ROMA – Non nominare il nome di Saviano invano, giornali e televisioni ormai lo dovrebbero sapere che se non il trascendente”verbo”, almeno l’immanente parola, se non si è proprio incarnata, almeno ha preso fattezze. Ma prima i fatti, come li ha raccontati un perplesso Enrico Mentana nel suo di telegioranle, un Mentana che pure Saviano lo ha in squadra a La7 e che quindi comprensibilmente a fine servizio chiosava: “Non una parola, non una parola di più e di mio”.
I fatti: qualche tempo fa, nella riuscita trasmissione tv “Vieni Via con Me”, Roberto Saviano racconta un fatterello istruttivo: è il 1883, c’è stato il terremoto a Ischia, il terremoto di Casamicciola e Benedetto Croce coinvolto come danneggiato nel disastro offrì una ricompensa, una mancia, insomma centomila lire dell’epoca per essere soccorso. Il racconto doveva essere istruttivo perché a suo modo esemplificava la data antica e l’eterno persistere di una cultura meridionale non tanto corrotta quanto basata su relazioni e rapporti individuali e non su regole collettive. Passa il tempo, passano i mesi e la nipote di Benedetto Croce, Marta Herling, sulle colonne del Corriere del Mezzogiorno, filiazione napoletana del Corriere della Sera, contraddice Saviano. Dice la nipote che questa storia non risulta nella memoria familiare e che quindi le appare non rispondente al vero.
Ora ciascuno può apprezzare l’importanza capitale della questione se Benedetto Croce diede o no una ricca mancia nel 1883, se dopo averlo fatto lo tenne nascosto ai familiari e ai posteri, se se lo dimenticò, oppure se un paio dei contemporanei e testimoni oculari del terremoto di Casamicciola, rimasti comunque anonimi, raccontarono ad altri e poi ad altri e quindi per tradizionale orale il fatto, fattone o fatterello che sia giunse fino ad un giornalista del tempi nostri che lo scrisse e quindi Saviano lo lesse e quindi lo disse in tv. Questione di sommo spessore storico e sociale, spartiacque dell’analisi storiografica e dell’esegesi documentaristica, non priva di influenze e conseguenze sul rapporto tra lo storicismo e l’idealismo tedesco. Insomma,a  saperlo o no di quella mancia, si capisce finalmente quel che Croce pensava di Kant e un po’ si intuisce anche la storia finanziaria della Cassa per il Mezzogiorno e si getta finalmente luce sulla bassa produttività nel Meridione. Insomma la questione poteva essere liquidata con un rispettoso ed equidistante, innocuo per tutti e con tutti gentile: chi se ne frega.
Ma, non nominare il nome di Saviano invano… Di fronte all’ardire di chi contraddiceva il suo dire Roberto Saviano ha pensato e spiegato: “Se si sostiene che sono stato impreciso su Croce allora si può sostenere che io sia impreciso anche su altro…”. Il maligno sospetto di un sia pur contingente errore mina l’affidabilità e questo, si sa, chi è che lo fa? Ma “la macchina del fango”! Che domande. Quindi per difendere il bene prezioso dell’affidabilità della parola, in questo caso la sua, Roberto Saviano ha chiesto per via giudiziaria un risarcimento di 4,7 milioni di euro alla casa editrice del Corriere della Sera.
Soffermiamoci sulla cifra: tale da far licenziare, fosse pagata, mezza redazione e più del Corriere del Mezzogiorno. Effetto collaterale, spiacevole quanto si vuole, soprattutto per chi fa della libertà di parola mai da zittire da parte di nessun potere la sua bandiera e predica. Però Saviano deve aver pensato che quando ci vuole ci vuole e che ogni regola, anche quella della parola che mai si sopprime, deve avere qualche eccezione. E quale migliore e più clamorosa e più giustificata eccezione che la parola di chi ha messo in dubbio la sua parola niente meno che su una cronaca del 1883? Ma la cifra, 4,7 milioni di euro, è in qualche modo anche una autovalutazione di mercato, il tentativo, generoso, di tradurre in moneta spicciola l’infallibilità . Dottrina cattolica vuole che il Papa dei cattolici sia infallibile in materia di fede, quel Papa lì se qualcuno lo contraddice neanche ci prova a quantificare il danno. Il non farlo da parte del Papa dei cattolici è evidente superbia, la traduzione in moneta del danno di contestata infallibilità da parte di Saviano è prova di sollecito dialogar con l’umano.
Non nominare il nome di Saviano invano, a meno che non si tratti di sussurrare, sussurrare per ora, una lista civica da presentare alle prossime elezioni in funzione di…In funzione di un Grillo che lavora sui congiuntivi e non sui “vaffa”, in funzione di un Grillo che seduca e raccolga la parte colta, o che tale si sente, del “grillismo sociale”, però democratico e di sinistra.
Strani fenomeni sotto e sopra il cielo della politica, ormai neanche tanto più strani perché sono ripetuti e costanti. Un discreto scrittore, un ottimo affabulatore, un uomo che tiene con efficacia un monologo tv, un “intrattenitore del serio” che commuove con la storia dell’Eternit, storia raccontata mille volte dalle cronache senza smuovere una lacrima, però se la racconti come favola televisiva gli stessi cigli prima asciutti si inumidiscono, insomma uno bravo come Saviano appare agli altri e fatalmente finisce per apparire anche a se stesso come un gigante, anzi un messia, anzi un angelo mandato in terra a miracol mostrare. Una guida, un Sai Baba, forse tra poco perfino un re Mida alla rovescia che con il suo tocco bonifica niente meno che la politica.
E’ già accaduto con l’ottimo cronista giudiziario Marco Travaglio, con il bravissimo organizzatore, impresario, regista e conduttore di eventi televisivi Michele Santoro. Gente brava nel suo trasfigurata in “Guida” e di cui se ne parli, non male, ma se solo ne parli senza accendere il turibolo dell’incenso, allora è molto peggio di quando “parlavi male di Garibaldi”. Strane cose sotto e sopra il cielo della politica, cose che si spiegano solo con un effetto di prospettiva, insomma delle proporzioni. Se i Saviano, i Santoro, i Travaglio e, mi perdonino tutti reciprocamente per averli accostati, i Feltri e i Belpietro appaiono ai rispettivi e rispettabili pubblici i giganti della verità , dell’etica e della filosofia, è perché la platea che li guarda si è fatta nana, in tema di verità , etica e filosofia.