Veronesi, 10 scemenze sulle donne, anzi 9. La mala scienza delle quota rosa

Umberto Veronesi (LaPresse)

ROMA –  Un detto lombardo (ma ce n’è di analoghi in ogni lingua e linguaggio) perentoriamente invita ciascuno a fare il proprio mestiere e non quello altrui. Non è una rivendicazione corporativa, di questi tempi è meglio precisarlo. E’ un caldo invito ad attenere le proprie opinioni alle proprie competenze. Ci si guadagna tutti, sia chi “opina” sia chi di qualcosa, ovviamente non di tutto, è competente quindi affidabile. Da un po’ di tempo il competente e affidabile medico Umberto Veronesi si è invaghito, meglio dire incapricciato, niente meno che di una filosofia della storia. Dell’idea cioè, per dirla molto alla grossa, che la storia contenga e promuova una verità che man mano disvela. Idea che molti hanno coltivato nei secoli prima di Veronesi. Idea che Veronesi coltiva nella chiara ipotesi che la filosofia della storia sia sostanzialmente…la sua. E qui appunto la puntuale concretezza dell’appello iniziale a che ciascuno si occupi e soprattutto apra bocca sulle cose di cui ha cognizione di causa. Perché la sua, la filosofia della storia di Umberto Veronesi affidabile e competente medico, è banale, ingenua, supponente e, diciamo così, basata su poca dottrina e molta vetrina.

Scrive Veronesi su La Stampa del 9 di marzo niente meno che della “Inferiorità del maschio” (non glielo hanno pubblicato l’otto marzo, quindi titolo rinforzato). Già questa idea che uno dei due, maschio o femmina, donna o uomo, debba essere “inferiore” o “superiore” è emerita frescaccia. O peggio. Ma, si sa, va di moda da secoli che la donna sia “inferiore”. Adesso è tanto cool che “l’inferiore” sia il maschio. Ma Veronesi è uno scienziato e quindi espone i dieci motivi della inferiorità maschile.

Primo: “la procreazione, la donna ha nelle sue mani la sopravvivenza della specie umana”. Non c’è dubbio, la prima Veronesi l’azzecca in pieno. Ma dalla seconda in poi…

Eccole: “capacità di unire il ruolo procreativo con quello sociale lavorativo”. Non significa nulla, assolutamente nulla. In quelle discipline umanistiche che Veronesi frequenta da turista interessato è pura tautologia: la donna è donna perché è donna. Questo vuol dire che la donna che può essere madre può essere anche lavoratrice. Mirabile scoperta che la donna può assumere e interpretare più ruoli sociali e sempre donna restare. Tautologia che secondo Veronesi “non ha ancora espresso tutto il suo potenziale rivoluzionario”. Terzo punto: la resistenza al dolore delle donne, maggiore di quella degli uomini. Quarto punto: la maggior motivazione delle donne.

Con il quinto punto Veronesi raggiunge il sublime: le donne hanno maggior senso della giustizia, prova ne sia che ci sono in giro un sacco di magistrati donne, anzi la metà dei magistrati. Come sostenere che i nordafricani hanno un maggior senso della delinquenza infatti in carcere ce ne sono di più dei loro che degli altri. Ma si rende conto Veronesi della materia pseudo culturale che usa per il suo politicamente corretto pro donna? Quanto poi alla coincidenza con senso della giustizia (innato o ormonale?) con la professione della magistratura, siamo ai minimi termini della logica e dell’esperienza empirica.

Il sesto punto della superiorità delle donne è “l’armonia, l’organizzazione e l’ordine”. Va bene, gli è scappata a Veronesi, non si accorge che così sta tessendo identikit ed elogio della brava massaia e padrona di casa.  Settimo punto: la maggiore sensibilità culturale. Ottavo la maggiore capacità di concentrazione. Nono: le donne decidono meglio e più rapidamente. Decimo: la donna è diplomazia mentre l’uomo è combattimento.

Non c’è che dire: in decalogo basato su…su che? Rilevazioni statistiche? No di certo. Esperimenti su vasti campioni di soggetti? Neanche a parlarne. Siamo al livello della donna non si batte neanche con un fiore e del torna a casa batti tua moglie anche se non sai perché lei lo sa di sicuro. Siamo al livello minimo della chiacchiera pre o peggio para scientifica. Dove e come Veronesi ha misurato la maggiore sensibilità culturale o capacità decisionale delle donne? Solo e soltanto nella sua testa e nel suo animo entrambi incapricciati del compiacere l’ultimo gioco in città. E per compiacere il viva le donne a prescindere e comunque, lo scienziato non si rende conto di pescare a piene mani nel mare morto delle differenze “naturali” tra i generi e i sessi. Insomma Veronesi ci ripropone pari pari l’argomento della differenza “naturale”, quello che per secoli e millenni è servito agli uomini per tenere schiave le donne e che serve tutt’ora in buona parte del mondo alla stessa bisogna. Scienziato…Veronesi ci conferma purtroppo che la medicina, da sola, è disciplina e non scienza, il filosofo della storia Veronesi saprà cogliere la differenza.

Ma perché Veronesi si invaghisce e propaganda scientifiche scemenze sulla superiorità o inferiorità di un sesso rispetto all’altro? Perché mostra di non sapere che perfino i fautori delle quote rosa in ogni dove pongono limiti temporali alle stesse quote rosa? Anche chi vuole le quote rosa, almeno fino a ieri, intende riequilibrare una condizione di sfavore nei confronti della rappresentanza femminile stratificatasi nel tempo. Nei consigli di amministrazione, nei vertici aziendali, ovunque. Ovunque nel mondo le quote rosa vengono introdotte a tempo, il tempo di riequilibrare i numeri della rappresentanza (riequilibrare non equiparare) e poi fine delle quote rosa altrimenti si trasformano in strumento di squilibrio. Così è ovunque anche tra chi vuole, ottiene e pratica le quote rosa.

Così era fino a ieri anche da noi in Italia. Fino a ieri, ora non più. Nella discussione sulla legge elettorale emerge, prorompe una rivendicazione di “quota rosa assoluta”. Metà e metà dei candidati, dei capilista, degli eletti. Metà uomini e metà donne. Ora, subito e per sempre. Per legge, obbligatorio e imperativo per tutti/tutte. Non c’è scienza in questa grida. Né scienza né coscienza. C’è invece l’arbitrio modaiolo di imporre per legge gli usi e costumi: nell’alimentazione, nella salute, nella morale, nel fine vita, nel genitore uno e genitore due al posto di mamma e papà e ora anche nella scelta politica ed elettorale. Tutti e tutte, Boldrini in testa, a cantarsi reciprocamente la frescaccia della democrazia perfetta appunto se fatta per “quote”. Canzone incompetente di democrazia e libertà. canzone figlia di debolissimo pensiero. Canzone che canta dl regolamento di condominio che si vuole applicare alla storia vera dell’umanità.

Canzone comunque ingenua quando è sincera come il più delle volte è, Veronesi compreso. Non sempre però è così oggi nel Parlamento italiano: qui se ascoltate qualcuno che canta delle quote rosa al 50% “valore non negoziabile”, state sentendo uno/a che non vuole la legge elettorale nuova con altre quote, quelle di sbarramento ai piccoli partiti, o vuole le preferenze o vuole tirarla in lungo o vuole sgambettare Renzi. Mastodontiche e microscopiche lobby e rivendicazioni che dietro le donne si riparano, anzi nascondono.

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Mino Fuccillo