ROMA – “Ma che? Ce volete rovinà!?”. Sussurrata con un sorriso, sibilata con un ghigno, mascherata dietro un paradosso, la frase/avvertimento non la senti nei corridoi del Palazzo della Regione Lazio. Te la servono al ristorante quando ti individuano come giornalista. Preoccupati dallo “scandalo” i ristoratori, dal vedere i loro nomi associati in fattura e ricevuta alle cene e alle feste da migliaia di euro che i “regionali”, consiglieri e assessori, allestivano? Non sarebbe almeno per loro “scandalo”: a travestire da attività politica e da “rapporto con l’elettore” un po’ di crapula e un po’ di svago in costume erano i politici, insomma i clienti, mica loro. E infatti non sono preoccupati dallo scandalo che non c’è, sono in ansia per il conto, quello che i politici pagavano, che può rallentare, dimagrire, perfino sparire.
Mica solo la mamma di Franco Fiorito piange mentre racconta al cronista che otto case di proprietà sono ovviamente solo il frutto di duro lavoro e sono la normalità di ogni famiglia che risparmia e che il suo figliolone è normale anche lui, che lei gli crede e gli crederà sempre. Cuore di mamma…Ma anche portafoglio di oste: quelli mantengono in piedi un settore e mica una solo. Di questi tempi dove li trovi quelli che organizzano cene più o meno eleganti e affittano sale di albergo e muovono taxi e bus per migliaia e migliaia di euro a botta? Attenti ragazzi, fino a che è uno, va bene. Ma non blocchiamo l’economia: se la Regione smette di spendere, anche in pranzi e cene…”Ma che? Ce volete rovinà!?”.
Le mamme forse no, ma i ristoranti possono stare abbastanza tranquilli: alla Regione Lazio hanno indossato tutti il saio del penitente, quello però dell’Ordine degli Impuniti. Mario Abbruzzese, quello delle due auto blu, il presidente del Consiglio Regionale che nulla vedeva, sentiva e sapeva dei milioni di euro che i gruppi consiliari si mangiavano, resta al suo posto. E al suo posto resta anche Batman Franco Fiorito, quello della “vacanzona in Sardegna, sì con i soldi pubblici perché la campagna elettorale mi aveva depresso”. Era niente meno che capogruppo del Pdl, si è “autosospeso”, il che non vuol dire nulla. Infatti se vuole vota in consiglio e lo stipendio da consigliere continua a correre. Al suo posto anche Francesco Battistoni, il successore di Fiorito. Tra i due è in corso una simpatica gara a chi fornisce più “pezze d’appoggio” per dimostrare che l’altro è ladro.
Proprio con questi tre non andrebbe del tutto mischiata la consigliera Pdl Chiara Colosimo, però…Ha detto che li conosceva appena, come conosceva appena il suo capogruppo? Ma la migliore è stata quando in aula ha annunciato orgogliosa: “Voltiamo pagina, ci doteremo di un commercialista”. Evidentemente prima del volta pagina per prendere i soldi del Pdl, anzi pubblici, anzi nostri che si faceva? Si apriva un cassetto e si pescava e quanto viene viene? Resta ovviamente al suo posto anche la Colosimo. Non che sia colpevole di nulla, ma una così “ingenua” si è proprio sicuri che il suo posto sia quello di governare qualcuno e qualcosa?
A proposito, la “Governatrice”. A mezzogiorno del terzo giorno da quando ha detto o si cambia o si muore Renata Polverini viene data in voglia e tentazione di dimettersi, addirittura starebbe cercando il ministro cancellieri per sapere in quel caso quando si andrebbe votare di nuovo per la Regione Lazio e chi comanda nel frattempo. In effetti gli assessori esterni con vitalizio, i 79 consiglieri “graduati” su settanta, più le poltrone che i sederi, le consulenze, i monogruppi, le commissioni e i 115 milioni che costa al cittadino al Regione Lazio, tutto questo è difficile pensare posa essere accaduto a sua insaputa. Ma stiano tranquilli i ristoratori, l’Ordine degli Impuniti sa come fare, lentamente, senza strappi. E poi si passerebbe dai normali “rapporti con gli elettori” pagati con i soldi dei gruppi consiliari a una bella campagna elettorale finanziata con i relativi “rimborsi”. Tranquilli, i conti tornerebbero a correre e aumenterebbero pure.
L’Ordine degli Impuniti, quando va male e il demone dell’invidia si impossessa del popolino, allora, qualche volta, ha bisogno di rifugi sicuri, sicuri per l’anima e per il corpo. Luigi Lusi è da poche ore in convento, pere l’esattezza nel Monastero della Madonna dei Bisognosi. La realtà supera la fantasia, anche nel nome del monastero. Nella casa intitolata alla Madonna dei Bisognosi, la suddetta Maria, se getta uno sguardo, potrà vedere l’ex tesoriere della cattolicissima Margherita, quello che ha messo in tasca venti e passa milioni di soldi pubblici, intrecciare “corone e rosari”. “E’ un figlio di Dio” dice chi lo ha accolto. E vedrete che tra un po’, solo un po’ anche Luigi Lusi, per un po’ chiamato fra’ Lusi, verrà perdonato. Siamo infatti un paese di cattolici, mamme, ristoratori, assessori e consiglieri.
La storia edificante di Lusi che intreccia rosari ci riporta dalla Regione alla nazione, dalle sede della Pisana a quella di Montecitorio. Qui discutono di chi debba controllare come i gruppi parlamentari spendono quella settantina di milioni l’anno che sono la faccia nascosta del finanziamento pubblico ai partiti. Controllo interno, esterno? Facciamo a fidarci? Il controllo andrebbe messo su Marte, il più lontano possibile. Ma in fondo ha ragione Ugo Sposetti, l’uomo delle finanze del Pci e poi dei Ds: “Se uno vuole rubare, ruba. Non è coi controlli che risolvi”. Giusto Sposetti: non è questione di controllo, è questione di soldi.
I politici, nazionali, regionali, provinciali, locali intermediano e gestiscono una quantità abnorme di soldi, a prescindere da quelli che eventualmente e illegalmente si mettono in tasca. Fossero anche tutti di partenza onestissimi, poter e dover di fatto distribuire ogni anno il 52 per cento della ricchezza nazionale, quindi del reddito nazionale, se non corromperebbe, guasterebbe certo perfino la triade Gesù, Bhudda e Maometto (si può dire Maometto?). Più che controllare il ceto politico, va tolta dalle sue mani almeno una buona parte di quella spesa pubblica che è appunto il 52 per cento del Pil nazionale.
Che vuol dire? Vuole dire che oggi c’è un consigliere/assessore regionale che incassa ogni mese 13/15 euro netti e che nomina un amministratore o un dirigente di un’azienda pubblica di servizi che porta a casa a fine mese 13/15 euro netti. Si capiscono, fanno parte della stessa famiglia sociale, dipendono l’uno dall’altro. La loro missione è spendere, non funzionare, magari diventare tre e non due e poi cento, mille e diecimila. E’ quello che hanno fatto e sono diventati centinaia di migliaia. Sono tutti “pubblici”, che vuoi di più? Voglio il contrario, qui e ora in Italia voglio un’azienda privata di servizio controllata da un cagnaccio di funzionario pubblico o pubblico eletto che guadagna cinquemila al mese e morde i polpacci al privato se non è regolare, efficiente ed economico.
Pensiero questo un po’ “grillino”? Non credo, i 5Stelle hanno in dispetto e in diffida le aziende, specie se grandi, il mercato, specie se funziona, e il potere, specie se utile. Pensiero alla Di Pietro? No, la formula di Di Pietro è mettere in galera tutti, infornata dopo l’altra: oltre al costo delle spreco e corruzione, anche quello delle inevitabili nuove carceri. Pensiero alla Renzi? Forse, chissà? Sono trenta anni almeno che si aspetta che la sinistra si riprenda dallo choc del fallimento rovinoso della costruzione di un mondo nuovo. Non si è ancora ripresa, anzi ha elaborato, almeno in Italia, la sconfitta del comunismo, del mondo nuovo sognato, come difesa strenua del mondo vecchio, quello che c’era prima.
Non che vecchio e nuovo coincidano con cattivo e buono, per carità. Ma in quello in cui oggi la sinistra si identifica e strenuamente difende c’è purtroppo anche questo ruolo di finanziamento generale del paese da parte della politica e per mano della politica. E questa, vecchia o nuova che sia, è pessima cosa. Non è dato sapere se Renzi, a suo tempo ci provò Veltroni, saprà e vorrà dimettere per il bene del paese questo ruolo improprio e nefasto e infine corruttivo della politica. Anzi si può dubitare che al dunque, se mai Renzi arrivasse ad un dunque. Ma una cosa è certa: se non si leva dalle mani della politica, anche quella onesta, anche quella futura, la metà del reddito annuale dell’Italia, allora l’Ordine degli Impuniti, sorretto dalla congregazione della mamme, dagli oranti dei ristoranti, dai fratelli laici dei costruttori, dalla confraternita dei tassisti e degli avvocati e via processionando, magari si farà qualche giorno di convento, ma resterà forte, saldo e sovrano sulla sua montagna di soldi, pubblici.