ROMA – All’argomento per cui ad assediare Equitalia sia non solo la vasta e ferita tribù dei tartassati ma anche quella ancora più numerosa dei barbari (letteralmente non cittadini) che le tasse giudicano loro naturale diritto e acquisita abitudine non pagarle, un gentile e drastico lettore ha replicato con un secco messaggio: “Comunista!” Chissà come avrà quel lettore giudicato gli 80 ispettori delle Agenzia delle Entrate in missione di Capodanno a Cortina: “guardie rosse della Cina di Mao”? Più che i sicuri “furbetti” e i probabili evasori, della vicenda di Cortina impressiona il numero e la qualità delle code di paglia. Dipende da come si guarda il mondo e da come al mondo si sta: in alcuni, tanti, paesi del mondo quando arrivano quelli che fanno pagare le tasse a chi non le paga i cittadini pensano “arrivano i nostri”. In questa parte del mondo alcuni, tanti, pensano invece siano arrivati i “loro”. Dipende infatti da chi sono “i nostri”. E la rigogliosa fioritura di code di paglia innalzate che neanche un pavone in amore intorno alla storia di Cortina mostra che per alcuni italiani, tanti, i “nostri” sono quelli che non pagano.
Quelli che non pagano le tasse non una volta per distrazione, errore, buona fede. E neanche quelli che talvolta non pagano, o almeno non pagano tutto, perché in difficoltà a pagare. No, “i nostri”, quelli “turbati e messi nel panico a Cortina” dagli ispettori del fisco (parole del sindaco e del responsabile del turismo locale) sono quelli che non pagano con metodo, convinzione, per regola, programma, scienza e coscienza. Quelli che non pagano perché “fesso chi paga”. Quelli che sono diventati ricchi anche se non soprattutto non pagando mai. Conviene ricordare ciò che si è trovato a Cortina: bar, ristoranti, alberghi, gioiellerie, boutique e saloni di bellezza che quel fatidico giorno, visto che c’erano gli ispettori, hanno emesso scontrini quattro volte di più di quanto non avessero fatto lo stesso giorno del 2010 e il doppio di quanto non avessero fatto il giorno prima. Vuol dire che di norma, abitudine, di “diritto” nascondono al fisco tra il 50 e il 75 per cento di quanto incassano nei giorni normali, quelli senza ispettori, quelli in cui “non sono nel panico”.
E sono state trovate 42 automobili da 80/100 mila euro ciascuna intestate a proprietari che dichiarano meno di 30mila euro lordi l’anno di reddito, neanche duemila netti al mese. E 119 altre auto di analogo alto costo intestate a società che in buona parte si dichiarano al fisco “in perdita”. Cioè non solo non pagano, ma dal monte tasse che pagano gli altri incassano. Turbato, gettato nel panico anche quel commerciante che aveva in negozio un milione e seicentomila di valori senza un solo documento fiscale. Questo è stato trovato in 35 ispezioni a caso su mille esercizi, su mille operatori commerciali. Fate le proporzioni e avrete la consistenza dei furbetti, un tutto esaurito.
E non è vero che tutto il mondo è paese: in tutto il mondo c’è chi evade le tasse. Ma solo in questo paese, e guarda caso anche in Grecia, i potenziali e possibili evasori sono coperti, assistiti, compresi dalle istituzioni. Quelle locali che protestano contro l’invasione degli ispettori, quelle nazionali, politici in testa, che ammoniscono a non turbare, perfino un responsabile territoriale della Guardia di Finanza che ha giudicato eccessiva e fuori tempo e luogo la missione degli ispettori. Una muraglia di code di paglia a protezione e conforto degli sterminatori di scontrini e dei digiunatori che non mangiano mai per pagarsi l’auto con i loro risicati redditi. Tutto esaurito anche delle code di paglia, code di paglia, s’intende, “anticomuniste”.