Uno dei motivi per i quali gli inquirenti non credono alle sue parole è che ha nominato una banca, la Antonveneta, come crocevia di strani maneggi di danari scoperti da Ercole Orlandi, padre di Emanuela e Pietro, all’epoca della scomparsa di sua figlia. Che si tratti di una balla lo dimostra il fatto che l’Antonveneta è nata ben 13 anni dopo l’epoca di cui parla il sedicente 007. Un altro motivo è che nella sua telefonata “Lupo” prima ha nominato la clinica psichiatrica Queen Margaret e poi invece ha fatto il nome del Queen Elizabeth II. Ma Pietro non demorde: “Prima proveremo la’, poi in altre strutture analoghe: non abbiamo un itinerario preciso”.
Al Queen Elisabeth II si è già recata a razzo una troupe televisiva del Tg2. A quanto si dice, qualcuno della struttura ha confermato che, in effetti, una ricoverata di nome Orlandi c’è stata. Ammesso che sia vero, è chiaramente impossibile che venga chiusa in un manicomio e registrata con il suo nome una persona che è stata rapita. E in ogni caso il cognome Orlandi è molto diffuso. Basta dare un’occhiata agli elenchi telefonici di una qualunque città, e non solo italiana. A Roma, ripeto, c’è una Emanuela Orlandi che abita in via di villa Chigi. Ma procediamo. Un Queen Elizabeth II Hospital in Inghilterra c’è, ma non a Londra. Dove invece c’è un Queen Elizabeth Hospital Woolwich. Il problema è che nessuno dei due è dotato di strutture adatte al raccontino del Lupo ex 007. Non vi esistono strutture psichiatriche, quelle cioè dove si curano i matti o vi si rinchiudono a forza quelli che per matti si vuole far passare. Basta dare un’occhiata a Internet via Google per vedere che c’è sì un reparto di Neurologia ( http://www.nhs.uk/Services/hospitals/Services/Service/DefaultView.aspx?id=92057 ), ma cura malattie come l’Alzheimer. Tra le migliaia di pazienti, può benissimo essercene stata una che sia chiama Orlandi o che ha un altro cognome famoso, senza tuttavia averci nulla a che fare. Le omonimie a volte giocano brutti scherzi: il Cesare Battisti fuggito prima in Francia e poi in Brasile non è il famoso patriota, giornalista, politico socialista e irredentista italiano fucilato dagli austriaci a Trento il 12 luglio 1916, ma un ex terrorista condannato per alcuni omicidi degli anni ’70.
La strana telefonata fatta a Metropolis, evidentemente da qualcuno che sapeva ci sarebbero stati proprio quei due ospiti, Orlandi e Peronaci, somiglia molto a un espediente pubblicitario a favore del loro libro, così come somiglia molto a una trovata pubblicitaria a favore del libro e del film “Romanzo criminale” la telefonata del luglio 2005 a “Chi l’ha visto?”, mandata in onda a settembre, che ha riesumato la faccenda della tomba di Enrico “Renatino” De Pedis nella basilica di S. Apollinare, già archiviata come priva di lati oscuri dal magistrato Andrea De Magistris dieci anni prima. Le parole del Lupo Solitario sembrano lo sbocco di quelle del telefonista, anonimo pure lui, che il 4 maggio ha telefonato a “Chi l’ha visto?” per ricicciare la vecchia tesi già naufragata nel nulla: “I casi Gregori e Orlandi sono collegati”, dove Gregori di nome fa Mirella, sparita anche lei, tre settimane prima di Emanuela, senza lasciare nessuna traccia e nessuna rivendicazione degna di tale nome. Come riportano i giornali, il nuovo anonimo telefonista di “Chi l’ha visto?” ha “rivelato” che: “a proposito del caso Orlandi e Gregori, le due scomparse sono opera della stessa mano. Un’esca interna al Vaticano, nel caso Gregori, ed un informatore, sempre interno al Vaticano, nel caso Orlandi: basta che andiate a rivedere la storia e, sopratutto, cercate di riparlare con (….) amica di Mirella Gregori, lei sa chi è stata l’esca che l’ha fatta rapire, Ok? Vi richiamerò”. Ovviamente non ha più richiamato, ma i puntini usati per non dire il nome dell’amica della Gregori sono superflui. E’ scritto nei giornali dell’epoca, nei miei libri e in una marea di siti internet che l’amica si chiama Sonia De Vito e che, interrogata come testimone, è stata sospettata dai magistrati di reticenza, ma le prove non ci sono. Insomma, anche questo anonimo rilancia nel ventilatore notizie vecchie e stravecchie, che miracolosamente, come certi cibi disidratati messi sotto il rubinetto, riacquistano di botto spessore…
Chi sia Lupo Solitario non è dato sapere. Eppure Peronaci, il coautore del libro “Mia sorella”, lo ha intervistato. Una combinazione alquanto suggestiva. In ogni caso, per capire che l’asserito ex agente segreto non è molto credibile, è istruttivo leggere l’intervista pubblicata sulle pagine romane del Corriere della Sera:
Ma perché dice la verità a rate? Se riuscisse a far ritrovare viva la ragazza sarebbe un grandissima benemerenza.
«Lo so, ma a che rischi si va incontro?» .
Rischi?
«Eh eh, lo sai benissimo…».
Intende la pista dei soldi «da ripulire in Vaticano» , come ha detto l’altra sera in diretta tv a Romauno?
«Esatto».
Lupo, il collega Argo 3, da lei definito «mercenario» , un anno fa avrebbe visto Emanuela: aveva i capelli rasati. Altri particolari?
«La si può riconoscere perché qualche cosa di come era prima le è rimasto».
Che lingua parla?
«Un inglese farfugliato: ha la voce impastata per i tanti sedativi che le fanno prendere».
Al fratello, Pietro Orlandi, consiglierebbe di salire su un aereo e andare a verificare?
«Intanto di stare attento a come si muove».