Boss della Magliana? La vedova: “De Pedis non ha mai ucciso. La domenica a Messa”

“Adesso basta! Porto in tribunale anche questa e il suo libro”. A sbottare è la vedova di Enrico De Pedis, signora Carla. “Questa” è la giornalista Raffella Notariale e il suo libro è “Segreto criminale”, interamente basato sulle affabulazioni della “supertestimone” Sabrina Minardi, ex moglie del famoso cannoniere della Roma Bruno Giordano, donna distrutta da anni di droghe e da una vita carica di stress fatta di mestieri difficili.

Nonostante un fiume di rivelazioni incongrue, che hanno fatto la felicità del programma televisivo “Chi l’ha visto?” e dei cronisti giudiziari dall’accusa facile, nessuna delle “rivelazioni” della Minardi – emersa di colpo dal nulla tre anni fa – ha trovato riscontro. A dire basta la signora Carla non è sola, con lei hanno querelato Notariale e il suo libro anche Luciano e Marco De Pedis, fratelli di Enrico.

Numerosi rapporti di Polizia, Carabinieri e Guardia di finanza lo hanno indicato come dedito al giro delle macchinette mangiasoldi installate in bar e circoli vari e come attento investitore dei guadagni in attività legali. Qualcosa deve avere fatto a qualcuno perché arrivassero al punto di ammazzarlo. Nel corso di questa intervista, la prima mai rilasciata e in cui si toglie qualche sasso e sassolino dalla scarpa, la moglie Carla riconosce che De Pedis “non era uno stinco di santo” e che “forse si arrangiava”, anche se respinge secca la possibilità che fosse un assassino. Però resta il fatto che Enrico De Pedis, detto “Renatino”, è sempre stato assolto anche dall’accusa di essere stato un semplice membro della onnipresente “banda della Magliana”. Invece è diventato famoso proprio come boss della banda quando, molti anni dopo la sua uccisione, avvenuta il 2 febbraio 1990, alcuni malavitosi più o meno pentiti, compresi alcuni di quelli che lo hanno ucciso, trovano comodo scaricargli addosso accuse di ogni tipo. Tutte però fino ad oggi prive di riscontri.

Il perché e il per come “Renatino” dorma il suo sonno eterno in una cripta della basilica di S. Apollinare, né più e né meno come altri comuni mortali, è stato già chiarito nel lontano 1995 dal magistrato romando Andrea De Gasperis. Però nel settembre 2005, grazie a “Chi l’ha visto?”, quella sepoltura è diventata all’improvviso la prova di mille crimini, compreso il “rapimento” della ragazzina vaticana Emanuela Orlandi, e della ricompensa del Vaticano per averli compiuti in suo nome.

– Signora De Pedis, come mai solo adesso la querela contro la Notariale per il suo libro sulla banda della Magliana, pubblicato lo scorso novembre, vale a dire cinque mesi fa?

Perché scrivere una querela di 34 pagine non è molto semplice, specialmente quando ogni pagina del libro contiene  frasi che per me sono diffamatorie e calunniose e che provocano forte dolore. Al quale devo tener testa non solo perché devo badare ai miei genitori ultranovantenni, ma anche perché per campare devo lavorare, come impiegata. Nonostante le ricchezze attribuite a vanvera a mio marito, non ho altri soldi se non quelli del mio stipendio di impiegata. Ho preferito leggere altri libri. Poi mi sono decisa a leggere anche quello di Notariale e Minardi. Un libraccio, letto quasi vomitando ogni volta. Ne hanno fatto pubblicità perfino con volantini e libriccini di una ventina di pagine distribuiti capillarmente a Roma nei bar e nei ristoranti. Ho trovato la forza di rivolgermi agli avvocati solo di recente.

– Qual è a suo avviso la contraddizione più macroscopica della “supertestimone” Sabrina Minardi?

Troppe cose dette dalla Minardi e molti fatti che lei si attribuiscono sono in realtà ripetizioni di cose dette da me per fatti a me avvenuti.

– Per esempio?

Per esempio le parole della telefonata che ho fatto ad una persona appena ho sentito in televisione che mio marito era stato ucciso, parole che la Minardi ha fatto sue. La cosa più strana è che quelle mie parole erano state verbalizzate dalla polizia il giorno stesso della morte di mio marito, cioè il 2 febbraio 1990. In un certo senso la Minardi, in alcune pagine, si è messa al mio posto… Tutto ciò non è altro che una conferma di come oltre ai documenti processuali e alle foto della tomba di mio marito qualcuno abbia potuto vedere anche i verbali delle mie testimonianze. Non c’è altra spiegazione.

– Esattamente, chi ha presentato la querela contro Notariale?

La querela è stata presentata da me e dai miei cognati Luciano e Marco, tramite i nostri avvocati Lorenzo Radogna e Maurilio Prioreschi.

– Avete presentato altre querele?

Ne abbiamo presentate talmente tante che ne ho perso il conto. Due contro “Chi l’ha visto?”, per una delle quali siamo in attesa di sentenza a giorni, l’altra invece è stata rinviata a febbraio 2012. Una querela è contro il settimanale “Gente”, una contro “Panorama”. Sono tutte cause civili per risarcimento danni da diffamazione a mezzo stampa. Una querela è stata presentata per competenza territoriale al Tribunale di Perugia per fuga di notizie dagli atti delle magistratura romana. Infine una recentissima, a carattere penale, contro Il Messaggero.

– Ne avete presentataanche già vinta una contro Panorama. Con quali motivazioni?

La causa contro Panorama per un articolo scritto dal vaticanista Ignazio Ingrao, è stata una causa civile per violazione della privacy. La causa si è tenuta a Milano e l’ho vinta per forte violazione della privacy: il giornalista era entrato nella mia vita più intima, quella dei miei familiari. Io e mio marito abbiamo abitato per più di un anno, fino alla sua morte, in piazza della Torretta. Proprio di fronte all’Ordine dei giornalisti del Lazio nonché a due passi dal Comando dei Carabinieri. Nessuno si è accorto del “terribile bandito” che abitava di fronte a loro. Però a 15 anni dalla sua morte è diventato comodo gettargli addosso fango, dato che un morto non può certo difendersi”.

– Quali sono i punti salienti della querela contro Notariale?

Tutto ciò che è stato scritto in quel libro! Vi si riportano dichiarazioni dei cosiddetti “pentiti” della Magliana, Antonio Mancini e Fabiola Moretti, ma senza specificare che sono state rese in fase di indagini preliminari in un altro processo, quello per l’omicidio del giornalista Mino Pecorelli, e poi smentite dalle sentenze. A pagina 18 la Notariale riporta le accuse di omicidio formulate nei confronti di De Pedis, ma omette di aggiungere che è stato assolto con sentenze passate in giudicato. Con questo modo di procedere, che calpesta la realtà e la verità accertata dai magistrati, io potrei accusare la Notariale e la Sciarelli di qualunque delitto. Nel libro la Minardi ritorna sulla sepoltura di mio marito e su altro ancora, per poi dire a pag. 229 che Enrico si è macchiato di innumerevoli delitti quando mio marito ha avuto invece in tutta la sua vita una sola ed unica condanna, per una rapina compiuta quando aveva appena 20 anni, nel 1974, per la quale ha interamente scontato la pena. Solo nel capitolo 16, la Notariale si decide a dire che la sua eroica supertestimone è passata per ricoveri in ospedali psichiatrici. Basti dire che il capitolo si intitola “Malattie mentali in fondo a destra”. Ma allora perché avvalorarne le parole?

A pagina 194 la Minardi afferma che il 31 gennaio 1990 (2 giorni prima della morte) De Pedis è a andato a prenderla in Brasile, mentre nell’intervista rilasciata nel 2006 a “Chi l’ha visto?” la stessa Minardi dice che, fuggita in Brasile per il dolore di avere appreso che Enrico avrebbe sposato me, non lo aveva visto più visto fino al giorno prima che lo uccidessero. La Minardi afferma che il 1° febbraio ’90 Enrico la rintraccia a Monteverde e che il 2, giorno della morte di mio marito, era stata a spasso con lui. Ma che non sia vero lo dimostra quanto accertato in via definitiva. Per esempio, il giorno prima di morire Enrico era a cena a casa nostra, con amici e un fratello.

Il capitolo 19 supera tutti gli altri: Minardi parla del rapimento ed uccisione da parte di mio marito di una bambina, definita “una zingarella”, ma non sa dire perché sarebbe stata uccisa nonostante affermi che lei era presente al delitto.

– Sabrina Minardi dice che era fidanzata con Enrico De Pedis. E che lo è stata per ben dieci anni.

Di questa Sabrina Minardi ho parlato già nella lettera che lei, Nicotri, ha pubblicato nel suo libro “Cronaca criminale”. Ripeto per la centesima volta che io conobbi mio marito nel 1981, abbiamo vissuto assieme fin da subito, poi il 26 novembre 1984 fu arrestato e fino al 21 gennaio 1988 soltanto io, quale convivente more uxorio, ho fruito di tutti i colloqui nel carcere. Appena uscì, tornammo a vivere assieme e il 25 giugno 1988 ci sposammo, condividendo ogni momento sino alla sua morte. La stessa Minardi si contraddice: se oltre a non vederlo nei quattro anni di carcere è anche scappata in Brasile quando ha saputo che ci sposavamo, come ha fatto ad essere fidanzata con mio marito per 10 anni? Quali sarebbero questi 10 anni!?

– Come è saltata fuori la “supertestimonianza” di Sabrina Minardi? Mi pare che sia stata lei, di fatto, a indicarla ai magistrati.

La Minardi è stata nuovamente interrogata dalla Procura della Repubblica il 18 novembre 2009, il giorno in cui tutti i mass media senza avere neppure avuto il tempo di fare mezza verifica hanno suonato la grancassa della soluzione del caso Orlandi. Sette giorni prima, l’11 novembre, ero stata contattata telefonicamente da monsignor Piero Vergari, il rettore della basilica di S. Apollinare che Enrico aveva conosciuto come aiutante del cappellano di Regina Coeli e frequentato una volta libero. Vergari mi riferì di aver ricevuto il 5 di quel novembre un fax con il seguente messaggio: “Sua eccellenza Monsignor Vergari, avrei urgente bisogno di contattarLa. Il mio numero è 348……Dottoressa Minardi”. Mi feci dare il fax da Vergari e il 13 novembre lo consegnai nelle mani dei magistrati Giancarlo Capaldo e Simona Maisto. Cinque giorni dopo, e precisamente la sera del 18 novembre 2009, Sabrina Minardi rese la nuova “testimonianza”. E così, dopo 26 anni, cominciano i suoi miracolosi riconoscimenti, a partire dalla voce di quel “Mario” che telefonava agli Orlandi per tranquillizzarli pochi giorni dopo la scomparsa di Emanuela. Sono convinta che la mia consegna di quel fax ai magistrati e il loro successivo intervento ha fatto molta chiarezza. Nessuno poteva immaginare che quel fax sarebbe finito in mano ai magistrati.

– Ma chi è sepolto nella cripta di S. Apollinare? C’è chi sospetta ci sia il cadavere di Emanuela Orlandi.

Guardi, a proposito della sepoltura, devo confidarle un segreto. Nella cripta di S.Apollinare non c’è sepolto soltanto mio marito. C’è anche il mio cuore. Ma come fa ad esserci Emanuela Orlandi, che è scomparsa nel 1983, se lui è morto nel 90? Ci hanno messo due cadaveri? Quello di Emanuela ci è stato per ben 7 anni senza che nessuno sospettasse nulla?

– Può riassumere brevemente la storia della sepoltura di suo marito in quella basilica? Non era già stato tutto chiarito dal magistrato romano De Gasperis nel lontano 1995?

La storia della sepoltura di mio marito in S. Apollinare è quella banalissima che le ho spiegato nella lettera che lei Nicotri ha pubblicato. Confermo tutto per filo e per segno. Un giorno parlando con don Vergari, che aiutavamo con offerte per i poveri, venimmo a sapere che in S. Apollinare, dove non è sepolto neppure un Papa e neppure un semplice cardinale, era sepolta gente comune. Mio marito, al quale quella basilica piaceva molto, ne restò colpito. Dopo la sua morte, mi sono ricordato di quell’episodio e poiché io ed Enrico avevamo l’abitudine di andare a messa la domenica in S. Apollinare, decisi di chiedere a don Vergari se poteva essere sepolto lì anche lui trasferendolo dal cimitero del Verano. Vergari chiese e ottenne l’autorizzazione dal Vicariato di Roma. Tutto qui. Semplice e banale. Non a caso il magistrato Andrea De Gasperis aprì una inchiesta nel 1995 sulla sepoltura di Enrico e nel giro di un mese la chiuse.

– Non teme che qualcuno, per chiudere il caso facendo uscire il Vaticano dai sospetti, possa sostituire la salma di suo marito con quella di Emanuela Orlandi? Così sarebbe zittito definitivamente chi è convinto che Emanuela Orlandi sia morta per responsabilità di qualche pezzo grosso della Curia e magari sepolta nei giardini del Vaticano.

Chi dice che possa essere sostituita la salma di mio marito con quella di Emanuela Orlandi secondo me ha qualche problema mentale. Mi pare evidente che se la ragazza fosse morta per responsabilità di qualche pezzo grosso della Curia l’avrebbero seppellita in Vaticano, dove non la potrebbe trovare mai messuno, anziché portarla altrove e correre i rischio che prima o poi qualcuno la possa trovare. Sono soltanto assurdità, come sono assurde tutte le accuse uscite fuori molto dopo la morte di mio marito.

– Ma la tomba di suo marito verrà aperta si o no? E quando?

Beh, il Vicariato ha dato l’assenso, noi l’abbiamo già dato fin dal giugno 2008. Tocca alla Procura muoversi, ma dal 2008 rinvia di mese in mese. Ho letto che secondo il procuratore capo, Giovanni Ferrara, la riesumazione non è attuale né concreta. Forse la tomba non l’aprono perché di “concreto” non hanno e non possono avere niente.

– Perché vi siete sposati in quella basilica?

Ci sposammo in quella chiesa perché, come lei già sa, nel 1986 mio marito conobbe in carcere don Vergari, diventato in seguito rettore di quella basilica. Io che lavoravo a pochi passi da S. Apollinare non avevo mai visitato quella Basilica, ma quando la vidi mi piacque molto, glielo dissi e così ci sposammo lì. Poi, come già detto molte volte, la frequentavamo spesso perché le messe vi venivano celebrate con il canto gregoriano, che a noi piaceva molto.

– Vi siete poi risposati anche negli Usa?

Sì, ci sposammo anche a Las Vegas, nell’ottobre 1988. Ma per gioco. E poi perché io ed Enrico ci amavamo e ci saremmo risposati cento volte.

– Lei esclude che suo marito possa avere aiutato il responsabile della morte di Emanuela a fare sparire il cadavere?

Lo escludo nella maniera più assoluta. Lo escludono gli stessi giornalisti se si legge tra le righe: dicono tutto ed il contrario di tutto.

– Come si guadagnava da vivere suo marito? Era o no un boss della banda della Magliana?

Mio marito non era uno stinco di santo, ma commerciava in mobili di antiquariato, in lampade Tiffany e in tutto ciò che riguarda in qualche modo l’arte e l’antiquariato. Forse si arrangiava, come ormai è chiaro dalle inchieste giudiziarie sempre più clamorose che in Italia si arrangiano un po’ tutti, e più stanno in alto più si “arrangiano”. Mio marito però non ha mai fatto parte di bande, come ha dimostrato in tribunale, e non s’è mai neppure sognato da lontano di uccidere o fare uccidere qualcuno. Ha sempre rifiutato di avere a che fare con il mondo della droga. Se fosse stato un boss ci sarebbero questi soldi di cui tutti cianciano ma che nessun magistrato, poliziotto, carabiniere o finanziere ha mai trovato, e così io e i miei cognati non saremmo costretti ancora oggi a continuare a lavorare. Che Renato non sia mai stato un boss e neppure un gregario della Magliana lo dicono le sentenze.

– Perché alcuni pentiti accusano suo marito solo così tanti anni dopo la sua morte?

Bisognerebbe chiederlo a loro. La risposta la trova nel suo libro, Nicotri, nella parte dedicata al processo Pecorelli e alle intercettazioni ambientali dei famosi pentiti. I processi per l’uccisione di Pecorelli sono poi finiti nel nulla più assoluto.

– Un pentito accusa suo marito dell’uccisione del “cravattaro” Domenico “Mimmo” Balducci. Ma a me risulta che quel giorno De Pedis era a Pescara con lei, e che avete proseguito per le isole Tremiti.

, è proprio così, Renato era con me a Pescara. Ma c’è dell’altro. Il pentito dice che a uccidere Balducci erano in tre, compreso Raffaele Pernasetti, che è in carcere per altre condanne, ma non per questo omicidio. Quindi…

– Il vicecapo della polizia Nicola Cavaliere ha scritto l’introduzione al libro di Rita Di Giovacchino sugli intrecci tra malavita romana e prelati vaticani. Nell’introduzione ha affermato che la presenza della banda della Magliana è sempre stata avvertita in tutte le indagini sul caso Orlandi, anche se non sono riusciti a dimostrarla. Però di questa “presenza” non ho trovato traccia in nessun atto giudiziario sul caso Orlandi: come se lo spiega?

Dovrebbe chiederlo al dottor Cavaliere. Ce ne sono tante di strane rivelazioni senza supporto in questa storia. Sempre nel libro della Notariale, la Minardi dice che l’accusano anche di essere stata l’amante proprio di Cavaliere. Comunque in una intervista ad History Channel è stato lo stesso giudice Capaldo, parlando della storia dell’identikit che a detta di alcuni mitomani somiglia a mio marito, a dire che si trattava solo di voci e che non c’è niente di provato. I maligni potrebbero pensare che Sabrina Minardi parli di quelle voci per lanciare un qualche segnale. A chi? Oppure vuole fare pubblicità al libro.

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Marco Benedetto