Putin come Ivan il Terribile, Biden come Asurbanipal, re di Assiria. Dal fondo della storia lampi che illuminano la presente invasione russa in Ucraina.
Il responso del passato è doppio.
1 Putin cerca di inserirsi nella grande tradizione che ha fatto della Russia un impero multinazionale, da Ivan a Stalin (Pietro era troppo innovatore, Caterina una donna e tedesca di sangue anche e fu lei ad annettere l’Ucraina).
2 l’impero degli Assiri crollò per la decisiva spinta degli antenati di Putin, gli Sciti, uniti a Cimmeri (Caucaso) e Medi (Iran). I re vicini avevano messo in guardia re Asurbanipal, chiedendone l’intervento preventivo. Lui fece fin de non recevoir (Giovanni Pettinato, Babilonia)..
Biden e Johnson hanno forse ragioni meno nobili e temono il ricatto del KGB di Putin.
Le sanzioni sono stupide e inutili. Lo scoprì l’Italia di Mussolini, lo conferma l’Iran, lo confermò Saddam. Solo l’intervento militare ne determinò la caduta.
Per Boris Johnson c’è anche un precedente di casa, l’appeasement predicato da Neville Chamberlain. Calò i pantaloni davanti a Hitler ma non evitò la guerra.
Per Joe Biden c’è anche il precedente di F.D. Roosevelt. Gli americani non volevano la guerra. Furono i giapponesi a tirarceli. Non volevano nemmeno salvare l’Europa dal nazismo né gli ebrei dai forni. Furono Hitler e Mussolini a dichiarare guerra agli USA, due anni dopo l’invasione della Polonia. E fu la loro fine.
Mettiamo in fila l’ignominia dell’Afghanistan e l’abbandono dell’Ucraina e, non c’è due senza tre, avremo il ritorno manu militare di Taiwan alla Cina. Seguirà l’invasione cinese in Siberia, ma io non ci sarò più a miagolare: “Ve l’avevo detto”.
Le ragioni di Putin
Diciamo pure che Putin ha tante ragioni e che gli ucraini sono in mano a una oligarchia altrettanto rapace di quella russa, cui interessa ben poco della democrazia e tanto del benessere che promette l’Occidente. Non ci scorreranno latte e miele ma i comunisti italiani tirano un sospiro di sollievo quando pensano a cosa sarebbe stato diventare colonia del paradiso dei lavoratori invece che del feroce capitalismo americano.
Ma la storia non si è mai fatta col moralismo né con la civiltà (ricordate lo scontro di civilità invocato da Bush?). Che civiltà era quella dei romani, il cui più grande diletto era vedere due gladiatori scannarsi, esseri umani sbranati dalle belve o arsi vivi appesi a una croce?
La storia è stata definita dai rapporti di forza a loro volta basati sulla ricchezza generata dal commercio e dal mercato molto più che da industria e agricoltura. I tre assieme fanno l’America. Commercio e rapina fecero Roma e l’Inghilterra. Ecco perché finora l’America ha sempre vinto e presumo vincerebbe almeno con la Russia: il mercato impone l’efficienza, il socialismo, idea alta e nobile, naufragò sulla assenza di mercato.
L’interesse degli italiani è contro Putin
Se tutto questo è vero, il nostro interesse è uno solo. Fermare Putin per impedire che si scateni la valanga descritta sopra. Le parole sono flatus vocis. Facile parlare dal caldo delle proprie poltrone.
Invece non ci possono essere distinguo. I distinguo sono delle spie e dei traditori. Purtroppo siamo circondati. In questo Beppe Grillo fu profeta. Dai tempi degli zar i russi sono maestri di infiltrazione (vedasi Sotto gli occhi dell’occidente o L’Agente segreto di Joseph Conrad). Poi vennero il Comintern e quel che seguì da Kim Philby agli anni di piombo.
Caduta l’Unione sovietica la strategia del nuovo Stalin (o Beria o Andropov) ha ampliato la ricerca di amici in occidente. Lasciato alla sua naturale evoluzione il rapporto con le mutazioni del Pci, Putin ha puntato a destra. Oggi nessuno ne parla, ma chi ha un briciolo di memoria ricorda i traffici di Berlusconi nella dacia alle porte di Mosca. Poi sono venuti Lega e grillini. È cronaca di questi ultimi anni.
Oggi la Russia non è più il Paese guida, per nostra fortuna. Ma il senso della patria è certo più radicato la che qua, dove l’armata degli utili idioti ne ha fatto una parolaccia.
Su Amazon è reperibile il film di Sergej Eisenstein sul primo zar di tutte le Russie. A quel momento Eisenstein aveva già diretto La corazzaza Potemkin e altri suoi capolavori. Aveva anche avuto i primi tormenti col Regime per la sua puntata a Hollywood che gli fece lasciare a metà il film sul Messico (bellissima sequenza sulla corrida, orribili immagini dei peones sepolti vivi). Fece Ivan, Stalin fu entusista e gli diede il premio.
Putin come Ivan?
Era il 1944, in piena travolgente avanzata verso Berlino che costò la vita anche a 85 mila italiani, sterminati da quegli ucraini nonni e bisnonni di quelli che oggi hanno bloccato la ex Armata Rossa. Non andò così bene a Ivan seconda parte. Intervennero il Partito e la censura. Nessuno mi toglie la testa che il Kgb facesse fare a Eisenstein la stessa fine di Tarkosky. Il vizietto, manifestato anche di recente, non è prerogativa, russa, la Cia ha fatto di peggio e 007 non è una invenzione filmica.
Torniamo a Ivan e al film. Le sue parole sembrano riversate pari pari dagli speech writer di Putin per la sua arringa alle masse del 18 marzo 2022. Fosca intorno è l’ombra (parole di Carducci) di Stalin. Sentimenti nobili possono portare al delirio. Il delirio alla tragedia. Noi italiani, che dobbiamo libertà e benessere alla appartenenza all’Europa e all’impero americano, non possiamo permetterci dubbi.