
ROMA – In queste ore, proprio in queste ore, doveva e forse sta per essere definito e dettagliato un gigantesco bonifico internazionale: l?unione Europea versa tre miliardi di euro alla Turchia. E’ il pedaggio, chiesto da Ankara e da Bruxelles accettato, perché la Turchia si tenga in casa, relativamente in casa e relativamente si tenga, i profughi che scappano dalla Siria. Ai governi europei, Merkel, Hollande, Cameron e Renzi ovviamente compresi e anche ai renitenti ad ogni accoglienza come i governi polacchi, ungheresi, cechi e anche agli stanchi di accogliere governi svedesi e finlandesi è sembrato e sembra, se non un buon affare, almeno un prezzo giusto.
E nessuna delle opposizioni montanti e crescenti in Europa, né la Le Pen in Francia, non gli anti islamici in Germania, non la Lega di Salvini in Italia e neanche M5S e neppure i partiti nazionalisti di Gran Bretagna o Austria e nessuno dal Portogallo alla Spagna fin lassù, fino ai paesi baltici ha sostanzialmente trovato nulla da obiettare. A tutti, governi e opposizioni, e in fondo anche alle pubbliche opinioni europee, pagare perché qualcun altro si tenga in casa i profughi appare il danno minore se non la miglio cosa da fare.
Peccato che quello con la Turchia di Erdogan però non sia un buon affare e di conseguenza il prezzo non sia nemmeno quello giusto. Quando lo stesso gioco di monetizzare il flusso di migranti lo faceva Gheddafi lo si chiamava ricatto a un certo punto Gheddafi gli europei hanno ritenuto di doverlo eliminare. Se lo fa Erdogan quello stesso gioco è collaborazione internazionale…Ma non è il caso di farsi scrupoli, di cercare coerenze. Nella politica internazionale il problema è se funziona o no, non se e come sia giusto o meno.
Ebbene la Turchia di Erdogan ha dato ampie prove di inaffidabilità. Ha consentito fino ad ieri, qualcuno sostiene consenta ancora, la cosiddetta “autostrada di Erzurum”, insomma la via di transito per i combattenti pro Isis che dall’Europa andavano in Siria e la via del ritorno i “combattenti stranieri” che tornavano in Europa. Via di transito aeroportuale, mica chissà quale sentiero sulle montagne. La Turchia faceva passare in un senso e nell’altro pure.
La stessa Turchia che a Kobane non ha mosso un soldato o sparato un proiettile per respingere alla sua frontiera quelli dell’Isis. O meglio ha schierato per settimane i suoi mezzi blindati per impedire i curdi di Siria ricevessero rinforzi dai curdi iracheni. La stessa Turchia che bombarda e macella curdi (quando la faceva Saddam era genocidio…), curdi unica fanteria efficiente sul terreno contro Isis.
La stessa Turchia che sequestra e chiude giornali, radio e tv fastidiose per il governo. La stessa Turchia che intima all’Europa di farsi gli affari suoi in materia, in materia di diritti umani e civili. La stessa Turchia che ostenta nostalgia, nostalgia per la grandezza, anche territoriale, turca prima che la Turchia cessasse di essere un Sultanato. La stessa Turchia che i profughi dalla Siria come e quando vuole li lascia passare (e affogare) tanto per ricordare all’Europa che di profughi può investirla a secchiate.
Questa Turchia non è partner con il quale giustamente si decide insieme un aiuto finanziario in cambio di un impegno umanitario all’interno della medesima concezione di sicurezza. Questa Turchia è regime che con tutta evidenza approfitta della ingenuità pelosa dell’Europa che pensa di comprarsi con tre miliardi un’esenzione almeno quantitativa dal problema profughi. Sono quindi tre miliardi nostri da fermare, ricontrattare e non offrire come pegno e pizzo a un governo nei confronti dell’Europa chiaramente inaffidabile.
Versarli quei miliardi, pagare questa sorta di tangente come se Erdogan fosse un partner davvero europeo sarebbe l’ultimo errore in ordine di tempo dell’Europa. Europa che con schizofrenia politica, economica ma anche etica, impone sanzioni al poco democratico Putin e poi paga l’islamista Erdogan.
