Per non parlare della risse giudiziarie tra fratelli Savoia per spartirsi l’eredita di Maria Jose e delle risse mediatiche tra cugini Savoia e Aosta per il titolo di pretendente al trono.
Poi c’e l’ultimo rampollo, Emanuela Filiberto, che circola, come il padre, liberamente per l’Italia grazie a una convergenza di buonismi che se da parte della destra si può comprendere col calcolo elettorale, per la sinistra costituisce uno dei più sciocchi tradimenti di uno dei suoi miti fondanti, la Resistenza. I francesi, se non altro, i loro pretendenti al trono li hanno tenuti fuori dei confini per cent’anni dalla caduta dell’ultimo re, Luigi Filippo.
Detto questo, se vogliamo essere giusti, dobbiamo anche dire che i nostri ex reali ci hanno delusi perché anche i più ferventi repubblicani tra noi vorrebbero che comunque la ex famiglia reale italiana fosse all’altezza delle iconcine che abbiamo adorato studiando la storia d’Italia. Ma dobbiamo anche dire che le altre case reali non sono da meno, con una certa differenza tra quelle che non regnano più e quelle che ancora stanno sul trono.
In Francia sono arrivati al pubblico sputtanamento, tra i vari pretendenti al titolo di pretendente ufficiale al trono che fu di San Luigi, alle risse sulle eredità col colpo di genio del penultimo erede, grande sostenitore di Jean Marie Le Pen al punto di rintuzzare pubblicamente le critiche sollevate da una figlia, che ha sperperato centinaia di milioni di equivalenti euro, lasciando gli eredi a scavare affannosamente nei suoi tiretti, dove recuperarono preziosi precipitosamente messi all’asta per 14 milioni di euro.
L’Inghilterra è un poema, con Carlo che favorisce gli architetti suoi amici, Elisabetta che detesta il figlio al punto di vedere meglio sul trono il nipote, il quale nipote si sposerà con una ragazza il cui zio, che la futura coppia reale frequenta, è stato indicato da un giornale di destra come il Daily Telegraph come procuratore di ragazze e droga ai ricchi ospiti di Majorca. Altro che bunga bunga. Certo niente in confronto con le simpatie naziste della casa reale inglese, un cui membro, Edoardo VII, zio di Elisabetta, abdicò ufficialmente perché voleva prendere in moglie una divorziata non nobile, ma soprattutto perché la signora, che poi fece commuovere i lettori dei rotocalchi del dopoguerra, come Duchessa di Windsor, era un “agente di influenza” a libro paga di Hitler, tanto che in esilio dopo l’abdicazione la coppia ducale era accompagnata da un agente dei servizi segreti delle SS.
Al confronto di gente così, anche i Savoia diventano paisà.
Se si accetta che il punto dolente non sono le persone ma il sistema in cui agiscono, il problema non è tanto la qualità di questa o quella casa reale, quanto della classe o delle classi sociali cui fanno riferimento: esse sono un sostegno per i sovrani, come per i dittatori, ma anche li condizionano. In questo i dittatori, basandosi su un agglomerato di sostenitori alquanto raccogliticcio e di bassi e violenti istinti, danno il peggio comunque, mentre nelle monarchie, i loro sostenitori vogliono stabilità e equilibrio e sono tendenzialmente più di centro destra che di destra.
Bisogna dare a ciascuno colpe e meriti. L’aristocrazia inglese era abbastanza tutta filo fascista e filo nazista, con qualche motivazione, visto che lo zar ucciso dai bolscevichi era cugino del re d’Inghilterra, ma alla fine, di fronte alla minaccia della loro indipendenza, si sono comportati con eroismo. La repubblicana Francia, come scrisse Marc Bloch prima di essere portato via dalla Gestapo, preferì mettersi a tappetino davanti agli odiati tedeschi, che però, agli occhi della loro aristocrazia, erano comunque meglio dei comunisti.
Alla fine, quasi 1.500 parole per dire che i Savoia sono pessimi, che la monarchia è pessima, ma gli italiani sono solo un popolo di ex poveri, più sfortunato degli altri anche nelle colonie. Inglesi e francesi vivono ancora sull’eredità del sangue di milioni di indiani e africani, Vienna, che ci ha sfruttato come i francesi con l’Algeria, è ancor oggi più ricca di Milano. A noi avevano lasciato la Libia.Noi dobbiamo tutto quel poco che abbiamo al nostro lavoro e al mercato europeo. Non buttiamoci giù.
