ROMA – Tremila miliardi di euro, per ora, per il secondo giorno consecutivo, le Borse ci credono, almeno un po’. Però di miliardi veri non se ne sono visti neanche uno su dieci dei tremila. Si sta fermi a quota 440, forse. Il Fondo Salva Stati, per decisione dell’Unione Europea, ha infatti una dotazione teorica di 440 miliardi appunto. Teorica, perché la Slovenia sta ancora votando sulla sua quota. E’ il 27 settembre e la Slovenia sta ancora votando su una decisione comunitaria del 21 di luglio. E che conterà mai la piccola Slovenia? Poco, ma la Slovenia non è sola. Il 28 settembre tocca alla Finlandia che non solo è un po’ più grandina della Slovenia, soprattutto Helsinki vuole “garanzie collaterali” per sborsare la sua quota. Nel governo finlandese c’è una nuova destra detta dei “veri finlandesi” che non vuole sborsare. Slovenia e poi Finlandia e le incognite sono due. Ma neanche la grande Germania ha già votato, anzi voterà giovedì 29 sulla sua quota. Si fatica ad arrivare a quota 440, figurarsi tremila miliardi. Al punto che in Germania e non solo c’è chi avverte: i tremila miliardi non pronunciamoli nemmeno prima di aver portato a casa i 440.
Già , perché chi li paga e chi li garantisce i tremila? Ai 440 miliardi, quando saranno diventati veri, sta appesa la Grecia. Anzi sta appesa a una pattuglia di deputati del Pasok, il partito socialista al governo, che minacciano di non votare le nuove tasse e le liberalizzazioni e privatizzazioni. Se manca quel pugno di voti, il governo greco cade. Senza quelle tasse e liberalizzazioni e privatizzazioni, l’Europa non versa alla Grecia gli otto miliardi di euro che alla Grecia servono per pagare gli stipendi. Otto miliardi che devono arrivare entro e non oltre metà ottobre. Se non arrivano, se il governo greco cade, la Grecia non paga e fallisce. Eventualità messa in conto, proprio nei famosi tremila miliardi. Sono tremila perché a tanto ammonta l’altezza della diga di miliardi da erigere per tenere le banche e gli Stati europei, tutte le banche e tutti gli Stati, con la testa a respirare fuori dall’onda del default greco. Scrivere tremila è come dire che quel default ci può essere.
Ma tremila miliardi chi li caccia fuori, da quali tasche vengono? L’Europa tutta in teoria potrebbe. L’Europa tutta ma non l’Europa come somma di Stati in ordine sparso. Domani a Strasburgo Manuel Barroso terrà il discorso sullo “Stato dell’Unione”. E dovrà dire che lo Efsf, il fondo oggi di 440 miliardi e domani di tremila può essere finanziato da tutti, tedeschi per primi, solo se ogni Stato europeo accetterà regole di bilancio stringenti. Chi caccia buona parte dei tremila miliardi può, forse, essere convinto a farlo dalla garanzia scritta che non sono soldi buttati (in Grecia) o regalati a chi ci fa sopra campagna elettorale (Italia). Il 17/18 ottobre si tireranno i conti all’Eurogruppo. Se tutto è andato bene, la Grecia avrà ancora il suo governo, avrà varato le dolorose misure interne e avrà intascato gli otto miliardi. Sloveni, finlandesi e altri saranno convinti e costretti. L’Europa avrà detto ai mercati, e al contribuente tedesco, che si mettono insieme i soldi ma anche le regole. Se uno solo di questi anelli della catena cede, allora i tremila miliardi nessuno li caccerà e ognuno si terrà i suoi di miliardi e peggio per chi non li ha. Venti giorni per decidere se l’Europa c’è e se l’euro resta. Venti giorni non di più. Sperando che nel frattempo le Borse e i mercati continuino a crederci. Venti giorni in cui governo e Parlamento italiano si occuperanno della “cabina di regia” da costruire intorno a Tremonti e della legge che vieta di pubblicare il contenuto delle intercettazioni. Legge almeno su un punto sacrosanta: è bene che i governi e i contribuenti europei, i mercati, gli investitori, i risparmiatori di tutto il continente non sappiano quel che si dicono al telefono i governanti italiani quando parlano tra loro di economia, debito, bilancio, default e spread.