Il Pd stacca la spina al governo. Solo una vignetta, per ora

La vignetta di Massimo Bucchi su Repubblica

ROMA – A pagina 31 de La Repubblica del 9 maggio 2013 c’è una vignetta, sublime. Si legge: “Il Pd stacca la spina al governo” (guarda la vignetta ingrandita) e la vera, autentica e piena lettura è quella che somma e integra il testo con l’immagine. L’immagine: un Daniele nella fossa che con una mano tiene, afferra e in fondo accarezza la zampa di un fiero leone. E con l’altra mano stacca, anzi libera ma comunque stacca una spina dalla zampa del leone. Bravo Massimo Bucchi in questo appunto sublime tratto dove il surreale sconfina nel reale e viceversa e tu che guardi e leggi sai che sono entrambi veri.

Il Pd stacca la spina al governo è al 9 maggio solo una vignetta. Farà in tempo a crescere in pagina, a diventare un titolo. Il Pd non ce la fa a reggere, digerire, metabolizzare il governo insieme a Berlusconi. Fa nulla, conta pochissimo per il Pd che il presidente del Consiglio sia quell’Enrico Letta che fino a ieri era il vice segretario del…Pd. Il Pd sta in questo governo solo e soltanto perché glielo ha ordinato il dottore…il severo e arcigno dottor Napolitano. Obbedisce suo malgrado alle prescrizioni del dottore, ma il Pd considera questo governo una malattia. Una malattia che ha da passare.

Perfino Enrico Letta presidente del Consiglio, caso probabilmente unico in Europa a memoria d’uomo, è andato in Parlamento a far ufficialmente sapere che lui presiede questo governo ma ne avrebbe voluto e preferito un altro di governo. Il Pd non regge, non digerisce, non metabolizza, non ce la fa. Pratica improbabili distinguo ed esorcismi: un Nitto Palma no, un altro Pdl sì. Pratica così la teoria della fanciulla mezza incinta, la applica a se stesso. Se uno è alleato con il Pdl, è alleato con il Pdl. Non con una parte del Pdl. Il Pdl è quello e non altro. Eppure il Pd è fieramente impegnato nella battaglia, cui assegna alto valore etico, di andare al mare senza schizzarsi.

Il Pd non ce la e appena farà un Congresso si vedrà che proprio non ce la fa a reggere, digerire, metabolizzare. Non è quetione di base e vertice, di occupy Pd e di dirigenti. Appena aprirà il vaso del Congresso il Pd riverserà per ogni dove che la sua gente, la sua anima, la sua cultura, il suo elettorato non ce la fanno, non reggono. E a quel punto scoprirà anche l’attualità di una domanda su se stesso: è davvero un partito “democratico” nel senso che è altro e non solo e soltanto un partito della sinistra italiana? Vuole davvero essere un partito in grado di starci da solo al governo senza Berlusconi come coscienza e coerenza comandano ma anche con i voti che servono per farlo. Voti che non possono venire solo dalla sinistra perché quelli della sinistra non bastano, né oggi, né ieri e probabilmente neanche domani alla bisogna?

Pesanti domande di cui si cercherà di dribblare, eludere la faticosa risposta. Magari con un “Pd stacca la spina al governo”, appunto. Magari saltando, slanciandosi sul trampolino dell’ultima battaglia di Berlusconi contro la magistratura o tuffandosi nel dolcissimo mare di un Berlusconi colpito e affondato dall’ultima sentenza fin dentro il Parlamento. Congresso a fine 2013, anzi prima, già ad ottobre. Berlusconi inferocito e infrequentabile oppure affondato a inizio 2014. Ecco la finestra temporale per trasformare la vignetta in titolo, per il Pd che stacca la spina al governo.

Nel frattempo tutti acquattati e non compatti dietro un segretario che garantisca e traghetti. Un identikit alla Anna Finocchiaro. Sai che appeal politico e mediatico. Roba da far correre un brivido di mobilitante identificazione in ogni cittadino, elettore e militante di sinistra e democratico.

Un identikit alla Anna Finocchiaro o giù di lì, forse anche sotto di lì. Di più il Pd oggi non può darsi, neanche avendolo in casa o volendolo davvero. Dovesse a fine settimana, di questa settimana, discutere davvero su cosa vuole, cosa intende, cosa ha in testa e nel cuore, allora il Pd dovrebbe anticipare il titolo, lo stacco della spina al governo. Non può, non ora. Quindi finge buon viso a cattivo gioco, insomma un viso alla Finocchiaro o giù di lì. Ma si vede che è una finta, i lineamenti sono tirati e tesi, la piega del volto e della bocca è iraconda e sofferente. Quella del Pd, non della Finocchiaro.

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Mino Fuccillo