Probabilmente Berlusconi pensava che Fini, se ne stesse tutto contento dei benefits che la presidenza della Camera gli portava, alcuni sanciti dalla legge, altri, come gli affari della famiglia della convivente, dalla consuetudine politica. Forse sperava anche che Fini gli portasse gratitudine, per avere trasformato un ex camerata in uno statista, per avere fatto uscire gli ex fascisti, Fini compreso, dalle “fogne” in cui li aveva relegati mezzo secolo di politica in era repubblicana e averli immessi nel cuore del sistema. In fondo Berlusconi pensava di essersi comprato Fini, la sua gratitudine esterna, la sua acquiescenza a ogni suo disegno.
Invece Fini non ha rispettato il ruolo assegnatogli da Berlusconi, il quale è ormai convinto di essere non solo protagonista della vita politica italiana ma anche regista e autore del copione. Così ora sta facendo passare un brutto quarto d’ora a Berlusconi, che lo ha anche aiutato con una serie di madornali errori come quello di essersi infilato nel vicolo cieco della legge sulle intercettazioni: gli era stata lasciata in eredità da Prodi, già approvata dalla Camera e lui invece ci ha voluto (dovuto?) inserire delle norme talmente favorevoli ai criminali che hanno spostato nel campo avverso milioni di italiani cui poco importa dei giornalisti e dei giornali che non leggono più ma importa invece molto della propria sicurezza.
Nella reazione di Fini c’è un po’ di tutto: il calcolo politico, che gli ha permesso di fare l’ultima tappa del traghettamento, personale se non di partito, dal post fascismo al salotto buono; il fastidio per l’atteggiamento di Berlusconi nei suoi confronti del tipo bravo bravo hai fatto il tuo dovere adesso ragazzino lasciaci lavorare; un po’ di invidia, per il successo di questo personaggio sempre in piedi e amato, nonostante tutti gli scandali, da metà degli italiani.
Berlusconi è infatti un soggetto che divide molto, c’è chi lo ama alla follia e chi lo odia altrettanto follemente. C’è chi invidia i suoi successi, chi non riesce a capacitarsi che sia ancora in piedi, chi non sopporta i suoi modi di fare da venditore di pubblicità, chi deplora l’immoralità della sua vita, chi non dimentica qualche fregatura e chi invece ne esalta la lealtà. C’è chi ne approva qualsiasi atto con fede cieca e chi guarda con preoccupazione la deriva mussoliniana del suo atteggiamento e quella staliniana del suo comportamento.
Da quando Berlusconi è entrato in politica, è apparso sempre più evidente che la sua ossessione per il comunismo non è solo una trovata elettorale di sicura presa, ma è qualcosa di più. C’è un illustre confronto che sembra calzare, quello con Lee Kuan Yew, il padre della Singapore tigre dell’Asia, che, dicono i biografi, era così maniacalmente terrorizzato dai comunisti da adottarne metodi e sistemi e diventare in tutto e per tutto come loro.
