PARIGI – Quale sarà lo stato del mondo nel 2060? Quale sarà il ruolo dell’Europa, degli Stati Uniti, della Cina?
Per saperlo, o almeno per immaginarlo, non è necessario essere un adepto delle profezie Maya. Basta, per esempio, scorrere le previsioni degli economisti. L’Ocse ha pubblicato, nel novembre 2012, uno studio sull’andamento dell’economia mondiale nei prossimi cinquant’anni. L’istituto internazionale con sede a Parigi, composto dai paesi occidentali e da qualche stato asiatico e latinoamericano (Corea del Sud, Messico, Cile, Giappone), ha sviluppato un nuovo modello di previsione della crescita economica e l’ha applicato alle principali economie per anticiparne il futuro.
Ciò che colpisce di più nella previsione è la radicale riorganizzazione nella composizione dell’economia mondiale. La ricchezza prodotta della Cina sorpasserà quella dell’Eurozona tutta intera nel 2013 e quella degli Stati Uniti pochi anni dopo. Già nel 2025, le economie congiunte di India e Cina sorpasseranno quelle dei paesi del G7, arrivando a rappresentare, nel 2060, quasi la metà dell’intera ricchezza mondiale prodotta ogni anno. Solo due anni fa, nel 2010, i paesi del G7 producevano il doppio dei due giganti asiatici.
E’ grazie all’apporto di questi paesi – Cina, India e presto anche Indonesia – che l’economia mondiale nei prossimi cinquanta continuerà a crescere a un ritmo del 3% annuo. Dall’attuale media del 7% i paesi non appartenenti all’Ocse passeranno al 5% nel decennio 2011-2020 e al 2,5% circa nel 2041-2050. La Cina avrà il più alto tasso di crescita fino al 2020 e in seguito sarà superata dall’India e anche dall’Indonesia. I paesi di antica industrializzazione, la maggior parte di quelli rappresentati nell’Ocse, conosceranno invece un aumento inferiore, di circa il 2% annuo.
La progressiva decrescita della produzione della Cina si spiega con un fenomeno che sarà particolarmente acuto in Cina tra qualche anno, l’invecchiamento della popolazione. La politica del figlio unico, instaurata dal regime cinese negli anni settanta, coniugata con gli effetti dell’allungamento della speranza di vita, porterà ad aumento della popolazione degli anziani e a una riduzione della forza lavoro.