
Natale di Roma, dietro la leggenda. Romolo era etrusco, i latini pastori e contadini, i liguri primi abitanti
Romolo non era latino ma etrusco. Altro che lupa o lupanare. Fu ferro toscano a tracciare il solco della Roma quadrata. I primi re furono sabini e etruschi.
Poi l’elemento latino prevalse e fu repubblica. Durò mezzo millennio, fino all’impero. E i primi quattro imperatori dopo Augusto furono di nobile discendenza sabina. Inclusione, si direbbe oggi, fu la forza di Roma, fin dal suo natale. Senza immigranti e senza guerre di espansione, col conseguente assorbimento di immigrati e vinti, Roma non sarebbe stata Roma. Ognuno al suo posto, ognuno in base all’etnia e al censo. Ovviamente.
Poi ci furono anche, a dare una mano, quattro secoli di clima ideale, fra il 250 AC al 140 DC. Poi il clima cambiò, anche senza fabbriche e automobili, ma con una pressione fiscale degna di oggi. Così ebbe inizio il declino. L’Occidente si frantumò nei regni barbarici, l’Oriente fu travolto dall’avanzata dell’Islam. Ma l’idea di Roma restò nell’aria fino al ventiduesimo secolo dal suo natale.
Roma fuori dal comune fin dal suo natale
L’archeologia conferma il natale di Roma
L’espansione dei latini verso nord ovest, fino al Tevere, trovò nel fiume l’ostacolo del confine con gli etruschi, popolazione per certi versi misteriosa, meno misteriosa se ci si riflette un po’, come vedremo avanti.
I pastori latini secoli prima del natale di Roma
Romolo unì i villaggi che nel tempo si erano formati sulle pendici dei colli attorno al Tevere, uccise il fratello che lo aveva sfidato, regnò per quarant’anni un po’ da solo, un po’ in power sharing con un altro re, Tito Tazio, di stirpe sabina. I sabini erano gente venuta dal nord est, partiti secoli prima dall’Europa sud orientale. Siamo in presenza di uno dei numerosi movimenti di popoli Indo europei. Siamo attorno al 1.300 AC, periodo di grandi sconvolgimenti fino all’India. Ci torneremo dopo.
La verità storica diverge dal mito
Leggendo, cercando, riflettendo, credo che dietro il mito si nasconda una storia meno semplice e anche più moderna. Non furono Ercole né Caco né Picchio ad agire, ma allora come oggi, le leggi dell’economia, del commercio, della politica.
Un importante snodo commerciale
Oltre il Tevere, gli Etruschi
I rapporti fra latini e etruschi erano ostili, viste le premesse. Ma il commercio è stato sempre una forza irresistibile, è stato la spinta che ha determinato lo sviluppo della civiltà. E quel guado del Tevere proprio allo sbocco della attuale via Aurelia era una spinta fortissima. Ancora oggi, sul lato romano del Tevere, nomi come Foro Boario, Foro Olitorio evocano quei lontani mercati. E la collocazione di un mercato ortofrutticolo nella fu piazza Montanara ai piedi del Campidoglio fino alle picconate di Mussolini conferma il terminale, in quell’area, delle merci provenienti dalla campagna romana e dal futuro agro pontino.
Vediamo dunque lo schieramento sul campo
I liguri primi europei bistrattati dagli storici moderni
I tedeschi con i capelli e gli occhi neri non discendono dai guerrieri germanici
Fu invece un terzo francese, Alfred Merlin, a documentare la presenza ligure a Roma, tesi poi ancora ripresa da Leon Homo. Il libro di Merlin, “L’Aventin dans l’antiquite”, è del 1907. Dopo di lui, a parte Homo, mi pare ci sia silenzio. Solo Carandini lo cita in bibliografia.
I liguri primi abitanti dell’Aventino, Neanderthal sull’Aniene
Sostiene Merlin che i liguri vivevano sull’Aventino ben prima dell’arrivo dei latini e degli altri popoli conquistatori. La posizione dell’Aventino, rispetto alle valenze strategico commerciali di Roma, è ideale. Domina il fiume, fra il piede del colle e la riva c’è un pianoro dove potevano sostare le merci. L’altopiano offriva gli appezzamenti migliori per l’agricoltura. Primi arrivati a Roma (o quasi, ma parlare dei sicani ci porterebbe troppo fuori strada) si scelsero la postazione migliore.
Per immaginare cosa fosse l’Italia quasi tremila anni fa dobbiamo resettare la nostra mente. Via le immagini delle strade intasate per lo shopping natalizi o dalla movida. In tutta Europa, a quei tempi, c’erano solo poche centinaia di migliaia di nostri antenati.
Né, va detto, furono i liguri i primi abitanti di Roma. Nella zona dell’Aniene, attuale Monte Sacro, è stato rilevato un insediamento di Neanderthal risalente a 120 mila anni fa (Sabina Marineo, “Il primo europeo”).
I latini, i sabini, gli etruschi presi singolarmente non furono in grado di sloggiare i liguri. Considerandoli inferiori, si limitarono a escluderli dal processo di formazione della città. Riservandosi il colpo di grazia per dopo.
La presa dell’Aventino, una brutta pagina
Non c’è una data precisa per la sottomissione dei liguri da parte dei patriarchi latini, ai quali interessava impadronirsi della loro terra. Però, leggendo le pagine di Merlin, incrociando con quello che riportano gli storici e ragionandoci un po’, emerge una delle pagine vergognose della storia di Roma. Tanto vergognosa che l’hanno cancellata e rivestita di ipocrisia e di religione. Tanto vergognosa che l’Aventino venne incluso nel sacro pomerio di Roma (l’area cittadina dove era proibito circolare ai militari) ben ottocento anni dopo la fondazione, ai tempi dell’imperatore Claudio.
Probabilmente l’aggressione risale a poco dopo la nascita di Roma. Il nuovo gruppo dominante chiuse i conti con i liguri. Un po’ ne uccisero, un po’ li ridussero in schiavitù, col resto si formò il nucleo principale di quella plebe che nei millenni si è identificata con l’Aventino. Ne è traccia la secessione fatta rientrare da Menenio Agrippa.
Fu una grandiosa rapina (vien da pensare alla privatizzazione delle terre del clero e pubbliche nel Sud d’Italia dopo il 1860). L’Aventino fu dichiarato Ager publicus, bene del pubblico, di cui approfittarono per secoli i padroni di Roma di origine latina, quelli che alla fine, per forza dei numeri, dominarono la presunta repubblica.
Cosa accadde davvero nel natale di Roma?
Il mito della fondazione e del natale di Roma copre e nasconde quel che accadde nella realtà. Ma un’idea ve la espongo. Dei tre popoli che insistevano sull’area della futura Roma direi che i più numerosi erano i latini, contadini e pastori, padroni del territorio. I più solidi e organizzati erano all’inizio i sabini, la cui ricchezza era antica e basata nell’interno della penisola. A loro interessava il commercio del sale e la tutela delle teste di ponte dei due colli vicino al Tevere.
I più progrediti, culturalmente, tecnologicamente e militarmente erano gli etruschi. Sono loro, non i latini, a avere fondato Roma. Due parole sugli etruschi. Essi non costituivano l’intera popolazione delle terre occupate. Erano una minoranza di origine mediorientale con forti legami con la Grecia. Sulle loro origini, dopo i classici di Raymond Bloch (1954) e di Massimo Pallottino, negli ultimi anni si sono prodotti nuovi studi basati sulla lingua (Carlo De Simone) e sul Dna (Guido Barbjani).
Certo gli etruschi erano di un livello superiore in termini militari, sociali, organizzativi. Avevano sottomesso i vecchi abitanti della Toscana, liguri e chissà quali altri. Li sfruttavano e li tenevano in uno stato di soggezione servile. Che peraltro non credo sia migliorato per decine di secoli fino ai tempi nostri. Per questo, ripeto, gli etruschi si annidavano sui punti più alti del territorio. Avevano paura delle rivolte.
La lingua degli etruschi
Parlavano una lingua diversa da quella parlata dagli antichi toscani. Tanto diversa che, una volta amalgamato il gruppo dirigente etrusco nel ceto dominante romano (un nome, Mecenate, una donna, la moglie di Claudio imperatore), quella lingua evaporò senza quasi lasciare traccia. Per un gioco della storia, proprio Claudio scrisse un libro sugli etruschi, ma il papiro si perse.
Per la chimica dell’evoluzione umana cultura, arte, tecnologia e probabilmente anche organizzazione militare degli etruschi si trasmisero e fusero nello spirito della nuova città-stato Roma. Da chi presero i romani ricchi il vezzo di mangiare sdraiati? Più probabilmente dagli etruschi che non dai greci. Gli etruschi a loro volta l’avevano imparato dai greci, o per discendenza o per frequentazione. Il padre del re Tarquinio Prisco, Demarato, era un ricco mercante di Corinto, rifugiatosi a Tarquinia.
Si trova sostegno a questa teoria anche nel mito. Chi era Mastarna-Servio Tullio se non un capo militare mercenario al servizio di un re etrusco di Roma, di cui a tempo debito diventò a sua volta re?
Roma fin dal natale melting pot come New York
Nei decenni successivi al natale, in cui la popolazione latina della futura Roma cresceva e crescevano anche gli innesti dalla Sabina e dall’Etruria (con le conseguenti iniezioni di tecnologia), l’espansionismo etrusco verso il Meridione greco era al massimo. La location di Roma ne faceva uno snodo chiave non solo sul piano commerciale ma anche militare. Il guado del Tevere era dominato dal Palatino. Per molto tempo ho creduto anche io che il Palatino fosse un avamposto latino per controllare il guado. È evidente è la sua valenza strategica.
Ora però credo che furono gli etruschi a impadronirsi del Palatino, magari dopo avere fatto sloggiare con un colpo di mano i latini. I recenti studi e teorie di De Simone, che anche Carandini riporta, puntano alla conclusione che Romolo e Remo sono nomi etruschi. Il nome di Roma stesso sarebbe etrusco. Gli etruschi presero il Palatino e ne fecero il fulcro urbano della nuova città. Poi i latini, dopo due secoli e mezzo dal natale di Roma, presero il sopravvento. Lasciando però spazio alle aristocrazie delle altre etnie, amalgamandole in un grande melting pot. Come negli Usa, che prevarranno anche sui cinesi. Non come gli inglesi, che sono durati solo 3 secoli.
Pensate alla incongruenza del mito del natale
Che senso ha il natale di una città da parte di un etrusco che fonda una città dei latini o per i latini?
Che senso ha il fatto che dei sette re di Roma, quanti ce ne tramanda la leggenda, tre furono etruschi e degli altri, incluso Romolo, nessuno sia stato latino al 100%? Deduco: gli esordi, il natale, furono monarchici, di segno sabino e etrusco, poi venne la repubblica, oligarchia agricola latina, poi l’impero, con l’emergere delle classi nuove, il mescolamento di classi e razze, fino agli imperatori che di latino forse conservavano qualche goccia di sangue di avi lontani.
Probabilmente le cose andarono così. Inizialmente il natale di Roma originò come testa di ponte militare della marcia degli etruschi verso il sud. Gli etruschi all’origine si imposero sugli elementi latini e sabini. Ma gli etruschi non avevano le forze per controllare e ingabbiare una città in espansione demografica nell’elemento latino e sabino, conseguenza della espansione mercantile. E anche militare e territoriale. Etruschi furono i re di Roma. Ma il mestiere dei re fu sempre la guerra. Per rapina e accrescimento territoriale. A farne le spese furono indiscriminatamente i vicini latini e etruschi.
Poi il peso dei latini e anche dei sabini diventò preponderante. (Appio Claudio si trasferì nel 504 a Roma con 5 mila fra mogli figli servitori schiavi e clientes, entrando di forza e di diritto nel consesso della aristocrazia romana). E alla fine il re fu cacciato. La diarchia dei consoli riflette l’equilibrio fra latini e sabini. Degli etruschi rimasero la cultura (e l’apertura alla Grecia), l’arte, la tecnica. E un importante ruolo nell’establishment.
Nei secoli i creatori del mito di Roma ci hanno tramandato la leggenda di Enea, Romolo e Remo, i sette re e la repubblica. Su questa linea, la prevalenza latina fu ribadita dalla lingua dei nobili e degli scribi, ma non del popolo. Il latino, ricorda Philip Baldi, era solo uno de dialetti di origine indo europea che si parlavano nell’Italia centrale.
E nacque la repubblica
Il mito di Roma e del suo natale mise in ombra l’apporto dei sabini. Dai tempi della scuola li abbiamo considerati in fondo come dei rozzi montanari, il cui unico apporto a Roma fu un certo numero di donne per fare prole e scaldare il letto dei prodi pastori venuti da Albalonga.
Se però diamo un senso all’altra nozione appresa a scuola della discesa a Roma del clan della gente Claudia (vedi sopra) la musica cambia. Non erano cinquemila emigranti in cerca di un lavoro. Era una tribù che entrò a pieno titolo nelle alte sfere della aristocrazia romana. Al punto che Augusto, pur nipote e figlio adottivo di Giulio Cesare, a sua volta discendente a Venere, sedusse, mise incinta (forse) e sposò in stato interessante Livia, che di quel gruppo nobiliare era parte. E i primi quattro imperatori dopo Augusto da quella gens discendevano.