ROMA – Ho visto mamme rubare la sedia, anzi le sedie delle prime due file loro riservate, ai bambini. Ai bambini che dovevano assistere al saggio natalizio dei loro coetanei in un teatro. Ma le mamme si sedevano al posto dei bimbi e lo facevano coscienti di quel che facevano, con furbastra sfacciataggine. Una e poi l’altra accampavano un millantato e pietoso: “A me me l’ha detto…che potevo”. Non glielo aveva nessuno ovviamente.
Ho visto papà e nonni e nonne spalleggiare le mamme predatori di sedie e accamparsi a presidio del bottino. E ho visto mamme e papà e nonni e nonne ladri di sedie di bambini felicitarsi e compiacersi, congratularsi e fregiarsi della missione compiuta: l’occupazione delle prime file riservate ai bambini, ai bambini degli altri, per poter meglio riprendere con tablet e smart phone i “propri” bambini sulla pedana.
Blade Runner di noialtri, Blade Runner quotidiano, Blade Runner ogni giorno e in ogni dove e migliaia, decine di migliaia, centinaia di migliaia di prepotenze, sfregi alle regole e al prossimo e ferventi omaggi al culto esclusivo dei “fatti miei” non finiranno come “lacrime nella pioggia”. No, queste lacrime di inciviltà che in realtà nessuno piange e tutti però versano formano acquitrino, palude, habitat…
Ho visto mamme rubar sedie ai bambini e padrini e padroni di carrozzoni ambulanti minacciare, molestare che va a Piazza Navona. Molestarli perché la piazza non è più soltanto loro, non ci possono fare più quello che vogliono. E allora, se non è più loro, che muoia la piazza e che si sfregio sia ai turisti e ai visitatori. E vedo da mesi, anni, lustri ormai gente in Parlamento e in televisione che fa come le mamme e come gli ambulanti e lo chiama politica o governo.
Anche quella che segue credo di averla sentita al cinema o forse no, comunque più o meno fa così: spero di avere la forza di sopportare quel che non posso cambiare, il coraggio di cambiare quel che posso e soprattutto la saggezza di saper distinguere tra le due cose.
Non credo si possa cambiare l’aggregato sociale che siamo noi stessi. Ogni analisi porta alla conclusione della non riformabilità (a meno di eventi traumatici) della società italiana. Sono 25 anni che la gran parte degli italiani attende, ascolta e vota chi garantisce che li esenterà. Esentati dai guai, assilli, affanni e fatiche della contemporaneità: questo abbiamo chiesto a Berlusconi e perfino a Vendola, a Prodi e a Bertinotti, a D’Alema e poi a Grillo e poi a Salvini. Salvo poi “deluderci” della mancata esenzione.
Ma la richiesta non è cambiata, resta quella: esenzione, esentateci! Da una scuola più difficile e da un’istruzione più densa di competenze. Da un mercato del lavoro diverso da quello che c’è. Da una burocrazia e da uno Stato misurabili nell’efficienza. Da leggi e comportamenti non corporativi e non assistiti. Potrà anche passare in Parlamento e forse perfino in qualche tornata elettorale. Ma al dunque, nella società, tra la gente l’idea di cambiare non passa e non passerà.
E’ sbagliata, se sincera, l’analisi di Renzi quando parla di una società da risvegliare con le riforme come il rospo che ridiventa principe con un bacio. Non è così, lo dimostrano in sequenza il riscoperto orgoglio di essere “di sinistra”, riscoperto intorno alla difesa del privilegio sovrano della spesa pubblica, e il correre scodinzolanti ora dietro un “bulletto” della politica, quel che Salvini che promette calci nel sedere a tutti, tra i tutti ovviamente compreso anche il reddito e il patrimonio degli italiani.
E’ una santa e grande alleanza, va da Casa Pound alleata con la Lega Nord all’elettorato nervoso di Forza Italia ed ex di Forza Italia, passa per tutte le costellazioni Cinque Stelle, risale per la “base” della Cgil e della “vera” sinistra, coinvolge Sel e i movimenti e le “forze sociali”. Una santa e grande alleanza che nella sua resistenza la vincerà. Perché ha con sé le mamme, gli ambulanti, i deputati, i senatori, i sindacati, i consigli regionali e comunali, le cooperative rosse e bianche e nere e senza colore, gli ordini professionali…e anche i talk-show.
Quindi la forza di accettare che l’Italia non cambia e non si cambia. Non più, non vuole. In certa misura perfino non può. Perché parte di un pezzo di mondo che resterà per anni e forse qualche decennio il pezzo di mondo migliore sul pianeta in cui vivere e che però mostra anch’esso i segni di un declino che non si può indurre a retrocedere. L’Europa, il posto più ricco, colto, libero, civile, è di nuovo percorsa, scavata dal pensiero magico, dall’irrazionale, dal misticismo prima urticante e poi alla fine sempre sanguinoso della “terra” e del “popolo”. Anche per questo declino la forza di accettarlo? Certo ce ne vuole tanta, troppa di forza.
E il coraggio di cambiare quel che si può? Il destino, il percorso individuale, questo cambiarlo o tentare di farlo si può. La modalità più discussa e cercata è quella di andarsene dall’Italia o di preparare figlio e/o nipoti ad andarsene. Ci vuole coraggio ma neanche tanto. Molto meno di quanta forza occorrerebbe e occorre per accettare ciò che non puoi cambiare.
E la saggezza di distinguere? Puoi sperare di non averla, di aver sbagliato analisi e contro analisi, puoi sperare di aver confuso vertigine con saggezza. Comunque, fosse vera saggezza o soltanto una versione economica della saggezza, meglio non mostrarla in giro. Da queste parti oggi saggezza è roba esotica e minacciosa, sconosciuta e quindi foriera di pericolo. Se ti beccano con la saggezza addosso ti aspetta un Cerp, un Ccentro per la Riabilitazione Popolare. Qui, a Blade Runner di noialtri, girano tutti convinti e sicuri di “aver ragione”. Della saggezza e anche dalla ragione se ne fottono.