ROMA – Magari è proprio come dice Niccolò Ghedini, l’avvocato, magari i fatti sono proprio “chiari e lineari”. Magari è proprio come dice Giuseppe Spinelli, il contabile sequestrato per una notte, magari “non c’è stata né trattativa né riscatto”. Magari…ma ci si consenta, come amerebbe dire il Cavaliere, di non crederci. Neanche un po’, proprio no.
Non credere a cosa? Magari alla notte con i sequestratori in casa, la notte fra il 15 e il 16 ottobre come la raccontano il ragionier Spinelli e sua moglie Anna. Vada per gli occhiali rotti dalla pistola che preme alla tempia, vada per le ore in cui entrambi vengono rinchiusi in camera da letto mentre il commando dei sequestratori/spacciatori/ricattatori aspetta…Aspetta che? Finora l’unica spiegazione fornita è che aspettano si faccia un’ora decente per chiamare al telefono Berlusconi, di notte è maleducazione disturbare e quindi aspettano che si faccia giorno…Ma vada…Comincia a non andare proprio con uno dei cattivi che dice: “Stia tranquilla signora, anch’io ho una mamma”. Con l’altro cattivo che aggiunge: “E’ un mondo di merda e queste cose non andrebbero fatte”. Non va proprio quando con i due coniugi sequestrati che pregano ancora una dei cattivi assicura “sono credente anch’io”. L’apoteosi si raggiunge poi con la signora Anna che alle 6,30 fa il caffè per tutti e con l’uscita di scena, anzi di casa, della banda dei cattivi uno dei quali dimentica il passamontagna (se l’erano tolto perché in casa faceva caldo?) e il ragioniere racconta di averglielo ricordato e consegnato, come si fa con il soprabito di un ospite che va via.
No, ci si consenta di non credere a questa notte del rosario sgranato in preghiera che commuove il sequestratore, al caffè italico e familiare intorno al quale almeno per un momento tutto si ricompone, al bandito “mammone”, alla banda che secondo il puntuale ricordo dei sequestratori prima dimentica la chiavetta usb, poi la ritrova nel taschino di uno di loro e quindi dimenticano il passamontagna e quindi Spinelli lo ricorda e ritrova per loro.
E ci si consenta anche di non credere che un condannato per tentato omicidio e sequestro di persona, Francesco Leone, un albanese evaso, Laurenc Tanko e suo fratello Ilirijan, entrambi condannati, il primo per sequestro di persona, il secondo per rapina e violenza sessuale, con contorno di Marjus Aruta, sempre albanese ma esperto solo di rissa e furti di rame, insieme ancora a Alessio Meier, quello dei “contatti con le banche svizzere” e Pierluigi Tranquilli imprenditore siano davvero andati là quella notte a vendere la merce, sia pur tarocca, che è stata raccontata.
Ho in mano “qualcosa” capace di far perdere a Carlo De Benedetti 570 milioni o di farli guadagnare a Silvio Berlusconi e vado a casa di Giuseppe Spinelli per fargli fare una telefonata al Cavaliere? Non ho altro modo per mettermi in contatto, per segnalare, per esporre la merce? E dopo che, rispettoso del riposo notturno di Berlusconi, Spinelli lo ha chiamato e questi ha chiamato a sua volta Niccolò Ghedini e questi a sua volta ha chiamato Spinelli a casa e questi ha fatto capire che è sotto sequestro e dopo che Ghedini ha lasciato cadere l’offerta, che faccio? Prendo cappotto e passamontagna, me ne vado e dico richiamo tra un po’, magari domani, come avessi lasciato un’aspirapolvere in prova? E nel frattempo ho mostrato e portato come “prova” delle merce che ho una chiavetta usb che non funziona?
Ci si consenta di non crederci, neanche un po’. Un po’ di ragione Ghedini ce l’ha: i fatti raccontati sono chiaramente e linearmente posticci, appiccicati, incollati sopra qualcosa d’altro che non è dato sapere. E’ possibile che non ci sia stato “riscatto”, forse gli otto milioni di cui la banda chiacchierava al telefono nessuno li ha pagati e loro sognavano solo li scucisse Berlusconi o forse sono soldi che dovevano arrivare da altre fonti…Ma che non ci sia stata trattativa…metterla così è volerci prendere proprio tutti per i fondelli.
La trattativa c’è eccome nel racconto e nelle mosse ufficiali, da loro attestate, dei protagonisti. Giuseppe Spinelli che chiama Berlusconi e spiega che forse è il caso di visionare la merce che a lui appare buona è probabilmente sotto costrizione mentre lo fa. Ci può stare che non sta “trattando”. Ma Berlusconi che chiama Ghedini e non la Polizia è già inizio di trattativa e Ghedini che valuta “patacca” la merce è trattativa e la denuncia alla Polizia dopo la fine del sequestro, molto dopo, è trattativa. E Berlusconi che fa saltare il pranzo con Monti e l’appuntamento al Ppe è trattativa. Se è andata come raccontano loro hanno trattato. Magari solo per garantire l’incolumità a Spinelli e alla moglie.
Oppure perché hanno usato parte di quelle ore per soppesare un “hai visto mai…?” Per valutare la merce offerta e scoprire che valeva niente ed era una patacca inconsistente.
Ma ci si consenta di non credere né all’una né all’altra ipotesi, magari sono giuste ma ancora una volta appaiono entrambe posticce e sovrapposte, incollate. L’incolumità della coppia sequestrata è certa dal momento in cui i sei se ne vanno all’alba senza un euro ma con tutti i passamontagna. Da quel momento si può denunciare ma non lo si fa. E anche la valutazione del “pacco” non richiede tutto il tempo che i protagonisti si prendono per raccontarla la storia. Quel tempo è il tempo giusto, il tempo che ci vuole per costruirla e concordarla la storia, la storia posticcia, più o meno parente di quella reale.
Quale sia quella reale non è dato sapere e neanche ipotizzare, quindi si resti ai “fatti chiari e lineari“. Che sono questi: in sei sono andati con le brutte a casa Spinelli perché volevano soldi da Berlusconi. Come e perché pensavano di farglieli scucire è confuso, incerto e improbabile. Berlusconi e Ghedini per una giornata abbondante hanno affrontato la questione senza coinvolgere né polizia né magistratura. Forse per prudenza o ritegno o calcolo, vai a sapere. Ghedini aggiunge: “le versioni riportate dell’accaduto sono risibili e assurde”. Giusto, proprio così, compresa la sua, la “loro” di versione e via scendendo per li rami. Ed è questo l’ultimo, incontrovertibile “fatto chiaro e lineare”.