ROMA- Attenzione, nelle prossime righe si va a commettere “sacrilegio”: per un solo momento, per una piccola e momentanea circostanza, limitatamente ad un solo episodio, senza che questo voglia dir nulla di particolarmente rilevante, senza che la goccia che va contro corrente inverta neanche un po’ il corso del fiume, non si parla male di un politico. Anzi si sottolinea, si si sottolinea ed è qui il “sacrilegio”, il gesto corretto di un politico. Increduli, diffidenti? Fate bene, ma con i fatti più di tanto non si può polemizzare: “In cima al Palazzo di Montecitorio, nella magnifica altana dalle cui vetrate si gode una vista choc sul Quirinale e la cupola di San Pietro, i collaboratori di Pierferdinando Casini stanno riempiendo a razzo gli scatoloni…”.
E’ la cronaca de La Stampa, ma identica cronaca si trova su tutti i giornali ed è, incredibile ma vero, la cronaca dei fatti: Casini fa gli “scatoloni”, sgombra gli uffici che occupava come ex presidente della Camera. E lo fa in fretta, subito, senza che nessuno glielo imponga. Sì, certo, Casini proprio lui in persona non resta senza uffici, altri gli spettano come leader dell’Udc. Sì, certo Casini sgombra e trasloca per mettersi al riparo dal “fall-out”, dalla ricaduta radiottiva in termini di immagine dell’errore fatto dai Questori della Camera e più o meno avallato dal presidente Gianfranco Fini. L’errore è stato quello di decidere di togliere agli ex presidenti della Camera i benefit, uffici compresi, nella comprensibile “rateizzazione” di soli dieci anni per farlo davvero. Una follia comunicativa, un pazzesco istinto di “casta”: tentar di vendere come l’abolizione di un privilegio la sua riconferma di fatto per dieci anni. Proroga concessa appunto dalla Camera a Casini, Fausto Bertinotti e Luciano Violante. Sì, certo, tutto vero, ma Casini è stato svelto e pronto: mentre gli altri due tentennavano, l’uno “rimettendosi alle Istituzioni”, l’altro “non arruolandosi nell’ipocrisia”, Casini ha fatto gli scatoloni. Gesto astuto, gesto senza gran danno per chi lo fa? Comunque gesto corretto e inusuale, tanto di cappello a Casini.
Gli scatoloni di Casini hanno poi avuto la fortuna di arrivare lo stesso giorno della Porsche di Calearo. Calearo Massimo, passato dalla “destra” confindustriale, era detto “falco di Federmeccanica”, al Pd di Walter Veltroni che lo volle candidato e deputato come prova vivente che il Pd non era più “trinariciuto”. E poi passato dal Pd di Veltroni all’Api di Francesco Rutelli e poi passato da Rutelli ai “Responsabili” di Domenico Scilipoti. Ma non è il passato di Calearo che appare sui giornali in contemporanea con gli scatoloni di Casini, è il suo presente. La Porsche con targa slovacca “perchè lì ho un’attività e poi lì si scaricano le spese dell’auto”. Il fastidio di Calearo per “i politici fannulloni che mantengo” e il rifiuto di prendere in esame anche l’idea di dimettersi da quella Camera che trova inutile e infrequentabile, infatti si delizia di far sapere che ci è andato solo tre volte dall’inizio dell’anno, “perché con lo stipendio da parlamentare ci pago il mutuo e sono 10mila al mese e non 12 mila”. Alla faccia del mutuo, 10mila al mese e cosa si è comparto Calearo?
La Porsche con targa slovacca e il mutuo da 10mila al mese pagato con i soldi portati a casa facendosi eleggere in un ruolo e in un luogo che considera inutile. Massimo Calearo…un uomo con una sola attenuante: Giuseppe Cruciani. Questi è il conduttore de La Zanzara, trasmissione quotidiana di Radio 24, trasmissione di crescente successo. Cruciani lavora di ingegno e di impegno a quotidianamente convocare in trasmissione tutti i possibili e potenziali “mostri” del costume italico e a farli risultare come tali: Borghezio, Scilipoti….Cruciani ha grande successo in questo suo ruolo di “Ferrara dei piccoli”, allestisce una quotidiana mostra del grottesco, ne fa spettacolo radiofonico e lo traveste da informazione. Cruciani è la piccola attenuante di Calearo, piccola perché chi “va per i mari” di Cruciani  dovrebbe sapere che “pesci piglia”. Calearo e la sua Porsche con targa slovacca, il suo mutuo, nello stesso giorno in cui Casini fa gli scatoloni: proprio tutti uguali almeno in un giorno, in quel giorno, non sono.