ROMA – Renzi è stato travolto non solo sconfitto. Travolto da un voto che per dimensioni e motivazioni vale come un’elezione politica, travolto quindi da qualcosa che è stato, per volontà popolare, di più ed altro da un referendum sulla riforma costituzionale.
L’affluenza di quasi il 70 per cento, quella di un’elezione politica, e il trionfo, non solo vittoria, del No che sbaraglia il Sì 59 a 41 per cento (18 punti di differenza!) costituiscono uno tsunami che travolge Renzi. Il suo governo è finito, il premier si è dimesso di fatto in diretta televisiva e formalmente si dimette oggi comunicandolo al presidente della Repubblica. Il governo Renzi è finito e finita è con tutta probabilità anche la parabola, l’esperienza e la storia politica di Renzi stesso.
Venticinque minuti dopo la mezzanotte finiscono i mille giorni e poco più del governo Renzi. E finisce Renzi. “Io ho perso, l’esperienza del mio governo finisce qui”. E ora? Ora che il voto popolare ha cacciato Renzi via da Palazzo Chigi?
Ora governo Bersani, Salvini, Grillo, Brunetta…Questa dovrebbe essere la conseguenza logica e corretta del voto popolare. Una maggioranza c’è, è quella referendaria. Una maggioranza di quasi il 60 per cento dei votanti. Una maggioranza che ha esplicitamente votato contro il governo e perché il governo se ne andasse. E a cui spetterebbe il compito e la responsabilità di un governo altro e diverso.
Un governo guidato magari da Bersani, lui ha votato No, lui è esponente del partito che ha il più alto numero dei parlamentari, lui ha contribuito alla cacciata di Renzi. Chi meglio di Bersani quindi come perno e baricentro del governo voluto dalla maggioranza referendaria. E con ministro degli Interni Matteo Salvini, lui al posto del cacciato Alfano, Salvini che risolverà, anzi farà sparire migranti, rifugiati e immigrati. Dopo aver raccolto la quota di No che veniva dal no agli immigrati appunto.
E all’economia del governo votato dal popolo Beppe Grillo, che ha raccolto e convogliato i no al governo che non voleva dare il salario di cittadinanza, i mille e passa al mese a tutti quelli che non ce l’hanno. Grillo che ha la ricetta per affrontare le banche: costringerle a finanziare chiunque lo chieda e mettendo in carico all’erario il pagare il conto delle banche che falliscono. Grillo che ha studiato, che studia da tempo come collegare e coniugare l’uscita dall’euro con la decrescita felice. Salario garantito per tutti producendo minore ricchezza, questa è la formula. Sì, l’economia spetta a Grillo.
E gli Esteri sono di diritto di Massimo D’Alema che delle piccole cose italiane non ama occuparsi (tranne quando si tratta di far fuori Renzi). E Renato Brunetta ministro delle Riforme al posto della Boschi. Un governo così è quello che dovrebbe venire fuori da un voto così.
Ma così non sarà: Grillo e Salvini e Brunetta non chiedono di governare, se ne guardano bene. Chiedono solo nuove elezioni subito. Il governo lo lascerebbero volentieri a qualcuno del Pd. Per l’ottimo motivo che un governo così, un governo Bersani, Grillo, Brunetta, Salvini gli italiani lo hanno votato, lo hanno chiesto, se lo meriterebbero pure. Però un governo così non lo avranno, perché un governo così, un governo di maggioranza referendaria i Grillo, Salvini, Bersani e Brunetta non potrebbero e saprebbero mettere in piedi.
Renzi ha detto “Congratulazioni ai leader del No, a loro oneri e onori…in primo luogo la legge elettorale”. Già, la legge elettorale: per andare a votare occorre una legge elettorale e l’Italia non ce l’ha. L’Italicum è morto (le Camere restano due e l’Italicum è fatto per una sola Camera) e la legge con sui si è votato nel 2013 è stata demolita dalla Corte Costituzionale. Tocca a Salvini, Grillo, Bersani e Brunetta trovare l’accordo su una nuova legge elettorale. Sarà un bel vedere come faranno.
Ma di tutto questo al popolo elettore poco o nulla importa. Il popolo elettore ha cacciato Renzi e tanto gli è bastato. Bastato per andare alle urne davvero in massa. E qui appare in maniera evidente e macroscopica l’errore di Renzi. Non di aver “personalizzato” il referendum. Ma di aver immaginato un paese che non esiste, un paese immaginario: quello ansioso di eccellere, fiducioso nel futuro, pronto, assetato di innovazioni e di nuova impresa sociale, economica, politica.
L’Italia è un paese che mette i soldi a miliardi crescenti sotto il materasso e non li investe. Un paese per nulla preoccupato della bassa produttività nelle imprese e del tutto assuefatto alla massima e ancor crescente produttività di rancore e crediti. Un paese che si sente in credito, anzi scippato. E fabbrica rancore verso chi non riconosce e onora crediti. Un paese dove i giovani votano No al referendum costituzionale perché non trovano lavoro o lavorano con salari inferiori alle aspettative.
Un paese che fortemente crede che per avere più lavoro, più salario, meno tasse, meno burocrazia, più protezione sociale e ogni altro ben di dio l’unica e la migliore sia buttare giù un governo. Per farne un altro? Come, con chi, per cosa? Non disturbate l’elettore con questa domanda che a stragrande maggioranza ha già respinto come importuna e impertinente.
Renzi se ne va, travolto. Grillo, Salvini, Brunetta, Bersani e tanti altri con loro e tra loro un governo non fanno. “Che bella serata” canta e conclude a notte Salvini. Gran bella serata per i vincitori. Ma adesso, già oggi e sempre più domani e doman l’altro che la colpa, le mille colpe non potranno più essere date al Renzi cacciato, i vincitori daranno di certo più o meno subito il reddito di cittadinanza a tutti, la pensione di nuovo a 60 anni, il posto di lavoro, le tasse cancellate e le caste annichilite e le banche domate e la finanza al confino e l’Europa messa a cuccia…Come no, basta un No, anzi uno tsunami di No e tutto arriva.