Lucio Fero

Zaky, Regeni, Cucchi

Patrick George Zaky, in un’immagine tratta dal suo profilo Instagram (Foto Ansa)

ROMA – Zaky lo studente egiziano speriamo, tifiamo che se la cavi. Colpevole, se colpa è, di delitto di opinione (quindi di nessun delitto) è in galera in Egitto. Zaky ha avuto l’imprudenza di tornarci e all’aeroporto subito lo hanno arrestato. Poi i metodo e il trattamento non inusuali con cui la polizia dei regimi tratta chi finisce nelle sue mani: umiliazioni, violenze, mano durissima. Oltre all’imprudenza forse anche in Zaky una sorta di mal riposto senso di sicurezza derivante dalla sua condizione di studente qui da noi, in Occidente, Europa, Italia, Bologna. 

Zaky, bene che stampa occidentale e opinione pubblica italiana e lo sguardo diplomatico seguano le sue vicende, l’essere non uno dei tanti, l’impedire l’anonimato della sua vicenda forse lo aiuterà a cavarsela. Ad uscire prima o poi di prigione, a non subire le durissime conseguenze delle più che improbabili accuse nei suoi confronti: terrorismo, sovversione dello Stato…Al più Zaky è un dissidente. Sul quale è stata lanciata l’accusa, più che infamante in Egitto, di omosessualità. Zaky, speriamo e tifiamo che se la cavi, anche con l’aiuto di chi dall’Italia lo aiuta.

Ma attenzione alle proporzioni e alla misura delle cose. E alla retorica delle libertà. E alla presunzione di noi gente civile, loro gente barbara. Zaky è un malcapitato nelle mani di una polizia di un regime autoritario. Non è però un martire della libertà universale. Zaky è uno da tirar fuori, non uno cui andare dietro. Zaky è stato accostato, sovrapposto a Giulio Regeni. Farlo non è stato un rendere omaggio alla realtà.

Giulio Regeni è stato ammazzato, ammazzato di botte e poi cadavere gettato in strada. Ammazzato da uomini dei servizi di sicurezza egiziani, quali esattamente importa fino a un certo punto. Giulio Regeni non è stato pubblicamente arrestato, nessuna notizia ufficiale è stata fornita del suo fermo. Giulio Regeni è stato prelevato e ammazzato nel silenzio delle autorità. Giulio Regeni non è stato portato in nessun Tribunale, non ha avuto nessun avvocato e nessun giornalista italiano cui raccontare come fosse la cella e se e quanto fosse stato pestato. Giulio Regeni non ha avuto Ong al suo fianco e diplomatici occidentali ad assistere all’udienza del suo processo e nessuno ha potuto chiedere a nessuno giudice la sua scarcerazione. Giulio Regeni era cittadino italiano, ammazzato di botte dagli uomini di uno Stati che nega di averlo mai avuto nelle sue mani. Zaky, per sua fortuna, non è Regeni.

Giulio Regeni è stato ammazzato dagli apparati di sicurezza egiziani. Questa la realtà, la verità. In Italia per Regeni si continua a chiedere giustizia. Esattamente in concreto cosa si intende, cosa si vuole? Le dimissioni di Al Sisi da capo dello Stato, il crollo del regime per auto dissolvimento? La galera per ministri e generali egiziani? O, se questo non si ottiene, la chiusura di ambasciate, frontiere, commerci, aeroporti e porti? Davvero chi chiede giustizia per Regeni pensa sia praticabile l’incriminazione prima e l’estradizione poi dei responsabili dei servizi di sicurezza egiziani? Il dolore per una morte e lo sdegno per un omicidio sono entrambi inestinguibili. Ma devono essere per forza irrazionali fino al punto di chiedere una giustizia impossibile nelle forme di un processo e condanna ai vertici del regime egiziano?

Zaky per sua fortuna non è Regeni ma per sua sfortuna è cittadino egiziano. La frequenza da studente all’Università di Bologna non estende su di lui una sorta di nazionalità europea. Per Zaky ci si può e ci si deve mobilitare. Per Zaky vale lo strumento che spesso vale se usato nei confronti dei regimi autoritari: tieni accesa la luce su di loro e saranno prudenti. Ma non se li accechi con un  dito nell’occhio. Attenzione a sostenere che per Zaky egiziano devono valere le leggi italiane ed europee, attenzione ad intimare all’Egitto quel che devono fare i suoi giudici. Si va oltre il segno e si rischia di non aiutare Zaky. Una presenza occidentale al processo è mano santa per Zaky, esporlo in bandiera come prova vivente della barbarie egiziana è pericolosa presunzione. E qualcuno da Il Cairo potrebbe un giorno anche dire: voi, chi, quelli di Cucchi ammazzato di botte mentre era in prigione?

 

 

 

 

Published by
Mino Fuccillo