ROMA – In Italia i lavoratori autonomi sono il 22,7 per cento, più del doppio della Germania dove sono il 10,5 per cento. Più, molto di più della media europea. E allora? Allora questa semplice e tosta cifra spiega più di ogni analisi politica o indagine storico-sociologica perché in Italia quel cambio di connotati della vita pubblica riduttivamente chiamato “liberalizzazioni” risulti impraticabile al limite dell’impossibile: tocca e infastidisce un sacco di gente, il doppio di quanto nel resto d’Europa sono stati toccati e infastiditi dalle liberalizzazioni già fatte o comunque già presenti nei connotati originari di quelle società e di quei paesi.
Se davvero è quella che si annuncia, se davvero sarà, la “Fase Due” del governo Monti, la fase appunto delle liberalizzazioni, sarà “roba forte”. Forte tanto quanto la fase uno delle tasse. Forte tanto da suscitare rivolta fortissima da parte di quel mastodontico, e suscettibile, 22,7 per cento. Immaginate: nello studio o nell’ufficio di qualunque professionista non più “tariffa” ma libera contrattazione del costo della prestazione. Immaginate negozi che praticano l’orario che preferiscono e che praticano i saldi quando e come vogliono. Immaginate compagnie petrolifere che devono vendere ai benzinai i carburanti, venderli al prezzo di concorrenza e non più con la garanzia che le pompe siano loro filiali e loro clienti obbligati dall’esclusiva. Immaginate i farmaci non pagati dal Sevizio sanitario nazionale in vendita a prezzo libero anche fuori dalle farmacie. Troppa immaginazione? Non è finita, anzi.
Immaginate che sui binari possano correre treni che non devono chiedere il permesso e pagare dazio alle Ferrovie di Stato. Immaginate Regioni che per i treni dei pendolari possono scegliere tra le offerte di varie aziende di trasporto e quindi aziende di trasporto che provano e puntano a mettere sul mercato un servizio per i pendolari al tempo stesso civile e non congenitamente in perdita. Immaginate Comuni che non possono più assegnare servizi pubblici a società partorite in casa, che debbano trattare e contrattare con aziende vere e non con entità di famiglia, di famiglia politica. Immaginate gestori di stabilimenti balneari che possono rinnovare la concessione sulle spiagge di Stato ma solo se pareggiano l’offerta di altri concorrenti, insomma immaginateli con il diritto di prelazione ma non col il diritto feudale. Immaginate il sevizio postale non più in monopolio. Immaginate non sia più l’Anas a definire di fatto le tariffe autostradali ma una autorità terza e indipendente. Immaginate di poter fare a meno dell’avvocato per un litigio condominiale o per le conseguenze civili di un incidente stradale. Immaginate un settore dell’energia dove si evidenziano e non si nascondono in bolletta 170 miliardi di incentivi in venti anni per le “rinnovabili”. Ottime ed essenziali le energie rinnovabili, ma immaginate un sistema diverso da quello italiano dove nel 2011 sono stati importati 11 miliardi di impianti fotovoltaici che, rapportati all’energia effettivamente prodotta con il fotovoltaico, danno la risultante di energia prodotta al costo di 670 dollari al barile di petrolio, senza incentivi. Con gli incentivi fa l’equivalente di mille dollari al barile, il barile, quello vero di pessimo petrolio, sta a 110 di media.
Immaginate tutto questo e mettetelo in reazione chimica con il 22,7 per cento di lavoratori autonomi in Italia, con i 155mila eletti nei governi locali e con il loro vastissimo “indotto” nelle aziende pubbliche, con i consolidati bilanci e abitudini di petrolieri e di percettori di sussidi e incentivi vari. Aggiungete, metteteci sopra gli spaventati e nel panico: i tassisti, i dipendenti dei vagoni letto, gli autisti dei bus. Condite con i notai e i farmacisti. Avrete un gigantesco e variegato, imponente e pervasivo come un blob e insieme granitico e aguzzo “blocco sociale” che un po’ di tasse della “fase uno” di Monti alla fine le pagherebbe pure. Ma essere “liberalizzato”, no, questo no: meglio perfino le tasse.