Però noi siamo stati particolarmente sfortunati, o meglio abbiamo avuto una monarchia che meritava un paese espressione geografica, un terzo sotto il dominio di una casta religiosa, cosa che non ha uguali nemmeno nel laico, ancorché a base etnica circoscritta, stato di Israele; un terzo colonia di una potenza semi continentale che ha lasciato il nostro Nord Est miserabile quanto nostalgico fino al mercato comune europeo. Questo sarebbe l’anniversario da celebrare, in verità, piuttosto che quello dei 150 anni, che finora, secondo le migliori tradizioni ha dato solo occasione a ruberie e retate dei carabinieri.
Cosa fosse il Piemonte lo intuite subito leggendo Rosario Romeo o Lucio Villari o quanti hanno descritto le condizioni del Piemonte, non della Calabria, prima delle riforme di Cavour.
Poco di meglio dopo l’unità, operazione tanto eroica quanto posticcia, che ha messo in ginocchio il Meridione e ha lasciato abbastanza pezzente il Nord. Una prova del fatto che era una dinastia di serie B per un paese da Promozione è, ma forse sbaglio e sarei orgoglioso di essere smentito, nel fatto che la regina Vittoria, che ha piazzato figlie e nipoti in mezza Europa, inclusa la Grecia, ci ha lasciato a secco, tanto che Umberto I la moglie l’ha dovuta prendere in Montenegro e suo figlio, Umberto II, in Belgio.
Dopo la caduta, i Savoia ebbero un momento di decoro e dignità grazie all’immagine che seppe proiettare della dinastia l’ultimo re d’Italia, Umberto II, aiutato dal momento magico dei rotocalchi Oggi e Gente, il cui messaggio patinato era pari a quello delle statue degli imperatori, tutte uguali a se stesse, nelle più sperdute lande dei domini romani; meglio ancora della tv, perché non c’era il rischio di una voce sgraziata, di una battuta stupida, di una mossa scomposta.
Come fosse davvero Umberto non lo sapremo mai, anche se fatto che la tanto mitizzata anche a sinistra moglie belga Maria Jose abbia vissuto la maggior parte della sua vita lontana dal marito non fa pensare a un matrimonio felice e non e negli schemi dei doveri regali. Chi ha mai letto qualcosa sulle vicende domestiche dei reali inglesi, belgi, spagnoli o scandinavi sa che ci si e comportati, anche in questo, con ben altro stile.
Certo i figli dell’ultimo re qualche segnale già lo hanno dato, con Beatrice che domino le cronache rosa degli anni cinquanta con lo scandalo della sua liaison con l’attore Maurizio Arena.
Le vicende di Vittorio Emanuele sono deludenti soprattutto per chi si aspetta dal rango un comportamento adeguato senza pensare che per costoro il rango non e servizio e dovere ma privilegio, e questo per il pretendente al trono d’Italia e vero a partire dalle prime goliardate quando si iscrisse alla facolta di legge di Torino, senza peraltro potere frequentare per via della vituperata Costituzione repubblicana, anatema per Berlusconi e Tremonti.
