Il presidente della Commissione parlamentare di vigilanza sulla Rai, Sergio Zavoli, ha voluto inviare al presidente dell’azienda, Paolo Garimberti, una lettera dolente sulla mancata misura, da parte della tv pubblica e di tutta la comunicazione in genere, nel trattare il “caso Marrazzo”.
Lodevole intenzione, peccato però che Zavoli abbia finito per scrivere un piccolo saggio relativo a quella che si può chiamare “indulgenza di casta” e abbia steso su carta un cammeo della cultura corrente della “irresponsabilità personale”.
Sostiene Zavoli che il caso Marrazzo ha avuto «attenzione mediatica che supera ogni criterio civile e qualunque principio umano… il succedersi quasi agonistico di servizi e commenti… hanno tenuto vivo nella comunità nazionale uno spettacolo privo di avvedutezze e pietà…».
Non c’è dubbio, anzi dubbio c’è visto che nessuno mai ne solleva alcuno, che sia vergognoso lo spettacolo di cameramen e giornalisti che assediano e tampinano i parenti dei morti, le vittime delle cronaca, la gente, gli umani feriti. E’ uno spettacolo schifoso che viene invece considerato fondamentale per la professione e addirittura “acme” dell’informazione. Un fotografo, un uomo o donna forniti di telecamera o di taccuino dovrebbero sapere dove fermarsi, qualcosa dovrebbe, dentro di loro, dire: questo no.
Al contrario, l’assalto alla “mamma di Brenda” è la regola. In tutte le redazioni. Ma Zavoli, che di tg ne vede da una vita e giornali ne legge da sempre, è per la famiglia Marrazzo che scopre il fenomeno, fenomeno che dura da anni.
Fenomeno che chiama in causa la trasformazione, non oso dire degenerazione, dell’informazione in spettacolo. Zavoli se n’è accorto nel “caso Marrazzo”. Meglio tardi che mai? Purtroppo no, il meglio non c’è. C’è solo il tardi. E il peggio.
Perchè «il criterio civile e il principio umano» che Zavoli vede violati riguardano molti ma non Marrazzo. Marrazzo ha chiamato su di sè la doverosa “attenzione mediatica” perché ha mentito. Ha mentito la prima sera, dichiarando lui alla stampa: «Il video è una bufala». Ha mentito il mattino dopo dichiarando: «Era una donna, non un trans». Ha mentito nascondendo che aveva trattato per «ritirare dal mercato» il video.
Ha mentito sui consigli che Berlusconi gli aveva dato in merito. Stava mentendo agli elettori perché stava ripresentandosi alle elezioni. E chi legge il testo delle sue risposte ai magistrati vede che la verità, tutta, ancora non l’ha detta. Spiace per Zavoli ma solo l’attenzione mediatica ha scoperto molte delle sistematiche bugie di Marrazzo, uomo pubblico e governatore del Lazio, non dimentichiamolo. «Criterio civile» semmai avrebbe voluto che Marrazzo presidente avesse trovato subito luogo e modo di dire la verità.
E il «principio umano»? Scrive Zavoli: «Che una bimba di otto anni potesse assistere al massacro della figura paterna non bastava per scoraggiare l’idea di trarne qualche punto di share e qualche spot pubblicitario?». Sì, fa schifo e soprattutto pena la sopravvenuta moda del trans in studio a momentanea sostituzione e variante della vip di coscialunga. Ma a «massacrare la figura paterna» per quella bimba è stato il padre. Con le sue scelte e soprattutto con le sue bugie, con la sua voglia cieca di cavarsela ad ogni costo, con la sua incapacità di assumersi ogni responsabilità. Non è corretto come fa Zavoli attribuire quella “demolizione” all’informazione e neanche allo spettacolo che si è fatto su Marrazzo. E’ suprema indulgenza di casta richiedere prima per il cittadino e poi per l’uomo Marrazzo una sorta di “omertà civile” travestita da “pietà”. Marrazzo, come ciascuno di noi, non gode di un diritto acquisito alla dignità. Poteva meritarle e rivendicarle entrambe, dicendo e affrontando la verità. Non lo ha fatto, la sua caduta di dignità è pura cronaca e Zavoli fa molto male e voler addolcire e aggiustare quel che pura cronaca è.
Se proprio voleva scrivere una lettera nella sua qualità di “vigilante”, Zavoli poteva scriverla ai direttori del Tg della Rai, agli altri formalmente non può, per invitarli, implorarli a non mandare più gente a raccogliere le lacrime e le frasi sconnesse dei genitori dei bambini torturati nell’asilo “Cip e Ciop”. Quello è stato solo l’ultimo degli spettacoli senza misura e umanità, allestito con la partecipazione estorta a vere vittime. Non risulta però agli atti nessuno sgomento per l’esposizione in diretta di quel dolore e per il “massacro” pubblico dell’intimità di quelle famiglie.