ROMA – Raccontano, racconta chi l’ha ricevuta, di una, dieci, cento telefonate di Michela Vittoria Brambilla alle direzioni di tutti i giornali e telegiornali della Repubblica. Oggetto della chiamata: una “sensibilizzazione” della redazione e del notiziario sul carattere artefatto della storia di Caterina Simonsen, la ragazza afflitta da patologie gravi e rare che faceva pubblicamente sapere di essere ancora in vita anche grazie ai risultati e conseguenze della sperimentazione clinico-farmacologica sugli animali. Era già o ancora Natale e la Brambilla telefonava, allertava: guardate, guardate con attenzione, questa storia della Caterina Simonsen è una manovra. Una manovra, manco a dirlo, di…
Già di chi la manovra, la montatura, ma sì diciamolo il complotto da smascherare? La Brambilla al telefono non diceva, lasciava intendere, al buon intenditore al telefono, al buon giornalista poche parole di parlamentare…A colmare la lacuna per chi non avesse inteso ci pensano da settimane e giorni, in piazza e sul web, con manifesti murali e striscioni gli “animalisti militanti”. Spiegano che la manovra-complotto-montatura è degli appassionati della “vivisezione animale”. Questi, mandando avanti strumenti inconsapevoli oppure usando complici consapevoli (insomma quelli alla Caterina) vogliono conservare il diritto e la pratica di squartare e aprire vivi animali. E’ il battaglione di assalto degli animalisti militanti, sono gli “arditi” del movimento: se gentilmente porti loro l’argomento che la vivisezione riguarda e tocca ormai solo il quattro per cento delle cavie animali rispondono irati che è falso. Se li inviti a verificare replicano che comunque la verifica sarebbe un trucco. Se meno gentilmente osservi che loro danno dello “assassino” a chi chi vivisezione non fa, ti sbattono in faccia: “Assassino anche tu”.
Dopo gli “arditi”, dietro gli arditi a sostenerli nei loro assalti c’è l’artiglieria “animalista militante”. Quella che non insiste sulla vivisezione ma proprio sull’idea che l’animale, qualunque animale, non possa e non debba entrare in nessun esperimento clinico-farmacologico e in nessun laboratorio. In nome della inviolabilità di ciascun vivente nessuna specie usi l’altra come oggetto e campo di sperimentazione? Vivente, cioè? Anche le piante? Anche i moscerini? Qualunque definizione-delimitazione del concetto di vivente soffre anch’essa del limite della soggettività di chi la formula. Un assoluto ontologico che caratterizzi il vivente e il non vivente può risiedere solo nel trascendente. Ma questo, nella misura in cui padroneggiano la questione, non spaventa gli “animalisti militanti”. Se mostri e dimostri che la loro è una fede, con tanto di comandamenti e misteri da praticare entrambi ai fini di una etica redenzione, loro ti sorridono contenti e soddisfatti.
E dietro gli arditi, l’artiglieria e la fanteria. In realtà in piazza ogni volta che ci vanno e ci si scusa per il troppo facile ma quasi obbligato gioco di parole sono quattro gatti. Però, complici le tv e i giornali, riesce loro il trucco di far apparire che parlino quasi a nome dei nove milioni e passa di gatti e sette milioni circa di cani che vivono con noi nelle nostre case. Un trucco, un gioco di prestigio imbrogliando con le carte del mazzo. Gli animalisti militanti non si battono perché gli animali da compagnia o anche quelli di allevamento o anche quelli in cattività o anche quelli wild convivano con noi umani assicurando mutualmente la continuazione delle specie. E neanche si battono perché la convivenza sia reciprocamente vantaggiosa. Si battono e si dannano, in quattro gatti moltiplicati col trucco, perché sia riconosciuta una guerra in atto tra uomini e animali e perché gli uomini, fino a oggi vincitori crudeli, si arrendano pentiti e contriti.
E’ una visione penitenzial-monastica, depressivo-patologica. Che pure esiste e ha diritto di cittadinanza. Però corre l’obbligo di segnalare a chi dovesse provar simpatia, empatia e misericordia per gli animalisti militanti (non per gli animali, quella la proviamo e pratichiamo a milioni ogni giorno a partire dalle nostre case) che la medicina, la farmacologia, la ricerca clinica e le bio tecnologie in questo mondo “cattivo” tutte usano la sperimentazione animale. Senza la quale su questo perfido pianeta non c’è quindi medicina, farmacologia, ricerca clinica e bio tecnologia. Tutte le “filiere” mondiali della ricerca e della cura (e dell’impresa, sì certo anche dell’impresa farmacologica e biotecnologica) hanno al loro interno la sperimentazione animale. Occorre quindi far presente che abolendo e vietando la sperimentazione animale (l’Italia politica ne è tentata in quanto fuscello ad ogni refolo d’opinione) l’Italia uscirebbe e rinuncerebbe far parte delle filiere. Chimici, biologi, ricercatori: tutti all’estero dove si potrebbe fare quel che l’Italia vieta.
A ben pensarci però non sarebbe una stramberia, almeno a misurarla con il metro cultural-ideologico del paese. L’Italia pone seri limiti in laboratorio alla fecondazione artificiale. L’Italia vive un radar o un rigassificatore come veleno. Gli Ogm come un Frankenstein, le centrali energetiche, di ogni fonte energetica, come antri del maligno. All’Italia papalina alla Giovanardi-Santanché (quella dei Pontefici fine ottocento e secondo dopoguerra, mancano aggiornamenti figurarsi aggiornarsi a Papa Francesco) la scienza fa sgomento e un po’ di disgusto. All’Italia sanfedista nella versione contemporanea grillina-forconica-leghista (quella del morte ai potenti, evviva il vescovo) la scienza fa orrore e paura. All’Italia di sinistra e progressista (?) la scienza fa schifo se non è pura, purissima, cioè se esiste davvero come scienza.
In questo quadro ci sta, eccome se ci sta l’animalista militante: quello che vuole epurare laboratori e scienziati. Quello soprattutto che se gli dici: tu non vuoi per i tuoi principi curarti la polio con farmaci da sperimentazione animale, fallo, nessuno te lo vieta…Quello impone e ribatte: no, nessuno si deve curare. In un paese dove cosa sia scienza o cura si comincia a decidere a maggioranza, in Parlamento o in piazza la follia è la stessa, in un paese in cui lo scienziato va al “rogo” (la condanna in tribunale è l’equivalente per fortuna incruento) se non prevede i terremoti…s’intravede una somiglianza.
Somiglianza con i cari vecchi tempi di quando scienziati e ricercatori se ne stavano lassù in Olanda, magari in Germania e un po’ in Francia e molto in Inghilterra. Perché qui da noi il popolo, la gente pensava agli scienziati come a stregoni e lo Stato teocratico tracciava limiti e percorsi alla scienza da non oltrepassare mai, qualunque fosse la natura e la realtà delle cose. Sì, insomma è la puntata Medioevo Italia 2014 numero due: la Brambilla telefonava non a nome del piccolo Dudù ma nome e per conto del grande e montante nuovo Medioevo italiano.