La presenza di Emmanuel Macron e del suo predecessore, François Hollande, ai funerali di Giorgio Napolitano è un gesto politico da non sottovalutare. Macron non aveva nessun motivo per venire a Roma : come presidente eletto la prima volta nel 2017, non ha mai avuto intensi contatti con Napolitano. Più comprensibile la presenza di Hollande: durante il suo mandato ha avuto rapporti istituzionali più intensi, ma nel suo messaggio di cordoglio si è limitato a esaltare la figura di «un grande europeista», che per tutta la sua vita ha lottato «contro il fascismo, l’estremismo e il populismo».
Quanto a Nicolas Sarkozy, ha rinunciato al viaggio a Roma a causa di altri impegni. Certo, Napolitano apparteneva allo schieramento progressista, ma Sarkozy fu ben felice nel vedere l’allora inquilino del Quirinale convincere Berlusconi a dimettersi e a lasciare il posto a Mario Monti. Ciò detto, la presenza di Macron è una sorpresa. Con la sua puntata romana, il presidente lancia un messaggio a Giorgia Meloni e al suo governo: per la Francia, il vero interlocutore politico-istituzionale a Roma è il titolare del Quirinale. Scalfaro, Ciampi e Napolitano negli anni passati. Mattarella oggi.
Emmanuel Macron, nel rendere omaggio al primo ex comunista italiano diventato capo dello Stato, vuol dire proprio questo: chi conta davvero, l’unica figura istituzionale capace di ancorare l’Italia ai grandi paesi europei risiede al Quirinale. Invitando con sé a Roma Hollande e Sarkozy (che ha sbagliato a non venire), il presidente francese lancia un messaggio politico: il governo Meloni troverà un appoggio a Parigi sulle grandi e angoscianti questioni in discussione, dai migranti al patto di stabilità al Mes, solo se darà prova di allinearsi sulla saggezza del Quirinale. Un funerale laico può servire anche a questo.