: la Procura impone di eseguire lavori in data improcrastinabile entro l’anno in corso. Altrimenti la pena sarà la chiusura dell’altoforno due. Arcelor Mittal si fa due conti: l’acciaieria perde due milioni al giorno (non certo per colpa dei lavoratori ma causa caduta domanda internazionale acciaio), a Taranto la magistratura ha imposto di fatto lo spegnimento di un altoforno (non è proprio girare un interruttore, costa un saccio di tempo e di soldi), il governo italiano ha tolto per legge lo scudo per i manager e l’azienda, c’è quindi la certezza che arriveranno i costi di indagini, incriminazioni, rinvii a giudizio e che quindi l’attività dell’azienda sarà bloccata, magari a singhiozzo ma bloccata oggi qui, domani là .
Fatti due conti e rifatti altri due conti e rifattili ancora, ad Arcelor Mittal tirano una riga: caro Stato italiano riprenditi baracca e burattini, noi siamo in affitto e lasciamo bottega. Nel frattempo cominciamo a spegnere (arrivati ai dipendenti comunicazioni sul rallentamento generale della produzione e attività ).
Stato italiano che nella versione governo in carica proclama: “Non faremo chiudere”. Ma Arcelor Mittal non può mica essere tenuta a catena. Se Arcelor se ne va, e può farlo, come sarà concretamente il “non faremo chiudere”? Chi terrà aperto? Su questo Conte non dice, infatti e che ne sa? Non saprebbe proprio cosa dire. Dicono invece i partiti. Salvini dice a M5S e Pd: è colpa vostra. Pd dice a Salvini: è colpa tua, eri tu al governo quando toglievate la garanzia. M5S dice e non la dice tutta, in fondo l’anima profonda di M5S è contenta se Arcelor se ne va e pure se l’acciaieria smette di essere tale. Non a caso teorizzano in tutta Italia che tutti i rifiuti tutti possono essere riciclati e che nessun rifiuto mai vada smaltito in impianti. Nessuna sorpresa teorizzino e sognino un’acciaieria che fa acciaio senza essere una fabbrica. E poi, serve davvero questo acciaio? L’anima vera di M5s ne dubita, l’anima pura M5S dell’acciaio diffida.
E la gente? la gene è convinta che se Arcelor se ne va, allora gli stipendi dell’ex Ilva alla fine li paga lo Stato. magari ad altoforni fermi o sotto sigillo giudiziario ma comunque alla fine lo stipendio correrà . Sarà solo un’Alitalia al cubo. Appunto, di demagogia si muore: come il fumo uccide. Ma di questo fumo fumano tutti più pacchetti al giorno.Â