Berlusconi vuole uccidere la scuola italiana per favorire quella dei preti

Dopo avere reiteratamente attaccato il presidente della Repubblica, la Corte Costituzionale, la magistratura e la stessa Costituzione, Silvio Berlusconi ha attaccato frontalmente anche la scuola pubblica. Lo ha fatto a Roma in occasione del secondo congresso nazionale di quelli che si definiscono Cristiani Riformisti, per i quali – come dimostra il loro sito, le riforme consistono di fatto – e a parte le chiacchiere – nel riportare la Repubblica italiana nell’ovile ecclesiastico. Ognuno festeggia a modo suo i 150 anni dell’Unità nazionale…

Pur dicendosi cristiani, nessuno ha chiesto a Silvio Berlusconi conto della sua decisamente non cristiana vita sessuale, con annessi harem da pascià islamico, scandali e corruzioni. Tutti felici invece delle seguenti affermazioni: “Libertà vuol dire avere la possibilità di educare i propri figli liberamente e liberamente vuol dire non essere costretti a mandarli in una scuola di Stato, dove ci sono degli insegnanti che vogliono inculcare principi che sono il contrario di quelli dei genitori”.

Mai la tanto vituperata Dc, cioè democrazia cristiana, cioè partito basato sul consenso raccolto nelle parrocchie, era arrivata a tanto.

Parole gravi, più adatte a un imam integralista che a un capo di governo occidentale. Parole che però sono la conferma di fatti e programmi del governo Berlusconi in marcia verso la demolizione della scuola pubblica a tutto vantaggio di quelle private, cioè in pratica facenti capo alla Chiesa, per poter avere in cambio l’appoggio del mondo clericale e cattolico più retrivo per restare al governo.

Come è noto, il Cavaliere ha messo nel piatto non solo una serie di esenzioni fiscali e privilegi per un totale di un altro miliardo di euro a favore di Chiesa e Vaticano, ma anche un forte aumento del finanziamento statale alla scuole private. Finanziamento quindi con soldi di tutti noi contribuenti, “laicisti” compresi. E ciò nonostante la realtà indichi con chiarezza che le scuole private sono una palla al piede, un danno per la preparazione culturale e in particolare scientifica dei giovani italiani. Danno che evidentemente Berlusconi è ben deciso ad aggravare.

La recente indagine Ocse-Pisa (Ocse significa Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico; Pisa significa Programme for International Student Assessment) dimostra infatti in modo certo e inconfutabile che senza le scuole paritarie private il Bel Paese scalerebbe di ben dieci punti le classifiche in particolare di Matematica e Scienze, ma anche di Lettere. Con i tempi che corrono migliorare la preparazione scientifica dei giovani sarebbe più prezioso che mai per il futuro dell’Italia intera, ben più delle chiacchiere “federaliste” e simili. Da notare che la scuola pubblica italiana, rispetto alle classifiche del 2006, recupera 20 punti in Lettere, 16 in Scienze e addirittura 24 in Matematica. Le private invece, nonostante la pioggia di quattrini pubblici, crollano: dimostrando così di essere solo zavorra. Costosa, ma zavorra.

Qui non si tratta di essere anticlericali o di fare del moralismo “laicista”, il dramma supplementare infatti è che mentre si vuole affondare l’istruzione di massa e la ricerca scientifica pubblica nostrana per favorire i figli di papà, in grado di pagarsi le migliori scuole preferibilmente estere, arrivano due notizie che dovrebbero farci meditare e imporre un deciso cambio di rotta. La prima notizia è che la Cina ha costruito e messo in funzione il supercalcolatore elettronico più potente del mondo, che surclassa del 40% quello made in Usa detentore del primato fino a ieri.

La seconda notizia è che la stessa Cina sta per realizzare un treno capace di correre alla strabiliante velocità di mille chilometri all’ora. Sì, avete letto bene: mille chilometri orari! Roba da fare concorrenza ai voli aerei e da far sparire nel cestino dei ferri vecchi il nostro tanto decantato Pendolino. Nessuno si è accorto che qualche anno fa la Cina ha chiesto di comprare il molo del porto commerciale di Venezia che si chiama Marco Polo. Non so se mi sono spiegato: mentre una volta era il veneziano Marco Polo che andava a Pechino per poi raccontarci la Cina, ora è Pechino che arriva a Venezia e si prende Marco Polo….

Una svolta emblematica, epocale, passata sotto silenzio. Così come è passato sotto silenzio il fatto che con la scusa di proteggere le petroliere cinesi dai pirati somali, cosa che il governo italiano si guarda bene dal fare pur disponendo di commandos di valore mondiale, ma Frattini e La Russa non se la sentono (eufemismo), sono comparse per la prima volta nella Storia del Mediterraneo navi da guerra cinesi. Insomma, mentre la concorrenza e la sfida del mondo emergente, guidate dalla Cina, si fanno sempre più agguerrite, noi caliamo le brache per fare gli interessi del Vaticano e di Berlusconi. Non è una politica particolarmente intelligente né lungimirante.

Ad aprire la strada alla regalia di quattrini pubblici alle scuole private è stato non a caso il governatore della Lombardia Roberto Formigoni, espressione politico-partitica di Comunione e Liberazione, seguito a ruota dall’attuale ministro della Pubblica Istruzione, Mariastella Gelmini, che nonostante il suo dicastero si chiami Pubblica Istruzione s’è fissata a voler ingrassare i bilanci dell’istruzione privata, dove perfino la Lega Nord di Umberto Bossi vuole andare a pascolare sia per far cassa che per formare i giovani padani.

Un esempio clamoroso della disinvoltura tutta padana del senatùr&C è la scuola Bosina di Varese, meglio conosciuta con il nome tronfio, pretenzioso e piuttosto ridicolo di Libera Scuola dei Popoli Padani. Scuola forse libera, che però s’è messa in tasca 800 mila euro di finanziamento statale. Il tutto, si noti bene, mentre con l’altra mano si tagliano i fondi alla scuola pubblica e in particolare alle Università e alla ricerca scientifica con l’altra mano

Basterebbe questo per mandare Silvio Berlusconi non solo a casa, ma anche sotto processo per spreco di danaro pubblico e danni allo sviluppo italiano.

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Marco Benedetto