ROMA – Bocciati di tutte le scuole brindate: per voi è pronto un assegno di cinquemila euro. Paga lo Stato, firma di “traenza” quella del Tar. I fatti, i nudi fatti: nel 2004 uno studente frequenta l’ultima anno del Liceo Artistico Leon Battista Alberti di Firenze. Fermatevi qui o voi che leggete perché questa è l’unica cosa “normale” della storia. Il resto è storia vera, anche se non ci si crede.
Il 5 luglio di quell’anno di grazia 2004 lo studente sostiene la prova orale dell’esame di maturità. E, fatto davvero inconsueto, la commissione lo boccia. Succede quasi mai, la percentuale di promossi in Italia al difficilissimo esame di maturità supera ogni anno il 97 per cento. Bisogna mettersi d’impegno per farsi bocciare ma lo studente per merito suo o demerito della commissione ci riesce. Prende come voto 52 su cento. Che fa allora lo studente bocciato? Ripete l’anno. Ma non solo, si rivolge agli avvocati. Anzi, prima di rivolgersi agli avvocati si iscrive ad una scuola privata, si sa che sono una “mano santa” per i bocciati, ripete l’esame e stavolta “passa” con 63 su cento. Ma covava vendetta, tremenda vendetta per l’intollerabile affronto subito. Si rivolge in fatti al Tar, Tribunale Amministrativo Regionale, e il giorno 11 febbraio 2006 i giudici gli danno ragione sostenendo che la commissione d’esame aveva agito illegalmente perché lo aveva interrogato “solo” in “italiano, storia e anatomia artistica” e non su tutte le materie che comprendevano “figura disegnata, ornato disegnato, figura modellata, ornato modellato, disegno…”. Insomma ribalda la commissione che i giudici del Tar immaginano e raccontano come sbrigativa e punitiva: sa poco di italiano, di storia e di…Ma che importa, sa disegnare. Quindi bocciatura “illegale”.
E fin qui solo la conferma che in Italia alla scuola è vietato bocciare, bocciare è un crimine. Sia per la pedagogia in voga che trova blasfemo pensare la scuola come luogo di apprendimento di sapere e competenze, la scuola è invece socializzazione delle esperienze, palestra della creatività, sia per i giudici del Tar che sanno loro come si insegna, si giudica, si valuta. Ma non è finita qui, non solo la bocciatura viene annullata sulla base della presunzione diventata sentenza che, fossero state fatte allo studente le domande “giuste”, quello allora avrebbe risposto con esattezza e sarebbe stato promosso. Non solo il Tar eleva a livello di sentenza l’antica richiesta, l’antico sogno di ogni studente: professore mi faccia solo le domande di cui conosco la risposta. Questa aspirazione-scongiuro diventa nella sentenza del Tar diritto, diritto da tutelare. Non solo, poiché il Ministero dell’Istruzione “abbozza” per resa e stanchezza, resa civile e stanchezza docente, gli avvocati e lo studente rivanno dal Tar con la tesi che la bocciatura ha fatto “perdere tempo e denaro”. E vincono: lo Stato, cioè noi tutti siamo condannati a risarcire, a versare cinquemila euro, la retta della scuola privata, allo studente.
Se ne evincono i seguenti insegnamenti. Uno: la promozione è un diritto. Chi non la eroga compie atto illegale. Secondo: custodi e competenti su materie e prova d’esame sono i giudici del Tar. I professori stanno lì senza titolo e poteri e guai se si azzardano. Terzo: la scuola privata, almeno per i bocciati dalla scuola pubblica, è a carico dello Stato. Quarto: l’Italia è l’unico paese al mondo che eroga una particolare “borsa di studio”, cinquemila euro l’anno a chi ha la sfortuna (o fortuna?) di essere tra i pochi bocciati ogni anno.
Sorge una tentazione: rivolgersi al Tar. Per farsi risarcire i danni derivanti da diplomati e laureati che faticano a leggere e a scrivere, sono uno su tre dei freschi di diploma e di laurea.