Cancellieri “dimettiti”, magistrato cita il poeta T.S. Eliot, lettera aperta

Anna Maria Cancellieri. Lettera aperta di un magistrato: “Dimettiti” (foto LaPresse)

Caro Ministro Cancellieri,

L’avevamo apprezzata in veste di Prefetto di Genova. Abbiamo in seguito invidiato Bologna per aver goduto della sua eccellente amministrazione in veste di Commissario prefettizio. La scelta di un tecnico prestigioso all’incarico di Ministro degli Interni aveva riscosso una generale (se pur cauta ) approvazione.

Per questa ragione ci piacerebbe che Ella uscisse indenne dalla vicenda Ligresti, e dall’esperienza di Ministro Guardasigilli, lasciando intatta l’immagine che ci eravamo formati, di donna competente, mediatrice prudente ma energica all’occorrenza, rigorosa sempre : insomma un eccellente servitore dello Stato.

Il caso che la coinvolge non ha precedenti nella storia recente del Paese: non solo perché Ella ha riconosciuto (e come avrebbe potuto negarli) i contatti avuti con la famiglia Ligresti nelle note circostanze, ma perché ha voluto difendere strenuamente e – mi consenta – testardamente una condotta sotto più di un profilo impropria e non corrispondente all’immagine di un ministro cui fa capo l’anche troppo bistrattato sistema della Giustizia Italiana.

Si direbbe che le qualità del funzionario integerrimo le abbiano impedito di comprendere appieno la gravità della situazione in cui si è venuta a trovare. Ella ha persino trovato modo di dare dei ‘matti’ a quanti, indignati per l’accaduto, hanno legittimamente reclamato le Sue dimissioni.

Ci saremmo piuttosto aspettati da Lei – e avremmo sia pure con fatica accettato – un sereno riconoscimento della manifesta non appropriatezza delle Sue iniziative e delle assicurazioni date ai Ligresti.

Avremmo anche capito – sia pure a fatica – la non facile coabitazione di ragioni e sentimenti diversi nel Suo animo e nel Suo operato: antica amicizia, compassione, sollecitudine nei confronti di una detenuta , come si dice, ‘eccellente’.

La carriera di un funzionario, si sa, è intessuta di relazioni, compromessi tra esigenze diverse e spesso contrastanti, passaggi inevitabili pur nel rispetto – oltre che della legge – delle gerarchie e dell’Autorità, da chiunque essa promani.

Ella si è mostrata un ottimo funzionario, un vero ‘civil servant’, anche se nel mondo anglosassone la Sua condotta da Ministro Guardasigilli avrebbe prodotto conseguenze facilmente immaginabili , ben diverse da quelle cui siamo abituati nel nostro Paese, cattolicamente incline alla virtù – o al vizio – del perdono e dell’auto-indulgenza.

Ma il funzionario non è il politico, come ha sperimentato amaramente anche il suo Pigmalione, senatore Mario Monti, nel transitare dal ruolo di alto burocrate europeo a quello di capo di un partito. In un Paese in cui abbondano i politici funzionari di partito, Ella ha preteso di confondere la figura del funzionario pubblico con quella del politico.

Ma, come insegna Max Weber, l’etica del politico è soprattutto l’etica della responsabilità, quella che si ha nei confronti dei cittadini e del corpo politico: poco importa che l’uomo – o la donna – politici si sentano, come usa dire ‘sereni’ e intimamente a posto con la loro coscienza. Quello che conta è il fatto obiettivo di aver compromesso agli occhi del pubblico, irrimediabilmente, il compito che ci si è assunto.

La Sua stessa risposta conferma che questo è il punto: “ Si tratta di un’operazione politica –Ella ha detto -, la mia carriera è stata sempre quella di un funzionario intemerato.”

È vero: ma si potrebbe replicare con la famosa battuta di Humprey Bogart: “È la politica, bellezza!”, e in politica non contano un passato di funzionario senza macchia, le buone intenzioni, il richiamo – inconferente – alla situazione delle carceri italiane, la tardiva dissociazione dalla carriera breve e folgorante di un figlio alla corte degli amici Ligresti.

Lei è ormai – scusi l’immagine – un’anatra zoppa, destinata a venire usata: da destra per servire da contraltare a ben altre interferenze (vedi il caso Ruby) e da sinistra per tenere a galla una barca governativa che somiglia sempre più alla zattera della ‘Medusa’.

C’è una poesia di Thomas S.Eliot, dal titolo ‘Difficoltà di un uomo di Stato’, (Difficulties of a Statesman) che sembra fare al caso Suo e si conclude, perentoriamente, con la triplice invocazione:

“RESIGN RESIGN RESIGN”

‘DIMISSIONI, DIMISSIONI, DIMISSIONI’ .

 

Gliene raccomandiamo la lettura.

 

 

Published by
Marco Benedetto