ROMA – Era stato “sospeso a divinis”, gli era stato vietato di celebrar “messa” leghista. Poi, nel giro di una giornata o poco più, dopo conclamata ribellione di molte “parrocchie e parrocchiani”, è stato riammesso ai “sacramenti padani”. Non è la storia di un curato di campagna o di un parroco di periferia, il contrasto tra la “gerarchia” e la “chiesa vivente” è avvenuto all’interno di un partito politico, la Lega appunto. Contrasto, storia con le modalità classiche della “scomunica” e della “eresia”. Contrasto e storia che il quotidiano di partito la Padania non racconta, ma Facebook sì. Contrasto e storia che non sono finiti: il sospeso e poi riammesso al “culto”, Roberto Maroni ha detto che lui sta “con la Lega degli onesti”. Se esiste una “Lega degli onesti” , allora ce n’è anche un’altra che così non può essere definita. Lega dei “disonesti”? Nemmeno i soldi dei rimborsi elettorali in Tanzania portano a tanto e di certo Maroni e i non pochi leghisti che stanno con lui non pensano a una “disonestà” del portafoglio. Altra è la “disonestà” cui si riferiscono, una disonestà politica ormai incistata in una Lega “dinastica”, quella che dovrebbe passare per diritto ereditario da Bossi a Bossi, da Umberto a Renzo.
Da tempo, da molto tempo il fondatore, il capo, la guida, cioè Umberto Bossi, va indicando nel figlio Renzo il successore. Investitura pubblica venne da padre a figlio da un balcone con il sigillo del grido dinastico “Padania libera” pronunciato all’unisono dai due. Investitura è venuta più volte dalla pratica di papà Umberto di portare il figlio Renzo ai vertici di maggioranza e di governo quando la Lega era al governo con Berlusconi. Non c’è mai stato mistero sulle intenzioni del fondatore, capo e guida. Tutto però veniva derubricato a folklore e raccontato come tale. Fino a che si era al governo nessuno nella Lega muoveva un sopracciglio. Poi il governo finì e la Lega si trovò a far calda opposizione. Opposizione nella quale si sentiva “al caldo” e protetta. Ma opposizione per cosa, fino a quando e come? La famiglia Bossi, padre, madre e figlio, con l’aggiunta della famiglia allargata detta “cerchio magico”, pensa all’opposizione come ad un largo giro al largo del governo per poi riapprodare allo stesso porto di prima: stessa legge elettorale, stessa alleanza, stesso alleato: insomma nel 2013 o anche prima si torna con Berlusconi. Questo giro appare all’altra Lega, che non è poca, come un giro vizioso e perdente.
Dibattito, confronto, congresso, conta tra le due linee politiche? Bossi e la famiglia scelgono altra strada: una sera decidono e comunicano alla Lega e al paese che a Roberto Maroni è vietato partecipare e parlare in pubbliche occasioni con il marchio leghista. Ottengono come risultato la convocazione immediata di una cinquantina di appuntamenti leghisti con la presenza di Maroni. A quel punto la famiglia fa marcia indietro, sente di non poter sostenere lo scontro. La “sospensione a divinis” viene revocata. Alla prossima “messa” leghista Maroni potrà andare ma non si sa se in funzione di officiante o di semplice chierichetto. Quel che è certo è che il rito leghista d’ora in poi prevede due possibili liturgie, una “ortodossa” e l’altra “protestante”. O, se vogliamo uscire dalla metafora religiosa, una dinastica e l’altra elettiva. Da Umberto a Renzo e guai ai “Bobo” che si mettono di mezzo. Oppure no alla “famiglia” e al figlio, a rischio di dover imbalsamare il grande padre. Questa è la storia, la cronaca contemporanea della Lega, partito politico dell’anno di grazia 2012, radicato e forte nel cuore produttivo d’Europa. Sembra una storia di papi e cardinali all’epoca del potere temporale della Chiesa, le somiglia come una goccia d’acqua. Ed è questo in fondo il problema, questa “somiglianza”.