
Sinistra azzerata dopo la catastrofe. Deve tornare all'inizio, all'Unità d'Italia (foto d'archivio Ansa)

ROMA – La sinistra, quel che ne resta, giace tramortita dopo la catastrofe. Politica degli slogan e delle formule agitatorie, oggi esasperata nel modello ‘massmediologico’ ( il messaggio non è solo il mezzo ma è il contenuto, lo esaurisce, se lo divora tutto) [App di Blitzquotidiano, gratis, clicca qui,- Ladyblitz clicca qui –Cronaca Oggi, App on Google Play].
Oggi modo per tenere le nuove ‘masse’ lontane dalla politica, incantate nello sterminato outlet consumistico. Se un vantaggio c’è nelle catastrofi, è quello di poter ripensare l’inizio. Cominciare da capo. Nel momento in cui si preannunzia la ‘finis Italiae’, tornare alle origini dell’Unità.
Opera di una borghesia non ancora sviluppata in senso moderno. L’unità politica è stata pensata come il solo modo per assicurare lo sviluppo del capitalismo italiano e risolvere i problemi dell’arretratezza. Ma la borghesia non fu all’altezza di questo obiettivo, né poteva esserlo. Mancanza delle necessarie premesse ( spirito imprenditoriale,sistema creditizio ecc.).
Ricerca della soluzione più facile alla questione dell’unità nazionale: dominio sull’apparato statale, asservimento del potere pubblico a interessi privati. Con,in più, i privilegi assicurati alla burocrazia e ai faccendieri.
Salto senza mediazioni dal mondo pre-capitalistico all’unità ( patente sovrana e concessioni si identificano : questa identificazione continua sino ai nostri giorni). In più, i costi dell’aspirazione a presentarsi come grande potenza europea e mondiale (che rifletteva il sogno piccolo borghese).
Così non vennero affrontati i problemi di un autentico sviluppo economico, che richiedeva in particolare l’educazione delle masse che le avrebbe rese meno ubbidienti e pazienti.
Conseguenza che dura sino a oggi: paralisi o grande rallentamento dello sviluppo non solo economico ma anche democratico. Niente davvero cambiato. Solo un relativo allargamento della cerchia dei privilegiati.sempre il privilegio alla base della nostra società.
Il regime di monopolio associato al controllo delle leve dei poteri pubblici e all’arretratezza del Sud, ma non solo.
In più, una indiretta partecipazione alla prosperità europea alla fine del secolo ( emigrazione ecc.).
Risultato: l’ideale politico unità si tradusse paradossalmente nella realtà economica delle due Italie.
La prima guerra mondiale accentua questi fenomeni.
Il primo dopoguerra: equilibrio in crisi, crescita delle masse popolari, paura della borghesia. Conquista totalitaria del potere, fascismo..
Il fascismo non (come diceva Croce) una semplice parentesi nello sviluppo democratico, ma una naturale prosecuzione della situazione che lo impediva e impedisce.
Mancanza di un forte partito di opposizione (Mack Smith).
Arretratezza strutturale del paese (mancanza di un vero mercato interno, situazioni di monopolio assistito dallo Stato).
Fallimento dell’antifascismo dopo la II guerra mondiale. L’illusione costituzionale.
Ricorso alle formule agitatorie, mentre – al riparo di qualche formula democratica – si ricostituiva il gioco delle forze conservatrici, in una prospettiva clerico-corporativa.
La democrazia Cristiana.
Le tendenze antidemocratiche di fondo della società italiana non erano e non sono cambiate.
Evitare i rischi di una politica di sviluppo economico che portava con sé necessariamente lo sviluppo sociale, l’emancipazione delle nuove masse.
Si è ‘cloroformizzata’ la massa dei cittadini trasformandola il più possibile in ‘massa’ di consumatori, avvolti in un benessere subalterno e precario.
Sviluppo democratico paralizzato da allora. Il mito del partito di governo insostituibile garante dello status quo.
La lezione della legge elettorale maggioritaria, la tentazione totalitaria sempre presente.
Solo rimedio: superare la situazione di arretratezza della vita economica, superare soprattutto la separazione delle due Italie, mentre oggi si va esattamente nella direzione opposta attraverso lo slogan federalista o addirittura secessionista.
Convivono Italia europea e Italia semi africana, non solo in senso territoriale, ma in senso economico, politico, sociale, culturale.
Rovesciare la politica. Niente formule ambigue né vago riformismo sociale, di cui neppure il conservatorismo più bieco può oggi fare a meno.
Quale intervento pubblico nell’economia? Non abbandonare il paese alle ‘tendenze spontanee dell’economia capitalistica’, che lo farebbero vegetare nel sottosviluppo mascherato da – calante, subalterno, precario – benessere.
Politica di investimenti, politica dei prezzi, che sfuggano al controllo dei grandi monopoli.
Spezzare il circolo vizioso arretratezza-monopoli.
La logica del sistema non tende spontaneamente verso un progresso democratico. Le forme monopolistiche si sono imposte prima che potessero svilupparsi le basi per una convivenza democratica.
Accavallamento di situazioni storiche incompatibili, polarizzazione delle spinte progressive e di quelle reazionarie.
Capitalismo abbastanza forte da non lasciarsi rovesciare, ma non abbastanza forte per reggersi democraticamente
Il capitalismo italiano e il sistema politico che esso ha creato sono in se stessi fondamentalmente antidemocratici.
Il ruolo del Vaticano:
la tentazione teocratica sempre immanente alla chiesa;
la paura del liberalismo e del ‘relativismo’
l’essere in Italia la sede del Vaticano.
La chiesa non rinuncerà mai da sola alla pretesa confessionale e teocratica (Democrazia Cristiana).
Il ceto medio italiano non solo come nucleo essenziale della DC, ma anche del complessivo disegno in atto nel paese.
Categoria espressiva al massimo grado degli squilibri dello sviluppo. Non adeguata promozione sociale, né conservazione dello ‘status’ conquistato.
Adesione dei ceti medi al fascismo. Oggi all’assalto dello Stato sotto le insegne clericali e del sottogoverno. Il Vaticano fa da mediatore spiritual-economico, come centro della cristianità e grande holding finanziaria legata ai principali gruppi italiani.
Mutamenti interni al ceto medio, le cui nuove caratteristiche incoraggiano, più che non contrastino, la tendenza ad appiattirsi sulla situazione di blocco antidemocratico. Il nuovo ceto medio pensa in termini di stabilità sociale ( oggi ‘sicurezza’), più che di indipendenza e libertà individuale, di tecnica più che di politica, di organizzazione e gerarchia più che di democrazia.
Non ha senso collaborare con la maggioranza che garantisce il perpetuarsi di questa situazione. Un mero neo-giolittismo che lascerebbe sopravvivere le due Italie.
Necessario creare uno schieramento alternativo ma realmente oppositivo, capace di opposizione non solo democratica ma verso la democrazia, rimasta incompiuta.
Paesi di solida democrazia/ Paesi arretrati.
Politica delle due Italie come politica del massimo dei privilegi e delle distanze economiche e sociali, attraverso la concessione di limitate forme di partecipazione al privilegio, secondo politiche elettoralistiche e contingenti.
Manca un programma organico nella politica della sinistra italiana. Con esiti conservatori.
Circolo vizioso?
Occorre disporre del potere politico.
Ma l’Italia è, per quanto imperfetta e bloccata, pur sempre una democrazia.
Non solo alleanze tra partiti, ma sviluppo della coscienza democratica delle masse attraverso lotta PAZIENTE.
Occorre un’opposizione che è sempre mancata al sistema democratico italiano.
La sinistra si è sfiancata nella rincorsa al consenso, rinunciando al ruolo di agente fondamentale del processo democratico, per accodarsi alla massa media-mediatizzata, dominata dagli interessi della ‘nuova conservazione’ impersonati da B. e dai neo-fascisti. Il target è diventato l’agente passivo di una impossibile trasformazione.