ROMA – Referendum, il paese è in fregola di referendum. E’ un gran bel gioco quello del referendum, affascina, appassiona e si vince sempre, anzi vincono sempre i “buoni”.
Si gioca così: un governo, qualsiasi governo, fa una legge. Non importa tanto quale governo e quale legge, il governo e le sue leggi hanno nel gioco la parte assegnata del “cattivo”. Il governo ha fatto la legge e alcuni “buoni” aiutano il buonissimo popolo ad organizzare un referendum contro la legge. Si va a votare, la legge viene smontata e annullata e magari anche il governo. E poi si ricomincia.
Al gioco del referendum ci si diverte, si butta giù un governo tre palle un soldo e quale sentimento popolare più popolare di questo, di buttar giù un governo? Al gioco del referendum si esalta in campo l’altro sentire popolare, quello del “noi” e “loro”. Loro fanno le leggi e noi gliele smontiamo. Infine si comincia a prendere l’abitudine a che le leggi “vere” non le fa il Parlamento, i partiti, insomma “loro”. Le leggi vere le fa il popolo in assemblea e comizio elettorale.
Di referendum è stata giustiziata la legge che dimezzava il Senato, toglieva poteri, soldi e stipendi alle Regioni e ammaccava qualche burocrazia di Stato. Forse era una buona legge ma chi se ne frega, era una legge “loro”, anzi del più antipatico tra “loro” e quindi via, al muro elettorale per l’esecuzione.
Della stessa mano referendaria è stata giustiziata la legge elettorale maggioritaria. Era più o meno l’unica per avere un vincitore delle elezioni che poi fa un governo e governa sulla base dei voti e del mandato ricevuti. Ma era una legge “loro” e quindi via, meglio una legge elettorale proporzionale che per forza porta poi a governi di coalizione in cui ognuno prende una fettina. Oppure la proporzionale porta a nessun governo, ma chi lo vuole il governo? Governare e decidere è “cattiveria”. Maggioritario, proporzionale…il popolo queste cose non le sa e non le vuol sapere, mai. Ma ha sempre (quasi) una gran voglia, una voglia matta di giocare al referendum.
E adesso in arrivo c’è quello sul jobs act: abolire i licenziamenti con indennizzo, ripristinare l’illicenziabilità, resuscitare l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori anche nelle piccolissime aziende. A promuoverlo è stata la Cgil, 3,3 milioni di firme raccolte, appuntamento alle urne tra metà aprile e metà giugno 2017 se nello stesso periodo non ci sono le elezioni politiche anticipate.
Abolire per via referendaria il jobs act, anche gli sgravi contributi e fiscali alle assunzioni? Di certo abolire i voucher, cioè la modalità di pagamento dei lavori saltuari, tutti sanno infatti che abolendo i voucher si abolisce il lavoro saltuario. E’ questo il modus cogitando della Cgil, pensano così. E chiamano a votare contro i licenziamenti e il lavoro saltuario. Come possono non vincere? Chi vota per i licenziamenti e i lavoretti? Messa così non c’è partita. E il referendum la mette così.
E Grillo e Salvini sono prossimi ad incontrarsi nella Teano del referendum sull’euro. Non si potrebbe fare a termine di Costituzione, ma un qualche modo si troverà. E la domanda sarà più o meno vi sta simpatico o antipatico l’euro? E il popolo risponderà di conseguenza.
Già che ci sono, perché no un referendum per ripristinare la scala mobile automatica dei salari incautamente abolita con la storia che il salario non era una “variabile indipendente” dell’economia? Se alla Cgil vanno a riguardare le carte di casa troveranno di sicuro che loro già allora lo dicevano che il salario che c’entra se produci e se vendi quel che produci…
L’appetito vien mangiando e la fregola è tanta: un referendum sulla legge Fornero sarebbe un successone. Ecco la domanda: volete voi tornare ad andare in pensione a 60 anni invece che a 66 e passa? Indovina il risultato…
Un paese in fregola di referendum, un paese ormai incontinente nella sua passione per un sistema, un mondo, un’Italia almeno dove nell’urna di un referendum il popolo vota, sancisce e materializza più salari, più pensioni, più profitti, più risparmi, più benessere per tutti e sempre e, ovviamente, meno governo, parlamenti, istituzioni, politici e tasse.