Emanuela Orlandi, ecco la voce del “rapitore”: reperto del 1983, il “turco” chiede…

Ecco la voce del “rapitore” di Emanuela Orlandi, reperto del 1983, chiaramente un falso

ROMA – Ecco la voce di un uomo che annuncia: abbiamo rapito Emanuela Orlandi. Dopo 33 anni, dai reperti delle varie inchieste sulla scomparsa di Emanuela Orlandi, emerge questa registrazione.

È la voce mai fatta sentire prima del “turco” portavoce dei Lupi Grigi  turchi “rapitori” di Emanuela Orlandi per scambiarla con Alì Agca, il turco condannato all’ergastolo per avere tentato di uccidere Papa Wojtyla Giovanni Paolo II sparandogli in piazza S, Pietro due anni prima della scomparsa della ragazza del Vaticano. Ascoltando la registrazione del comunicato reso noto dall’asserito portavoce il 17 luglio ’83 si capiscono bene alcune cose:

– l’uomo che parla non può essere turco per i motivi che vedremo più avanti;
– quindi non può essere portavoce dei Lupi Grigi;
– ne consegue che il “rapimento politico” per lo scambio tra Emanuela ed Agca era una montatura;
– e poiché la voce dell’uomo in questione è contenuta nella registrazione di un’audiocassetta da mangianastri fatta trovare a Roma all’agenzia Ansa il 17 luglio ’83, cioè 25 giorni dopo la scomparsa della ragazza, è evidente che era possibile rendersi conto fin da allora che il rapimento era una montatura. Purtroppo però è andata diversamente.

Si tratta di un nastro registrato su due lati. Il contenuto di uno dei lati è già stato mandato in onda da Chi l’ha visto?: riporta una voce femminile, che dovrebbe appartenere a Emanuela mentre viene sottoposta a sevizie dai rapitori. Proviene invece da un film osceno. La voce del “rapitore” non è mai stata fatta sentire al pubblico.

L’audiocassetta fu fatta trovare in via della Dataria, a Roma, vicino alla sede dell’ Ansa. Nel lato A c’è la registrazione di grida e lamenti di una donna, nel lato B la registrazione di una voce maschile che detta un lungo comunicato con le condizioni per il rilascio di Emanuela in cambio di quello di Alì. Due giorni dopo il ritrovamento l’ Ansa ha pubblicato tutto il comunicato del lato B e reso noto che nel lato A si udivano lamenti e grida di donna.

Secondo uno zio di Emanuela, Mario Meneguzzi, la voce era con notevole certezza quella di sua nipote, “seviziata e stuprata”. Piuttosto indecisi invece i genitori e il resto dei familiari, nonostante che uno dei loro legali, l’avvocato Ferdinando Imposimato, fosse sicurissimo, chissà mai perché, che si trattasse di Emanuele alla quale stavano “strappando le unghie”, nonostante che la donna alla fine delle “sevizie e stupro” chieda con voce normale di poter dormire.

Alla fine, gli investigatori e i magistrati si sono convinti che il lato A altro non è che una patacca, il collage di spezzoni dell’audio di film porno. Chi ha confezionato il collage ha avuto cura di cancellare le voci maschili, probabilmente per evitare che si riconoscessero le voci degli attori, ma i servizi con le apparecchiature elettroniche adatte sono riusciti a ricostruirle, ipotizzando anche la presenza dei latrati di un cane.

L’ascolto del lato B è senza dubbio interessante, per vari motivi, completamente diversi da quelli ipotizzati o dati per certo da quanti parlano di complotto:

– l’uomo che detta con lentezza il comunicato dei “rapitori” è evidente che legge un testo scritto, si sente il rumore della carta con gli appunti man mano sfogliati. Troppi foglietti, per non essere anche questo un trucco;

– scandisce le parole con sapienti pause tra l’una e l’altra, a volte si schiarisce anche la gola, come se leggesse un documento epocale e, cosa sorprendente, imita il modo di parlare e l’accendo di papa Wojtyla, che è polacco e NON turco;

– l’uomo in questione quando si riferisce ad Agca lo chiama col nome e cognome completo, ma NON come lo scrivono in Turchia e sui suoi documenti, bensì come lo si legge sui giornali italiani: l’attentatore alla vita di Wojtyla si chiama Mehmet Alì Agca, ma i giornali italiani invertendo l’ordine dei nomi lo chiamano Alì Mehmet Agca o più semplicemente Alì Agca. Per essere un membro dei Lupi Grigi turchi l’uomo del lato B si rifà stranamente alla stampa italiana anziché all’anagrafe turca;

– ma la cosa più importante, e per certi versi risolutiva, è che l’uomo del lato B il nome Mehmet NON lo pronuncia come lo si pronuncia in Turchia – Mèemet”, con la t appena udibile, ma lo pronuncia invece “Machmet”! Lo pronuncia in questo modo sbagliato non una sola volta, nel qual caso potrebbe trattarsi di un banale errore, ma tutte e tre le volte in cui lo legge.

Chiaro come il sole dunque che chi legge il comunicato NON è affatto un turco, NON è affatto un Lupo Grigio, NON rappresenta quindi i “rapitori”. E NON ne sta affatto dettando le condizioni per la liberazione di Emanuela in cambio di quella di Agca.

E’ talmente macroscopico l’errore dell’uomo del lato B che c’è da chiedersi come mai non sia mai stato rilevato né dai giornalisti dell’Ansa né dai magistrati. Eppure all’Ansa la stranezza devono averla notata, perché tutte le volte il nome Mehmet viene scritto con la sola iniziale seguita da un punto: M. Come se non sapendo che pesci prendere abbiano finito col metterci la toppa della “M.”. E forse questo può spiegare il perché il testo sia stato diffuso non il giorno stesso o il giorno dopo, ma solo due giorni dopo. E’ però molto più probabile che il nastro sia stato subito prelevato dalla polizia o dai carabinieri e che il testo pubblicato dall’Ansa sia quello fornito loro dagli investigatori.

Secondo Fabrizio Peronaci, giornalista che per anni ha seguito il caso Orlando per il Corrieree della Sera, la voce è “sicuramente di Marco Fassoni Accetti”. Il fotografo romano che si è auto accusato del “rapimento consenziente” sia di Emanuela che di un’altra ragazza romana, Mirella Gregori, per finire però accusato di calunnia e autocalunnia. Per gli amanti del “grande complotto”, il fatto che in queste ore i magistrati abbiano chiesto l’ archiviazione delle accuse ad Accetti, perché ritenuto non in possesso di un sano equilibrio mentale, è la prova che si vuole evitare il processo per impedirgli di rivelare finalmente la verità vera.

Il fratello di Emanuela, Pietro, in televisione ha invece lanciato l’accusa che le cancellazioni sono state fatte non dal tizio che ha confezionato il nastro, ma dagli immancabili servizi segreti per far sparire chissà quale terribile prova di colpevolezza di chissà chi, ovviamente personaggio o personaggi, al plurale, del Vaticano. Pietro Orlandi lancia anche l’accusa che la voce del lato B non è mai stata stata fatta ascoltare per impedire si arrivi alla verità sulla sorte di Emanuela.

Per chi volesse controllare come si pronuncia in turco il nome Mehmet, ecco due siti dove se ne può ascoltare la pronuncia nella lingua di Agca e dei Lupi Grigi:

– Nel sito di tale link il nome Mehmet lo si può sentire in quattro condizioni: due volte come nome singolo e due come nome composto seguito da un cognome;

– Con tale link si accede al traduttore automatico di Google, che offre il vantaggio di poter sentire la pronuncia quante volte si vuole.

 

 

 

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