Terza osservazione: i cinque anni di vita media in più delle donne si traducono anche in un loro maggiore utilizzo della pensione di reversibilità rispetto gli uomini. Se le vedove sono infatti più dei vedovi ne consegue che le prime sommeranno una quantità maggiore di pensioni di reversibilità dei secondi.
Anziché reclamare privilegi sull’età pensionistica o agitare argomenti da “quote rosa”, che di fatto costituiscono un voler confermare la propria condizione asseritamente più “usurante”, meglio sarebbe pretendere che la gran parte dei risparmi che le casse statali realizzeranno con l’innalzamento dell’età pensionistica delle donne sia utilizzata per finanziare tutta quella serie di servizi, dagli asili nido agli aiuti per gli anziani, che allevierebbero il doversi dividere della donna tra la casa e il lavoro. Per esempio, l’innalzamento a 65 anni dell’età pensionistica per le dipendenti statali ha prodotto un risparmio di 4 miliardi di euro l’anno. Una bella cifra. Che però non si sa più dove è andata a finire, di sicuro non è andata a finanziare gli asili e quant’altro utile per la condizione femminile. I risparmi per le casse statali saranno più robusti con l’andata in pensione a 65 anni anche per le donne del settore privato, e decisamente più robusti con l’innalzamento dell’età pensionabile a 67 anni per tutti e tutte. Non è il caso di puntare i piedi perché tali risparmi vadano finalmente a favore delle infrastrutture citate? Così si allevierebbe il fardello familiare delle donne, che ormai pesa man mano sempre di più anche sugli uomini man mano che la parità di diritti e doveri tra uomini e donne diventa una realtà anziché restare a parole e slogan politicamente corretti.
Nel mondo dei giornalisti la realtà è sorprendente: stando a quanto dichiarato oggi al consiglio dell’Associazione lombarda dei giornalisti dal vicesegretario della Fnsi Guido Besana, a voler andare in pensione a 65 è addirittura il 90% delle donne, che poi trattano lo “scivolo” e vanno in pensione in media a 63 anni, contro i 62 degli uomini. Già oggi, quindi, nel settore dell’occupazione giornalistica le donne vanno in pensione un anno DOPO gli uomini. Sorprendente. E da meditare.