Crisi di unità nazionale anti Europa, ma c’è l’avvoltoio governo tecnico

Berlusconi con Trichet, Juncker, Merkel, Sarkozy, Barroso... (Lapresse)

ROMA – Che tentazione questa crisi, ghiotta e succosa che se la addenti subito gusti l’aroma del grande e trasversale alibi nazionale. Che tentazione farla ora la crisi di governo, tuffarcisi dentro. Tuffarcisi tutti, maggioranza e opposizione, destra e sinistra e anche la gente che di politica non sa e non vuol più saperne. Sarebbe una crisi perfetta e comoda, comoda proprio per tutti perché nella crisi c’è un posto comodo proprio per tutti.

Se non fosse per “l’avvoltoio”, quell’avvoltoio del governo tecnico che può calare a beccare le spoglie, il cadavere del governo Berlusconi. Per fare la crisi ora e subito purtroppo c’è un ma e anche un se: il governo tecnico e di responsabilità. Passi e non tanto la prima qualifica, ma di responsabilità proprio no, questo sarebbe proprio un bel guaio. Guaio aiutato dal calendario: se il governo va in crisi a fine di ottobre allora è difficile tuffarsi in elezioni anticipate a dicembre/gennaio.

C’è invece il tempo, lo spazio, quasi l’obbligo di un governo tecnico e di responsabilità che faccia quel che nessuna alleanza politica vuol fare. C’è il tempo, lo spazio, quasi l’obbligo di darsi un governo che provi a salvare il bilancio e non il risultato elettorale. Invece, se si fa la crisi a gennaio/febbraio, quel tempo perché cali l’avvoltoio non c’è e si può andare tranquilli ad elezioni anticipate a maggio, pensando a vincerle e del resto, debito, Europa, Pil e via cantando, chi se ne frega. O meglio, ci si pensa dopo, ciascuno con i suoi voti già presi in tasca.

Non ci fosse l’avvoltoio a roteare… Sarebbe una crisi perfetta, quasi da unità nazionale. Da affrontare, da calarcisi dentro dichiarando una guerra, di parole s’intende, all’Europa e alle sue “inique sanzioni”. Contro l’unno e il gallo che ridono di noi e vogliono comandare in casa nostra e toglierci il sacrosanto diritto di andare in pensione a 58 anni, al massimo 60. Contro questa Europa fattasi intollerabile perché non tollera le nostre “sensibilità e tradizioni sociali” come recita il comunicato ufficiale del governo italiano.

Sì, va bene: Napolitano ricorda che “con grandi vantaggi abbiamo da 60 anni deciso di cedere una parte della sovranità come hanno fatto gli altri partner europei”… Sì, ma ghiotta e tonda è l’occasione di una crisi contro l’Europa che si fa i fatti nostri. Si possono finalmente unire in questa campagna, marciando magari divisi ma colpendo insieme, gli allevatori evasori delle multe europee sulle quote latte e la Fiom in piazza contro la “Bce dei padroni”. La Lega che da sempre non sopporta l’Europa e la Cgil, Camusso e Borghezio… Eccola l’unità nazionale: da Umberto Bossi che dice: “Draghi fucila Berlusconi” a L’Infedele di Gad Lerner che mette nello spot de La7 “Il dottor Draghi e le sue medicine amare che il paziente (italiano) non vuol prendere”.

Il “paziente italiano”, tutti i pazienti italiani renitenti alla cura e alla medicina: i “Ribelli del Sud” di Micciché e i No Tav, gli indignati precari e i pensionandi garantiti che dovrebbero avere interessi contrapposti ma che in una bella crisi sotto il segno di “vade retro Europa” possono trovarsi gli uni al fianco degli altri. I tassati, i tassandi e i tassisti. E gli avvocati e i medici. E i sindaci, i Governatori e i presidenti di Province e i membri dei Cda delle aziende pubbliche e gli elettori dei referendum contro ogni privatizzazione. Al grido di “Francia e Germania, giù le mani dall’Italia” ci può fare campagna elettorale, ciascuno a suo modo per carità, sia Bossi che Vendola, sia Berlusconi che Bersani. Via le patatine fritte francesi e la birra tedesca oltre al kebab… Riprendiamoci la libertà nazionale e la nostra identità minacciata.

E se dovessimo poi riprenderci anche la lira e quindi l’inflazione al 20 per cento e la svalutazione del 50 per cento del valore del nostro patrimonio e risparmio? Ma no, non lo faranno, mica davvero ci levano la protezione, non comprano più il nostro debito, ci levano la garanzia sui nostri titoli. Vedrai che se noi spariamo cannonate di parole e gonfiamo il petto quelli mica rispondono al fuoco e sparano sul serio. Sarebbe da parte loro crudeltà e cattiveria, noi italiani vorremmo una bella guerra, ma a salve, gratis e senza che l’Europa reagisca.

Siamo noi che reagiamo con orgoglio ferito, previa assicurazione che non si fa sul serio. Altrimenti dovremmo andare avanti con i nostri “surrogati”, non del caffè. Surrogati dell’industria chimica che non abbiamo e di quella delle biotecnologie che non abbiamo e di quella elettronica e informatica che non abbiamo. Però potremmo mettere la tassa sul sole, sulle vacanze di questi europei algidi e bianchi di pelle che vengono in Italia ad abbronzarsi. Pronti a levare gli scudi contro l’Europa, con la garanzia scritta che non ci invitino a togliere il disturbo.

Altrimenti potremmo federarci con la Grecia, la Libia è al momento impraticabile e forse non disponibile mentre la Spagna è troppo “nordica” infatti lì la destra e la sinistra, poveretti e meschini gli spagnoli, assicurano che chiunque vinca le elezioni obbediranno niente meno all’Europa, come fosse nel loro interesse. Di questo peccato stanno peccando anche i portoghesi e perfino i polacchi.

Sfidiamo l’Europa e facciamoci sopra una comoda crisi e una bella campagna elettorale, generale Maroni si è già candidato. All’Europa può cantarle chiare Berlusconi da imprenditore, “il migliore del mondo”. E Bossi che difende la patria padana. E Bersani che difende la spesa pubblica dai tecnocrati senza anima e cuore e Vendola che difende contro l’Europa dei banchieri. Vedrai che viene pure Grillo. Buttiamola in caciara, in tribuna, in corner, in comizio, in fanfara. Avvolgiamoci  ciascuno nel suo pezzo di tricolore: bianco come l’economia finta che abbiamo perché quella vera è nera, rosso come il nostro bilancio e debito, verde come le vecchie e care cinquemila lire.

I greci truccavano i conti e lo sapevano, noi italiani “rovesciamo il tavolo” come titola il meglio tg, quello di Enrico Mentana. Rovesciamo il tavolo perché non abbiamo più carte per giocare e la partita proprio non ci piace. Rovesciamo il tavolo e lanciamo il fumogeno di una bella crisi con annesse elezioni. Il fumogeno ci impedirà di pagare nuove tasse, di decidere a chi farle pagare, do dover scegliere se destinare i soldi della nuove tasse alla spesa pubblica di sempre o al lavoro e all’impresa martoriati dalle tasse. Ci impedirà di andare in pensione a 65 anni senza lo sconto della anzianità. Ci impedirà di dover rinunciare agli ordini professionali e al bancomat di pubblico denaro gestito dalle pubbliche aziende. Ci impedirà di dover far finta di combattere l’evasione fiscale facendo nascere il redditometro già ucciso in culla dal condono. Un bel fumogeno dentro il quale tutti potremmo nasconderci, accomodarci, continuare, resistere. Un bel fumogeno contro l’Europa.

Peccato ci sia l’avvoltoio che rotea, il governo tecnico. Ma forse possiamo sparargli mentre volteggia, forse ce la possiamo fare a non rispondere all’Europa almeno fino all’estate prossima. Se ce la facciamo, allora l’Europa avrà finalmente un grosso incentivo. Incentivo a prenderci sul serio e a ritirarsi al Nord delle Alpi, a farsi una “Europa del Nord” e a lasciarci, costi quel che le costi, alla Federazione con la Grecia.

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Mino Fuccillo