
Il fascismo è eterno, quello a 5 stelle è targato It (nella foto d'archivio Ansa, Luigi Di Maio e Beppe Grillo presentano il logo M5s)

ROMA – Discuto con un amico sul clima politico che sta instaurandosi nel nostro paese. Non esito a parlare di fascismo ( il ‘fascismo eterno’ di cui parlava Umberto Eco).L’amico mi obietta che non è opportuno impiegare quel termine per descrivere la situazione attuale. “La gente – dice – pensa a quel fenomeno come a qualcosa di remoto e superato, che non trova riscontro nel presente”. Molto meglio parlare di ‘populismo’, ‘sovranismo’,’estremismo di destra’: termini sufficientemente vaghi e tali da non spaventare il pubblico , adatti per ogni stagione.
Ma è davvero poco opportuno parlare di fascismo con riferimento al presente e al crescente successo della Lega come partito sempre più chiaramente ‘di destra’? Rispondendo alla domanda rivoltagli da Lilli Gruber in una recente puntata di ‘Otto e mezzo’, il filosofo Massimo Cacciari ha dichiarato a chiare lettere che la Lega deve considerarsi a tutti gli effetti ‘un partito di destra’, con forza sottolineando ‘ di destra’, come a chiedere ai suoi interlocutori di capire cosa realmente doveva intendersi con quell’etichetta. In realtà, come gli ha fatto osservare Vittorio Zucconi, la destra vera, quella rigorosa e conservatrice, ha un passato di tutto rispetto anche nella nostra storia, e costituisce – per così dire – il contraltare indispensabile per l’esserci una vera ‘sinistra’.
Eppure, quello che il filosofo voleva fare intendere a chi lo ascoltava – pur senza usare la parola ‘fascismo’, tanto abusata dall’avere quasi perso significato – era che il partito di Salvini rappresenta oggi il peggio della destra, quella ‘estrema’, astutamente primitiva e sempre capace di rinnovarsi in forme diverse: se non la personificazione del fascismo ‘eterno’ ( quello descritto da Umberto Eco ) certamente la sua inquietante premessa. La lega e il suo capo sono non una degenerazione, ma l’opposto della destra ‘tout court’: quella rigorosamente istituzionale e legata al principio di autorità, che non merita proprio di essere loro assimilata.
La Lega di Salvini corrisponde – piuttosto – a quello che Togliatti chiamava ‘il partito reazionario di massa’, del tutto privo del concetto di ‘Stato di diritto’, cinicamente camaleontico, dotato di un’ideologia più che labile e di una mancanza programmatica di programmi, compensati da un uso più furbesco e spregiudicato che intelligente dei mezzi di comunicazione di massa. Salvini e il suo partito non si muovono più ‘contro’ lo Stato e le sue istituzioni , ma lo utilizzano nella logica – tipicamente fascista – del doppio binario. Da un lato le istituzioni, blandamente rispettate nella forma ( ma sempre meno rispettate nei fatti ), dall’altro le forze politiche reali, incentrate sul partito e le sue organizzazioni: è quello che Calamandrei – riferendosi al regime fascista – descriveva come ‘regime a doppio fondo’ o ‘regime dell’illegalismo legale’.
Anche la Costituzione viene piegata a questa logica perversa: violata nello stesso momento in cui si afferma di volerla rispettare. Non c’è bisogno di grandi trasformazioni istituzionali: tutto nell’apparato statale può restare come prima, anche se completamente asservito alle esigenze del partito e del mantenimento del consenso popolare. Sembra che noi,‘Gli italiani’ , ci avviamo – entusiasti oppure rassegnati – a lasciarci prendere in ostaggio da questa prospettiva: poco importa come la si voglia etichettare. Così, mentre scrutiamo con ansia il futuro prossimo, temendo di riconoscervi le familiari fattezze del fascismo storico, quello che corrisponde alla nostra esperienza del fenomeno totalitario, trascuriamo colpevolmente di prepararci a interpretare i segni del nuovo fascismo che incombe.
Perché una cosa è certa: il nuovo fascismo, se verrà, si guarderà bene dal somigliare a quello vecchio e anche troppo noto. Il fascismo ha mille volti, assume sembianze sempre nuove, è un Zelig torvo e perverso : intercetta la modernità e la volge a proprio esclusivo vantaggio. Inutile cercare di leggerne l’avvento attraverso l’esperienza del passato. Storici e sociologi hanno provato a descriverlo una volta per tutte, ma solo la letteratura – come sempre – sembra capace di coglierne la natura, immutabile pur nelle svariate interpretazioni. Solo attraverso la letteratura, forse, è possibile rendersi immuni dal mai debellato virus totalitario componendo un vademecum che serva da antidoto.
Ennio Flaiano ha descritto una volta per tutte i caratteri culturali ed estetici del fascismo nostrano ( la cui estetica svela quasi sempre un’etica di cattivo gusto). Il fascismo, dice, piace agli italiani perché “racchiude le loro aspirazioni, esalta i loro odi, rassicura la loro inferiorità”. E’ “ demagogico ma padronale retorico, xenofobo, odiatore di cultura, spregiatore della libertà e della giustizia, oppressore dei deboli, servo dei forti, sempre pronto a indicare negli ‘altri’ le cause della sua impotenza o sconfitta”. E’ “lirico, gerontofobo, teppista se occorre, stupido sempre ma alacre, plagiatore, manierista”.
Non ama la natura ( la vita di campagna è nella sua memoria la vita dei servi), ma è ‘naturalmente cafone’. Non ha senso dell’arte, non ama la solitudine né rispetta il vicino, venendone ricambiato. Non ama l’amore, ma il possesso. Intimamente crede in Dio, ma da pari a pari. E Carlo Emilio Gadda ( in ‘Eros e Priapo’) si è assunto il compito non solo di comporre la più atroce invettiva contro il Tiranno ormai abbattuto, ma – soprattutto – di diagnosticare spietatamente, la patologia da cui è affetto il Dittatore, il Capo di tutti i tempi, preda di una devastante follia erotico-narcisista.
Anzichè esserne inorridita, la collettività ne rimane ipnotizzata e conquistata ( ‘medusé’, come dicono i francesi: in realtà è solo specchiandosi coraggiosamente nel volto di Medusa, nel volto eterno del fascismo, che si riesce – come Perseo – a decapitarlo). Lui, il Capo, è sempre il folle narcisista , in cui erotismo e sindrome dissociativa – con l’aggiunta di una “indecifrabile bischeraggine” – si mescolano in un cocktail micidiale per la libertà di un popolo. Il Capo è incapace di conoscere gli altri, in cui non vede riflessa che la propria immagine. Le sue amicizie e frequentazioni sono solo “… citrulli insipidi e ossequenti”. Altro carattere del Capo fascista è la tendenza a innalzarsi “…in forma scenica e talora delittuosa, senza discriminazione etica”.
La menzogna narcisista è la nota dominante, avvicinabile spesso alla menzogna isterica. Il suo carattere è inesorabilmente asseverativo: quel che dice è così vero da potersi permettere l’immediata e totale smentita. Il Capo non si preoccupa del contenuto delle sue idee. Da pazzo narcisista quale è, rifiuta di scegliere tra un’affermazione e il suo contrario.Trova offensivo il dover rinunciare a qualcosa, la contraddizione conferma il tracotante potere di cui si è investito. Questo tipo ‘ideale’ di capo segnala l’avvento del fascismo, di un qualunque fascismo ‘qualunquista’, all’insegna della fascinazione che milioni di persone, uomini e donne, sono ben disposti a subire. In questa disposizione a subire è il carattere più pericoloso e insieme più vergognoso del fascismo. Nel suo esigerci – e spesso trovarci – nella veste di disponibili, volenterosi complici.
Pasolini, nel recensire il romanzo “Neve sottile” del giapponese Tanizaki, descriveva la condizione delle sorelle Makioka , la loro docile sottomissione al potere, e manifestava il proprio disgusto, non tanto per quella condizione, ma per il fatto di trovarsi – lui stesso – costretto a esserne partecipe : come lettore ma anche come membro a sua volta di una famiglia e una società piccolo borghesi, intimamente di destra, turpemente conviventi col virus fascista. Quella vita, quell’accettazione passiva del migliore dei mondi possibili, ricordavano a Pasolini l’isola di Circe. Anche lui si sentiva trasformato in porco, vivendo mansueto un’esistenza in cui non c’era soluzione di continuità tra le vicende intime e quelle pubbliche. E’ proprio questo ‘appartenere alla destra’, nel senso di esserne preda consenziente , il pericolo maggiore: a quella destra che Pasolini si illudeva fosse scomparsa in Occidente, quella destra che si identifica – come il suo Capo – con tutta la realtà, senza lasciare spazi a ciò che si ostina a dichiararsi e voler essere diverso. Oggi tornano a regnare smemoratezza ed oblio , con la connivenza dei docili abitanti dell’isola ( o penisola ?) di Circe. E’ una fascinazione, concludeva Pasolini, che umilia chi prova la ‘turpe felicità della vittima’. Eppure, aggiungeva, è solo dal saper guardare coraggiosamente in viso la Medusa, rispecchiandovisi, che può nascere un progetto di liberazione e – forse – la liberazione stessa. Il fascismo è quasi sempre una perversione della modernità. La intercetta, interpreta e distorce a proprio esclusivo vantaggio. Se il post-moderno sembrava avere superato questa degenerazione, oggi sembra che ci si trovi ancora una volta sulla soglia di un nuovo fascismo, questa volta targato IT ( nel senso di Information Technology, naturalmente ).