Pino Nicotri

Cara Italia, non tutto il male viene per nuocere

Non tutto il male viene per nuocere, dice un proverbio, e in effetti che Berlusconi abbia vinto questa mano di partita e ottenuto la fiducia delle Camere è una cosa buona. Tutto ciò che è avvenuto, compresa la sconcia campagna di acquisti, cioè di corruzione, dei parlamentari in vendita con l’ipocrita mativazione ufficiale del “senso di responsabilità verso l’Italia”, è il fedele ritratto dell’Italia così com’è oggi.

Non a caso il Bel Paese è ridotto a Bungabungaland, ben rappresentato anche dall’irresolvibile problema di rifiuti non solo in Campania e dal fiorire dell “cricche” all’ombra di palazzo Chigi & Grazioli. Certo, c’è anche un’Italia migliore, l’Italia che resiste e che pensa non solo al proprio “particulare” e alla propria “roba”, ma è inutile far finta che non sia, se non minoritaria, almeno in forte crisi di identità e di capacità di programmi e orizzonti chiari.

Dagli anni ’80 l’Italia è molto cambiata, è cambiato il suo sistema produttivo, non più basato sulle grandi fabbriche, le tute blu sono diventate colletti bianchi. O prepensionati.

Il consumismo e’ la sua locomotiva, vale a dire la pubblicità che a sua volta è la benzina del sistema di potere televisivo in mano a Berlusconi; uniti al dilagare della mania della moda, cioè dell’apparire più che dell’essere, hanno fatto il resto, completato dalla tv e dalla “realtà virtuale” che hanno preso il posto della realtà e socialità reale.

La tessera di partito è stata sostituita dalla griffe, il senso di appartenenza non è più dato dalla politica tracciata sulla realtà produttiva e sul conseguente bisogno di riforme per migliorarla, e neppure da grandi progetti comuni proiettati sul futuro, bensì dal localismo, vedi il successo della Lega, e dalle clientele, vedi il successo di Berlusconi&C, diventate vere e proprie tifoserie che ricordano più il sistema tribale che il sistema civico inclusivo e condiviso.

Il berlusconismo vince e resiste perché è quello che meglio rappresenta la destrutturazione e il cambiamento epocale dell’Italia, avvenuti in gran parte in peggio e comunque a base di “Milano da bere”, Italia da spolpare e arrembaggi vari.

La sinistra non sa cosa opporre a tale destrutturazione, non sa come operare la ristrutturazione per il semplice motivo che ai vecchi schemi e alle vecchie strategie, quelle cioè dei tempi della grande fabbrica e del partito comunista, non sa ancora cosa opporre.

Per decenni si è campato avendo come sponda un grande Paese, l’Unione sovietica, poi però il “grande cambiamento” si è ridotto a navigare a vista, bordeggiando sotto costa. Con le conseguenze sotto gli occhi di tutti. Non a caso Massimo D’Alema con la sua barca Ikarus fa sì da skipper, ma mai in regate oceaniche e neppure di attraversamento dell’intero Mediterraneo…

Stando così le cose il pericolo maggiore è illudersi che le castagne dal fuoco per la sinistra e i problemi degli italiani li possano risolvere un Gianfranco Fini o un Pierferdinando Casini, con annesse clinetele che nulla hanno di diverso dalle clientele e cricche berluscone.

Fini è pur sempre un politico che è stato fascista e che con il caso Montecarlo non ha dato certo prova di grande statura morale, anche se di fronte a Berlusconi e alla sua corte di servi, nani, ballerine ed escort puo’ dar l’impressione che svetta come un gigante.

Casini è un politico che tende a guardare più agli interessi della Chiesa, cioè in definitiva dello Stato estero chiamato Vaticano, che degli italiani in generale, laici compresi.

Non vorrei parere irriverente, ma illudersi che l’Italia possa essere salvata da un Bocchino solo perché di nome si chiama Italo è non solo da ingenui, ma da incapaci. E credere che il Bel Paese possa essere salvato da una Carfagna solo perché ha un bel sedere è più da lettori di Grand Hotel che da esseri raziocinanti e votanti.

Sì, certo, lo spettacolo del parlamento è stato ed è in questi giorni il più indegno e il più “vajasso” dalla fondazione della Repubblica italiana. Ma quei parlamentari in Parlamento ce le abbiamo mandati noi, non i palafrenieri di Arcore che semmai se ne sono serviti e se ne servono.

E ce le abbiamo mandate noi per il semplice motivo che come tenuta civica e moralità siamo quasi al collasso, si va dal lasciare le immondizie sul marciapiedi al Sud al razzismo un po’ troppo all’erta nella cosiddetta Padania e più nella Milano “capitale europea” che a Brembate di Sotto.

Si va dall’esportazione illegale di capitali all’estero dalle famiglie “storiche” di Torino al non dare gli scontrini nei bar di Milano e Palermo. Nell’evasione fiscale ci nuotiamo tutti, vero e proprio sport nazionale, così come tutti se solo possiamo compriamo le sigarette di contrabbando per spendere meno, compresi i giornalisti che scrivono gagliardamente contro le mafie, salvo poi comprare la stecca di sigarette dal marocchino al bar sotto la redazione, alimentando così proprio quelle mafie contro le quale si scrivono belle articolesse.

Non ci sono solo gli scandali delle cricche berluscone, ci sono anche quelli bipartisan delle clientele e parentopoli all’Università, quelli della parentopopoli all’Atac, quelli per le ruberie ai danni della salute dei propri pazienti e delle casse regionali che rimborsano le spese sanitarie a piè di lista.

Insisto: il berlusconismo vince e resiste perché è quello che meglio rappresenta la destrutturazione e il cambiamento epocale dell’Italia, in cui la “Milano da bere” e’ diventata l'”Italia da spolpare”.

I partiti di ciò che vorrebbe essere la sinistra anziché abbandonarsi ale concioni moraliste di un Di Pietro e ancora e sempre alle illusioni e manovre dei Veltroni e D’Alema dovrebbero studiare la realtà reale italiana. Anziché parlare solo e sempre di “ggiovani”, “donne”, “penzionati” ed extracomunitari, che sono categorie anagrafiche e non sociali, quindi non produttive né politiche, dovrebbero studiare la composizione e il funzionamento delle realtà industriale e produttiva in genere, capire quali sono quelli che una volta si chiamavano sfruttati, e che tali sono rimasti nonostante l’infuriare delle mode e della tv, e quali coloro che una volta si chiamavano sfruttatori, e che tali sono rimasti nonostante le chiacchiere buoniste e il “volemose bbene”, versione veltronian-televisiva di quello che nel Ventennio era il “siamo tutti italiani”.

E’ di questi giorni la notizia che la Cina ha messo in funzione in più potente supercomputer mai costuito al mondo, surclassando i “mostri” made in Usa, e si appresta a costruire un treno che viaggerà a mille chilometri orari sfidando perfino gli aerei. Ci troviamo quindi di fronte a sfide delle quali ci rifiutiamo di renderci conto e che rischiano di relegarci sempre più in basso nella classifica dei Paesi sviluppati.

La sinistra fa finta di voler buttar giù Berlusconi, ma oltre a non averne la capacità non ne ha neppure la reale volontà: rimettere in carreggiata il Paese costerà infatti caro, ci sarà da spremere altre lacrime e sangue, e la sinistra non ha la capacità di gettar fumo negli occhi, lustrini, mutande e gossip che hanno Berlusconi&C per distrarci tutti dai problemi reali.

Ecco perche ci si augura lo buttino giù Fini&C. Tutto ciò però è politica miope, da basso impero esattamente come il berlusconismo, del quale rappresenta l’immagine speculare, simmetrica.

C’è solo da sperare che prima di andare alle elezioni, si spera senza fretta, i ministri più capaci e degni di tale nome del gabinetto Berlusconi, rimpasto o no, riescano a risolvere almeno i problemi più gravi. Quelli che dalla crisi reale e dalla commedia all’italiana posso portarci al dramma, se non alla tragedia.

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Alessandro Avico