“A chiedere la verità su Emanuela Orlandi saremo almeno 5.000!”, mi assicurava via Facebook il mio amico Luca Gabriele. Che insisteva perciò a invitarmi a partecipare a Roma alla manifestazione in piazza S. Apollinare convocata da Pietro Orlandi, fratello di Emanuela.
Invece anche questa volta, sabato 21 gennaio, è stato un flop, esattamente come in piazza S. Pietro domenica 18 dicembre.
Il battage pubblicitario sulle cronache locali di qualche giornale e le dichiarazioni – piuttosto confuse – di Pietro Orlandi per qualche tv non possono cancellare la deludente realtà.
Sabato in piazza S. Apollinare ci saranno state a voler essere generosi 50-80 persone, così come in piazza S. Pietro domenica 18 dicembre ce ne sono state non più di una quarantina.
Dal bar Mariotti, in piazza S. Apollinare, la scena vista sabato dalle 16,30 alle 19 stringeva il cuore: poche decine di volenterosi. Le adesioni via e-mail all’appello lanciato mesi fa da Pietro Orlandi al “Santo Padre”, cioè a papa Ratzinger, perché il Vaticano si decida a dire ciò che sa sulla scomparsa di Emanuela, saranno anche più di 60 mila, come annunciato da “Chi l’ha visto?”, restà però il fatto che in piazza le facce sono poche: il solito giro di amici e parenti, ingrossato da fotografi, operatori tv, cronisti delle pagine locali e giornaliste dalla “verità” sul caso Orlandi tanto facile quanto fantasiosa. Dopo il balletto e la overdose delle “verità” fasulle rifilate per 28 anni di fila era inevitabile che si finisse col suscitare più noia che interesse. E infatti per superare la noia ecco che facendo finta di niente s’è cambiato obiettivo.
Oltre al flop di partecipanti, c’è da registrare infatti anche un ripiego: se il 18 dicembre in piazza S. Pietro i partecipanti erano stati convocati “per supplicare il Santo Padre” di smetterla col silenzio vaticano e far quindi finalmente sapere cosa è successo a Emanuela, quelli del 21 gennaio in piazza S. Apollinare sono stati convocati in piazza S. Apollinare per chiedere molto meno. Ci si è ridotti a chiedere che dalla basilica di S. Apollinare venga tolta la bara di Enrico De Pedis.
La bara cioè dell’ormai famoso “Renatino”, eletto a furor di romanzi, film e sceneggiati televisivi “capo della banda della Magliana”, “feroce criminale” e infine anche “rapitore e assassino di Emanuela Orlandi”, senza però che una qualche sentenza giudiziaria abbia mai detto nulla di simile.
E, per quanto riguarda il “rapimento di Emanuela”, senza che ci sia una qualche traccia credibile oltre alle simpatiche affermazioni di una “supertestimone” che per anni e anni ha fatto avanti e indietro dalle comunità per drogati “persi”.
Nel Medioevo forse è successo che qualche massa di fanatici si scalmanasse per far togliere le spoglie mortali di qualcuno da una chiesa, ma in tempi moderni e in un Paese civile non mi pare sia mai successo.
E che a farsi promotore da mesi di un movimento per lo sfratto tombale di un defunto da S. Apollinare sia addirittura l’onorevole Walter Veltroni, ex sindaco di Roma e big del Pd, è cosa che farebbe far morire dal ridere se in realtà non mettesse tristezza.
Gli atti giudiziari affermano che Emanuela Orlandi, poco prima di sparire la sera del 22 giugno 1983, è stata vista da una sua amica alla fermata degli autobus in piazza Madama, di fronte cioè a palazzo Madama, sede del Senato della nostra Repubblica.
Ma Pietro Orlandi e Federica Sciarelli invece in una recente puntata di “Chi l’ha visto?” – riportata nel seguente link http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-32aef36a-a6d5-4506-abf7-9015e13baa75.html – hanno modificato lo scenario per sostituirlo con uno più comodo e ad personam: sono arrivati al punto di affermare la ragazza è stata vista libera l’ultima volta in piazza S. Apollinare, per giunta nella basilica “dove è sepolto De Pedis”.
Secondo la Sciarelli addirittura “da lì scompare Emanuela Orlandi e lì dentro invece viene sepolto De Pedis”. Ma non è così. Infatti, ripeto, stando agli accertamenti giudiziari e non ai propri desideri, Emanuela l’ultima volta non è stata vista né in piazza S. Apollinare né tanto meno “dentro la basilica”, bensì di fronte a palazzo Madama, in piazza Madama, che si trova lungo corso del Rinascimento.
Tra la fermata degli autobus di fronte a palazzo Madama e la piazza S. Apollinare/basilica di S. Apollinare ci sono oltre 200 metri di distanza: un tratto di corso del Rinascimento e piazza delle Cinque Lune. La distanza non cambia neppure se si passasse invece per via Agonale, piazza Navona e corsia Agonale.
Come se non bastasse, Pietro Orlandi continua ad avvalorare la leggenda che in quanto a sepolture S. Apollinare sia “un luogo destinato a papi e cardinali”, come si può leggere nel seguente link: http://vaticaninsider.lastampa.it/homepage/inchieste-ed-interviste/dettaglio-articolo/articolo/emanuela-orlandi-11843/ .
Io mi sono ispezionato la basilica in lungo e in largo, e ho appurato che non ci sono sepolti né cardinali e tanto meno papi. Una targa in un muro della sagrestia o locale attiguo parla non ricordo se di un papa o di un cardinale, ma non è chiaro se sia una tomba. In ogni caso, non si trova né nello spazio dove si celebra la messa, quello cioè della navata o basilica vera e propria, né nei famosi sotterranei delle cripte, i quali con l’andar dei secoli erano andati in malora e potevano essere riportati in auge, diventando redditizi, con sepolture private come quella di De Pedis.
Poi invece è arrivata l’Opus Dei, che ha comprato sia il palazzo con il conservatorio frequentato da Emanuela, facendone la Pontificia Università della Santa Croce, sia la basilica risolvendo così tutti i problemi di ammodernamento e utilizzo.
Pietro Orlandi aggiunge: “Quella indegna sepoltura è il vero snodo dell’intreccio tra Stato, Chiesa e criminalità”, aggiungendovi dalla tv pure la massoneria. Ora, anche a voler tralasciare che una tale frase non risponde allo spirito cristiano, c’è da porre una domanda: in base a quali elementi Pietro Orlandi lancia di queste roboanti accuse?
In realtà l’idea di seppellire De Pedis in quella basilica è stata della sua vedova, dopo la morte del marito, che in vita sua non s’era mai sognato di prenotare in testamento una tale dimora eterna.
Pietro Orlandi a “Chi l’ha visto?” s’è lamentato che i magistrati non hanno ancora fatto la prova del dna confrontando quello degli Orlandi con quello dei resti nella bara di De Pedis: “Dovrebbero capire che stanno facendo vivere in tensione una famiglia da quasi un anno”.
Ma perché invece lo stesso Pietro Orlandi può far stare peggio che “in tensione” da ben sei anni tre famiglie De Pedis – quella della vedova Carla e quelle dei due fratelli De Pedis, tutta gente che per campare sgobba ancora da matti – sulla base di una telefonata anonima e di altre sciocchezze chiarite già nel 1995 dal magistrato De Gasperis?
Chi davvero pensa che nella bara De Pedis ci possano essere i resti di una persona morta sette anni prima dello stesso De Pedis, i resti cioè di Emanuela, è in pieno errore e, a dire il vero, su questo argomento Pietro da qualche tempo non insiste più, preferisce limitarsi a parlare di sepoltura “indegna” e di “snodo dell’intreccio”.
Ora però spara direttamente sui magistrati Giancarlo Capaldo e Simona Maisto, colpevoli a suo dire di menare il can per l’aia anziché indagare su che fine abbia fatto sua sorella e per responsabilità di chi. Infatti nel link http://www.brogi.info/2012/01/pietro-orlandi-per-mia-sorella-emanuela-ci-vorrebbero-magistrati-come-falcone-e-borsellino.html possiamo leggere: “Per mia sorella Emanuela ci vorrebbero magistrati come Falcone e Borsellino”. No comment, è meglio. Mi limito a due domande, una a Pietro e una a Sciarelli:
– caro Pietro, perché tu e il giornalista Fabrizio Peronaci, con il quale hai scritto di recente il libro “Mia sorella”, avete voluto tacere sul tentativo di truffa – “un milione e mezzo di euro per liberare Emanuela a Londra” – del quale sono stato fatto segno a fine dello scorso giugno?
Su Blitquotidiano ne ho parlato a lungo, e due volte. Vi ho inoltre inviato i link e le webpagine contenenti quei miei articoli pubblicati. Però vi siete rifiutati di parlarne. Ti pare normale?
– cara Sciarelli, ma perché non fai mai dire la loro ai De Pedis? Perché non inviti mai a “Chi l’ha visto?” la vedova De Pedis concedendole almeno un centesimo del tempo che hai regalato a chi da sei anni fa il tiro a segno sul cadavere del marito? Potrei farti altre domande, ma per ora mi fermo qui.
Le domande che girano con grande fragore sono invece di tutt’altro tenore: «Perché De Pedis è ancora sepolto nella chiesa di Sant’Apollinare? Perché il Vicariato non fa nulla?», è il messaggio che ormai da oltre un anno Walter Veltroni manda in giro in ogni modo, dalla lunga lettera appello del 7 ottobre 2010 sulla prima pagina di Repubblica ai suoi twitter di appoggio a quella che il 21 gennaio avrebbe voluto essere una manifestazione di massa. “Fuori De Pedis dalla basilica!”, faceva infatti eco sabato scorso la poco cristiana scritta affissa sul portone di S. Apollinare.
Concetti espressi sia pure in modo più alato e meno rozzo anche dallo scrittore Vincenzo Cerami, veltroniano di ferro, sul Messaggero di domenica 22 gennaio, in chiaro appoggio all’adunata del giorno prima.
Veltroni ha mosso perfino la commissione antimafia,anche se è poi stato debitamente ridicolizzato dal magistrato Capaldo che lo ha tranquillizzato: in quella sepoltura non ci sono irregolarità, e anche se ci fossero sono ormai ampiamenrte prescritte.
“Irregolarità”, comunque, e non delitti. Non contento, Veltroni ha tampinato il Vicariato, sperando di poter creare così un “movimento” di protesta. Ora s’è messo a sponsorizzare il “movimentino” tentato da Pietro Orlandi.
Però non ha ancora risposto alla mia lettera aperta, pubblicata nell’ottobre 2010 da Blitzquotidiano, con la quale gli facevo cortesemente notare che gli elementi accusatori per definire De Pedis un “boss della Magliana” o anche un semplice gregario di quella banda, per giunta “rapitore e assassino” di Emanuela Orlandi, sono molto più labili di quelli che sono finiti giustamente nel ridicolo man mano che accusavano vari esponenti della sinistra di reati mica da ridere.
Veltroni purtroppo non mi ha ancora spiegato il perché di questo uso accanito di due pesi e due misure: ci sono forse figli di un Dio minore? Sono colpevoli sempre e solo “gli altri” mentre i nostri amici sono sempre innocenti anche “a prescindere”?