Pezzo a pezzo, la cartapesta del mito ricostruzione abruzzese viene giĆ¹.
Il presidente del consiglio Silvio Berlusconi aveva esordito alla grande, con una regia perfetta: nascosto dietro una gigantografia di se stesso in maglioncino blu e sorriso rilassato, che faceva da sfondo al salotto di Bruno Vespa convocato d’emergenza in luogo del consiglio dei ministri, dava ordini a destra e a manca, compreso al ministro dell’interno Roberto Maroni, cui Berlusconi ingiungeva: domattina voglio 1.500 pompieri all’Aquila.
Chi ha una minima idea, e per questo basta leggere i giornali, del tempo che ci vuole a spostare un reparto incluse le truppe d’assalto aviotrasportate americane, per non dire una semplice pattuglia di vigili urbani quando uno li chiama, sa bene che l’eordine era impossibile da eseguire, a meno che non fosse stato giĆ dato ore prima e ripetuto in tv solo per la delizia degli spettatori.
Berlusconi aveva capito che il terremoto era una grande occasione di campagna elettorale, un mega spot gratuito, con i costi di produzione a carico del contribuente: la chiave era dare l’impressione che tutto era sotto controllo, che la macchina dello stato girava come un diesel, per la prima volta dal 1870, meglio anche di come girava quando c’era l’altro Lui, quello dei treni in orario; perchĆ© ora c’ĆØ un altro Lui, che non ĆØ un maestro elementare,ex caporale, ma ĆØ laureato e uno degli imprenditori di maggioiri genio e successo della storia d’Italia.
Quello che i pubblicitari chiamano “pay off”, il messaggio finale, era: italiani, dormite tranquilli, non disturbate il manovratore, votatelo e dategli quel 51% dei suffragi che gli permetterĆ di fare ancor meglio.
Il primo intoppo ĆØ venuto con Michele Santoro, il quale, con i suoi modi che non sono studiati per generare simpatia, ha dimostrato una banalitĆ : che mentre all’Aquila tutto girava al meglio, bastava allontanarsi di qualche chilometro per scoprire che c’erano ritardi, che i mezzi di aiuto lasciavano a desiderare, che c’era gente che si lamentava. Gli abruzzesi sono gente di montagna, dura, orgogliosa, grandi lavoratori, testa bassa, denti stretti. I lamenti erano critiche e osservazioni puntuali, precise.
Le spiegazioni erano semplici, ma Berlusconi ha perso la testa, dando una prova di come un liberale del profondo nord puĆ² mutare se i voti lo sostengono. Se in quel momento avesse avuto la maggioranza assoluta, Santoro, se ancora fosse stato a libro paga Rai (aveva tra l’altro appena vinto una causa per una precedente estromissione, sempre ordinata da Berlusconi), sarebbe stato cacciato; l’ordine dei giornalisti, meravigliosa invenzione di Benito Mussolini che nemmeno Stalin ĆØ stato capace di uguagliare, lo avrebbe convocato, ammonito e espulso.
Berlusconi ha perso la testa perchĆ© una piccola macchietta, sotto specie di una trasmissione che non ĆØ certo nelle corde della maggioranza degli italiani, e che sarebbe passata sconosciuta ai piĆ¹ se Berlusconi non avesse fatto il diavolo a quattro che ha fatto, gli ĆØ schizzata sullo sparato bianco della festa della ricostruzione.
Poi via con i funerali,Ā momento culminante del cordoglio nazionale.
Poi l’assurda pretesa di portare i capi degli otto paesi piĆ¹ ricchi e potenti del mondo in Abruzzo per la giĆ programmata, in Sardegna, riunione di settembre. C’ĆØ da prevedere che sarĆ una catastrofe, e anche una um,iliazione per i poveri abruzzesi esibiti come scimmie allo zoo davanti a decine di migliaia di stranieri al seguito dei potenti della terra.
Infine, gli italiani tornavano alla vita normale, e anche gli abruzzesi della costaĀ si rivolgevano ai loro affari quotidiani, e anche gli abruzzesi del terremoto cercavano di recuperare un minimo di normalitĆ , confidando nelle promesse del Politico numero uno.Ā In quel momento prendeva il via la gestazione delĀ piano per laĀ ricostruzione.
Si era parlato prima di dodici miliardi di euro, scesi a otto ma finanziati non con nuove tasse e imposte, ma con una serie di spostamenti di voci del bilancio, cosa possibile visto che nell’enorme massa di soldi che la macchina dello stato macina, otto miliardi sono poca cosa e ci sono notevoli quantitĆ di soldi che non sono utilizzati.
Ma si era anche parlato, da parte di Berlusconi, di tempi eĀ scadenze. L’impegno piĆ¹ importante riguardava le case: quelle provvisorie, necessarie per togliere gli abruzzesi dalla precarietĆ delle tende, quelle definitive, che ciascun terremotato si sarebbe costruito sulle macerie della vecchia distrutta o dove piĆ¹ avrebbe gradito, purchĆ© sempre, rigorosamente antisismiche.
Berlusconi aveva rinnovato le sue promesse non piĆ¹ tardi di martedƬ sera, 5 maggio, in Tv, nel solito salotto di Vespa, davanti alla nazione,convocata col pretesto del bilancio di un anno del suo governo, ma interessata soprattutto a sentire la sua versione della sua privata vicenda matrimoniale, tra Veronica, Noemi e le veline.
Incaute affermazioni, clamorosamente smentite. Ora dall’Abruzzo comincia a trapelare la veritĆ sulla ricostruzione. L’Italia ĆØ un paese approssimativo, dove dei documenti si leggono solo i titoli, se si leggono. Andiamo per slogan, votiamo per emozioni e quindi siamo esposti a promesse e imbonimenti di ogni genere. Non ci dobbiamo buttare troppo giĆ¹, peraltro, perchĆ© se pensiamo che gli americani hanno votato George Bush e i francesi Nicolas Sarkozy, allora il nostro Berlusconi ĆØ un gigante, purtroppo per lui anche nel volere essere sempre il primo della classe, anche quando non ha studiato.
Gli abruzzesi, perĆ², sono gente seria. Hanno preso il decreto, lo hanno letto, lo hanno studiato, e hanno scoperto che quasi metĆ di loro passerĆ l’inverno in tendaĀ e che il soldi delle case ci saranno solo a metĆ .
Ć a questo punto che un grande pezzo del fondale di cartapesta, stile western di Hollywood anni ’50, ĆØ venuto giĆ¹. Il governo puĆ² insistere nelle sue illusioni. C’ĆØ ancora tempo per rimediare, siamo in primavera, piani alternativi si possono elaborare, i bisogni elementariu degli abruzzesi possono essere affrontati. Berlusconi, se ci si applica Lui personalmente, ha genio e inventiva per fare le cose bene.
Se no, chiunque ci sia al governo, il potere poltico ancora una volta avrĆ dimostrato di essere permeato dello stesso spirito sabaudo – borbonico di sempre,Ā che tanto male ci ha fatto. E la scarsa fiducia dei cittadini nello stato, che Berlusconi ha eroicamente cercato di ricostruire, magari personalizzando un po’ troppo, ma con la carta pesta invece che con il cemento. ScenderĆ ancore di piĆ¹. E sarĆ male per tutti.